Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23385 del 09/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 09/11/2011), n.23385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23393/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in

persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrenti –

contro

KINTALIA SPA IN FALLIMENTO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 169/2009 della COMMISIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di L’AQUILA, SEZIONE DISTACCATA di PESCARA del 14/05/09, depositata

il 17/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:

Il Ministero dell’Economia e Finanze e la Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale Sezione distaccata di Pescara 169/10/2009, depositata il 17.06.2009, con la quale – in controversia concernente avviso di accertamento per IVA-IRPEG-IRAP 2002 – è stato rigettato l’appello proposto dalla parte pubblica, sulla premessa della infondatezza della stima di maggiori ricavi accertati dall’Ufficio, siccome fondata su presunzioni che non tenevano conto dello stato di dissesto in cui la società contribuente versava e sull’applicazione di una percentuale di ricarico che pure prescindeva dalle menzionate condizioni; inoltre sulla premessa della detraibilità dell’IVA sugli acquisti, pur in assenza della dichiarazione annuale ma atteso che detti acquisti erano stati contabilizzati e registrati.

La parte ricorrente ha sostenuto il ricorso fondato su due motivi.

La parte intimata (Kintalia spa, in fallimento) non si è costituita.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, il primo dei motivi di censura (rubricato come:

“Insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5……..”) appare per più versi inammissibile, primo dei quali il totale difetto del momento di sintesi che, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., deve imprescindibilmente assistere una siffatta tipologia di motivo.

Quanto al secondo motivo di impugnazione (rubricato come “violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ………del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, nonchè dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3”) la parte ricorrente (della quale la sola Agenzia appare legittimata al processo, non essendo stata parte del processo di appello l’Amministrazione Centrale) ha proposto il seguente inidoneo quesito: “se violi l’art. 2697 c.c. e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e art. 115 c.p.c., quella sentenza della CTR….che abbia addossato all’AF l’onere di provare la legittimità dell’accertamento, quando invece il principio cardine previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 è quello dell’inversione dell’onere della prova, ove è il contribuente che deve provare, e nella fattispecie non lo ha fatto, la bontà delle proprie ragioni e dunque l’illegittimità delle pretese dell’A.F.”.

Il dianzi trascritto quesito di diritto è carente dei requisiti prescritti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dall’art. 366 bis c.p.c., rivelandosi generico, privo di riferimento alla fattispecie ed anche inconferente rispetto alla sopra riportata ratio decidendi della sentenza impugnata.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.

Roma, 1 giugno 2011.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato.

che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2011

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