Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23384 del 09/11/2011
Cassazione civile sez. trib., 09/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 09/11/2011), n.23384
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 23190/2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
CESTARO SRL (OMISSIS), in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 43, presso lo studio
dell’avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO, rappresentata e difesa
dall’avvocato LUCCHESE Tiziano giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 61/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
di VENEZIA, SEZIONE DISTACCATA di VERONA del 4/06/08, depositata
l’11/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
13/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;
udito l’Avvocato Lucchese Tiziano, difensore della controricorrente
che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO che si
riporta alla relazione.
La Corte:
Fatto
FATTO E DIRITTO
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
Il relatore Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:
La CTR di Venezia – sez. staccata di Verona ha respinto l’appello dell’Agenzia appello proposto contro la sentenza n. 261/01/2006 della CTP di Verona che ha accolto il ricorso della “Cestaro srl”- ed ha cosi annullato l’avviso di accertamento per IVA relativa agli anni d’imposta 2002 e 2003, con cui l’Agenzia aveva contestato detrazioni di imposta sull’assunto che le merci ad esse detrazioni correlate fossero state acquistate da soggetti fittiziamente interposti al solo scopo di detrarre l’IVA. La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che l’avviso di accertamento non fosse provvisto delle necessarie prove in ordine al presupposto fattuale della pretesa, senza che potesse assumere rilievo determinante la circostanza che alcune volte la consegna delle auto fosse stata fatta direttamente dal trasportatore straniero o il fatto che fossero stati anticipati oneri e spese al fornitore.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La società contribuente si è costituita con controricorso.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Infatti, con il primo motivo di censura (rubricato come:
“Insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi – art. 360, n. 5”) la ricorrente si duole in sostanza del fatto che il giudice di merito non si sia pronunciato su un elemento di fatto determinante, e cioè l’irragionevole antieconomicità delle transazioni considerate in tutti i loro passaggi (in specie con riferimento al rapporto tra prezzi di acquisto e rivendita delle auto), siccome emergente dalla tabella allegata all’atto di appello, ed con riferimento alla vicenda esemplificata a pag. 12 di detto atto relativa alla fattura di acquisto n. 61/2004.
Il motivo di impugnazione appare infondato e da disattendersi.
Gli elementi di fatto a cui fa riferimento la ricorrente Agenzia concernono transazioni che sono state in prevalenza (tranne una, per come credibilmente le ricostruisce la parte intimata e per come emerge dall’esempio stesso addotto dalla parte ricorrente, che poi nulla di specifico riferisce a proposito delle transazioni residue, rimandando inammissibilmente al contenuto dell’atto di appello) concluse nel corso dell’anno di imposta 2004, il quale è estraneo alla vicenda qui in esame.
Non vi è quindi attinenza alcuna tra i fatti controversi e gli elementi di prova addotti dalla parte ricorrente.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza.
Roma, 1.6.2011.
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato, che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 7.000,00 oltre accessori di legge ed oltre Euro 100,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2011