Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23383 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/10/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 23/10/2020), n.23383

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8603-2015 proposto da:

CONSIGLIO PER LA RICERCA IN AGRICOLTURA E L’ANALISI DELL’ECONOMIA

AGRARIA CRA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

F.P., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MICHELE DI GAETANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1453/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 02/09/2014 R.G.N. 5273/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 22/07/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Dott. CELESTE ALBERTO,

ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza in data 2 settembre 2014 n. 1453 la Corte d’Appello di Bari confermava la sentenza del Tribunale di Foggia, che, accogliendo il ricorso proposto da F.P. nei confronti del CONSIGLIO PER LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE IN AGRICOLTURA – C.R.A. (in prosieguo: C.RA.), dichiarava il suo diritto a concorrere alla stabilizzazione di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 519 e 529, ordinando al C.R.A. di procedere alle relative operazioni.

2. In punto di procedibilità della domanda giudiziaria, in quanto non preceduta dal tentativo obbligatorio di conciliazione, la Corte territoriale osservava che la questione era rimessa al potere-dovere del giudice di merito, da esercitare nella prima udienza di discussione; ove l’improcedibilità non fosse stata rilevata dal giudice nel predetto termine, ancorchè segnalata, come nella fattispecie di causa, la azione giudiziaria proseguiva e la questione non poteva essere riproposta.

3. Quanto all’eccepito difetto di giurisdizione, nella fattispecie era stata avviata una procedura di stabilizzazione per la copertura di 87 posti di operatore tecnico di VIII livello, rispetto ai quali era applicabile la modalità di assunzione dell’avviamento da parte dei Centri per l’impiego (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 1, lett. b).

4. Il petitum sostanziale si risolveva, dunque, nella pretesa a partecipare ad una procedura volta alla verifica di requisiti predeterminati dalla legge, senza esercizio di discrezionalità; trattandosi di operai agricoli già assunti mediante atti di avvio dei Centri per l’impiego e da stabilizzare in un profilo richiedente come titolo di accesso la scuola dell’obbligo, la selezione dei candidati si era risolta nella fissazione di criteri di valutazione della anzianità ed in un giudizio di mera idoneità, in difetto di ogni valutazione comparativa.

5. Ne derivava anche l’insussistenza dell’eccepito difetto di contraddittorio: non si era in presenza di una procedura concorsuale; l’esito della procedura evidenziava come le stabilizzazioni fossero state operate per un numero di posti inferiori a quelli disponibili.

6. Nel merito, il requisito del servizio a tempo determinato triennale era stato parametrato, trattandosi di operai agricoli a tempo determinato, alle giornate lavorative prestate dagli operai agricoli a tempo indeterminato, convertendo un anno in 273 giornate lavorative. Nell’accordo sindacale del 22.2.2008, concluso ai sensi dell’art. 4 dell’avviso pubblico, si era prevista la valutazione della anzianità lavorativa, ai fini della graduatoria, in ragione di 2 punti per anno, stabilendo che il servizio prestato venisse valutato tenendo delle giornate “effettivamente lavorate”, ricondotte alla annualità.

7.La fonte contrattuale valutava dunque la anzianità di servizio sulla base del “servizio effettivo”, ai soli fini della formazione della graduatoria; diversamente, la L. n. 296 del 2006, ai fini della ammissione alla procedura di stabilizzazione, aveva riguardo al “servizio” prestato.

8.Lo stato di malattia, pure in ipotesi rilevante per la formazione della graduatoria, non poteva giustificare la mancata ammissione alla procedura, in ragione del trattamento giuridico della malattia, che deve essere computata nella anzianità di servizio (art. 2110 c.c.) e non esclude la vigenza giuridica del rapporto di lavoro e degli obblighi compatibili con la malattia.

9.Non era controverso che la F., computati i periodi di malattia, fosse in possesso del requisito del servizio triennale a tempo determinato.

10.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il C.R.A., articolato in quattro motivi, cui l’intimata ha opposto difese con controricorso.

11. Le parti hanno depositato memoria.

12. Il PM ha concluso per la rimessione della causa alle Sezioni Unite, avuto riguardo al primo motivo di ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo di ricorso si denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519 e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63 censurandosi la statuizione resa in punto di giurisdizione.

2.Si assume che l’avviso pubblico di selezione del 3 agosto 2007, con il quale si indiceva la procedura per la stabilizzazione del personale a tempo determinato ai sensi della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 519 e 520, e la decisione di considerare, per gli operai agricoli, ai fini dell’inserimento nelle graduatorie finali, le sole giornate effettivamente lavorate, costituivano espressione di valutazioni discrezionali, nell’ambito di una procedura concorsuale.

3. Il motivo è infondato.

4.In via preliminare va rilevato che il Collegio è delegato a trattare la questione di giurisdizione in virtù del Decreto del Primo Presidente in data 10 settembre 2018, in quanto essa rientra, nell’ambito delle materie di competenza della sezione lavoro, tra le questioni indicate nel richiamato Decreto sulle quali si è consolidata la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte.

5. In particolare, le Sezioni Unite hanno costantemente evidenziato che il termine “concorsuale” utilizzato dal D.Lgs. 165 del 2001, art. 63, comma 4, va inteso in senso restrittivo, dovendo identificarsi la procedura concorsuale, riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo, esclusivamente in quella caratterizzata dall’emanazione di un bando, dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria di merito, la cui approvazione, individuando i “vincitori”, rappresenta l’atto terminale del procedimento preordinato alla selezione dei soggetti idonei.

6. Non concretano, perciò, procedure concorsuali le assunzioni in esito a procedimenti di diverso tipo: assunzioni dirette e procedure di mera verifica di idoneità dei soggetti da assumere, in quanto titolari di riserva o iscritti in apposita lista, giacchè il possesso dei requisiti e l’idoneità si valutano in termini assoluti, senza originare una graduatoria di merito.

7. In applicazione di tali principi, le Sezioni Unite, in relazione alle procedure di stabilizzazione di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 519, 557 e 558 hanno osservato che la deroga alle normali procedure di assunzione concerne il carattere di assunzione riservata e non aperta ma non la regola del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 1, dell’accesso tramite procedure selettive; tali procedure selettive sono, tuttavia, escluse per il personale assunto obbligatoriamente o mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento, in quanto procedure previste da norme di legge, secondo la dizione del suddetto comma 519 “… purchè sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge” (Cassazione civile sez. un. 07/07/2010, n. 16041; Cassazione civile sez. un., 26/01/2011, n. 1778, cui ha dato continuità la giurisprudenza successiva tra cui, Cass. S.U. n. 2568 del 2011, Cass. S.U. n. 24904 del 2011, Cass. SU n. 16735/2012; Cass. SU n. 6077/2013; n. 2399/2014).

8.Nel caso di personale che sia stato assunto mediante procedure previste da norme di legge – (id est: assunto obbligatoriamente o mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento)- non diversamente dal personale che abbia già sostenuto procedure selettive di tipo concorsuale, la L. n. 296 del 2006 non attribuisce all’amministrazione il potere di effettuare una selezione mediante prove di esame o valutazione di titoli professionali, dovendosi procedere esclusivamente alla formazione di una graduatoria, ove le domande siano superiori al numero di assunzioni a tempo indeterminato previste, secondo l’ordine di priorità desumibile dalle stesse disposizioni normative (maturazione del requisito di tre anni; maturazione dello stesso requisito presso diverse amministrazioni; contratto anteriore al 29 settembre 2006 e requisito dei tre anni ancora da maturare) e sulla base dell’anzianità di servizio (potendosi ammettere la previsione di ulteriori titoli, anche riferiti all’esperienza professionale, per il caso di pari anzianità). Detta regolamentazione legislativa colloca le controversie inerenti a tali procedure nell’area del “diritto all’assunzione” di cui all’art. 63, comma 1, oggetto di giurisdizione ordinaria (cfr. Cassazione civile sez. un., 07/07/2010, n. 16041).

9.Nella fattispecie di causa è rimasto incontestato: che la procedura riguardava operai agricoli già assunti mediante atti di avvio dei Centri per l’impiego; che era relativa alla assunzione nel livello VIII, profilo di operatore tecnico, per il quale era richiesto, quale titolo d’accesso, la sola scuola dell’obbligo; che la selezione dei candidati alla stabilizzazione si era risolta nella fissazione di criteri di valutazione della anzianità di servizio ed in un giudizio di mera idoneità, in difetto di ogni valutazione comparativa (si veda la sentenza impugnata, alla pagina 6, primo capoverso).

10.Con il secondo mezzo il C.R.A. ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c., impugnando la sentenza per avere respinto la questione di non integrità del contraddittorio.

11. Ha assunto che la domanda di inserimento nella graduatoria degli ammessi alla stabilizzazione doveva essere esaminata in contraddittorio con gli altri partecipanti alla procedura o almeno con coloro che erano collocati utilmente nella graduatoria.

12. Il motivo è inammissibile.

13.Va al riguardo considerato che il litisconsorzio e correlativamente l’ampiezza del contraddittorio si misurano nel concreto, con riguardo alle domande proposte e agli effetti che il loro eventuale accoglimento produce nella sfera di altri soggetti coinvolti; questi ultimi dovranno necessariamente partecipare al processo ogni volta che la pronuncia domandata abbia effetti sulla loro posizione giuridica e ciò anche nell’interesse della parte attrice ad ottenere una pronuncia utiliter data, ovverosia tale da poter essere efficacemente opposta a tutti coloro cui la vicenda giuridica è inscindibilmente comune (Cassazione civile sez. lav., 21/11/2019, n. 30425).

14.Deve essere conseguentemente ribadito il principio, già enunciato da questa Corte con ordinanza 2 marzo 2020 n. 5679 in relazione alle graduatorie ad esaurimento del settore scolastico, secondo cui la parte che deduce la non integrità del contraddittorio ha l’onere di indicare quali siano i litisconsorti pretermessi e di dimostrare i motivi per i quali è necessaria l’integrazione (Cass. 18 novembre 2013, n. 25810; Cass. 27 maggio 2009, n. 12346; Cass. 29 maggio 2007, n. 12504; Cass. 16 marzo 2006, n. 5880) sicchè va dichiarato inammissibile il ricorso in cui la parte non abbia indicato chi sarebbero i controinteressati nei cui riguardi dovrebbe disporsi l’integrazione del contraddittorio ed abbia solo genericamente indicato il rischio – nel caso di attribuzione alla controparte dell’utilità rivendicata – di un pregiudizio per altri candidati, senza concretizzarne l’effettività attraverso l’indicazione degli effetti che quel punteggio avrebbe avuto sulla graduatoria coinvolta.

15.Nella fattispecie di causa la amministrazione muove dall’erroneo presupposto che la necessità della integrazione del contraddittorio derivi ex se dalla natura della procedura, indipendentemente dalla verifica della effettiva esistenza di soggetti la cui posizione sarebbe coinvolta dal provvedimento richiesto. Ciò peraltro in una situazione in cui la sentenza impugnata ha escluso la esistenza di controinteressati, in ragione del fatto che le stabilizzazioni avvenute erano inferiori al numero dei posti per i quali era stata avviata la procedura.

16.Con la terza censura l’amministrazione ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 410 e 412 bis c.p.c., nella formulazione vigente ratione temporis, e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 65, comma 1 deducendo la erroneità della statuizione di rigetto della eccezione di improcedibilità della domanda, per la mancata proposizione del tentativo obbligatorio di conciliazione.

17. Il motivo è infondato.

18. Questa Corte ha già affermato, con orientamento qui condiviso, che nelle controversie di lavoro la verifica dell’effettiva e preventiva proposizione della richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione (cui la legge condiziona la procedibilità della domanda giudiziale), come nella specie richiesto ratione temporis, è sottratta alla disponibilità delle parti e rimessa al potere – dovere del giudice del merito, da esercitar, ai sensi dell’art. 443 c.p.c., comma 2 solo nella prima udienza di discussione, sicchè ove la questione, ancorchè segnalata dalla parte, non venga rilevata dal giudice entro detto termine, l’azione giudiziaria prosegue, in ossequio al principio di speditezza di cui all’art. 24 Cost. e art. 111 Cost., comma 2, e la questione stessa non può essere riproposta nei successivi gradi del giudizio (Cass. sez. lav. 10/09/2012 n. 15103; 14/10/2009 n. 21797).

19.Tale principio è stato posto a base della decisione, che appare dunque immune dalle censure che le sono state mosse.

20.Con la quarta critica si assume – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519 e degli artt. 18 e 19 CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti 2006.

21. La censura investe la pronuncia di sussistenza in capo alla F. del requisito del servizio a tempo determinato triennale.

22. Il C.R.A. ha premesso che molte delle domande di stabilizzazione riguardavano operai agricoli assunti a tempo determinato presso i Centri di ricerca afferenti al C.R.A., in applicazione degli artt. 18 e 19 CCNL operai agricoli e florovivaisti, le cui prestazioni erano espresse in giornate lavorative.

23. Per quanto indicato dal Dipartimento delle Funzione Pubblica, ai fini del computo del servizio triennale l’anno si individuava nel numero di 273 giornate lavorate (pari alle giornate lavorative annue dei lavoratori a tempo indeterminato, al netto di ferie e festività).

24. Secondo la disciplina degli artt. 18 e 19 del CCNL di categoria l’operaio agricolo a tempo determinato era assunto per un periodo presunto, legato al carattere di stagionalità del ciclo produttivo, durante il quale poteva svolgere un numero di giorni di lavoro pari, inferiore o superiore a quello indicato nella richiesta di assunzione, senza maturare il diritto alle ferie ed alla malattia.

25.Anche agli operai agricoli a tempo indeterminato non erano retribuite le giornate non lavorate per assenze volontarie, malattia o infortunio, ferma restando la tutela della malattia a fini previdenziali.

26.Ne conseguiva che le giornate di assenza dovute alla malattia non potevano essere calcolate come periodo utile ai fini del requisito del triennio di servizio.

27. Il motivo è inammissibile.

28. La Corte territoriale ha applicato nella decisione la norma dell’art. 2110 c.c., u.c., a tenore del quale il periodo di assenza dal lavoro per malattia (ovvero per infortunio, gravidanza o puerperio) deve essere computato nell’anzianità di servizio.

29. Parte ricorrente oppone che la disciplina del lavoro agricolo a tempo determinato, fissata dagli artt. 18 e 19 CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti, non consentirebbe di equiparare la malattia ad un periodo di servizio, in quanto le giornate di malattia non danno diritto a retribuzione.

30. Osserva la Corte che la disciplina dell’art. 2110 c.c., u.c. non è affatto condizionata dalla retribuibilità del periodo di malattia, come del resto confermato dallo stesso art. 2110 c.c., comma 1 a tenore del quale in costanza degli eventi protetti dalla norma al lavoratore è dovuta la retribuzione (o un’indennità) soltanto in assenza di forme equivalenti di previdenza o di assistenza stabilite dalla legge o dalle norme corporative.

31. Parte ricorrente avrebbe dovuto allegare specifici elementi, tratti dalla disciplina del CCNL applicabile e dal concreto svolgimento del rapporto di causa, tali da suffragare la denuncia dell’errore di diritto. Non è contestato, invece, che la F. abbia goduto, in relazione ai periodi di malattia qui rilevanti, della tutela previdenziale. Il motivo, per come proposto, non è pertanto idoneo a porre in discussione la disciplina normativa posta a base del decisum.

32. Il ricorso deve essere complessivamente respinto.

33. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

34. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo e il terzo motivo di ricorso; dichiara inammissibili il secondo ed il quarto. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 5.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

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