Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23382 del 09/11/2011
Cassazione civile sez. trib., 09/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 09/11/2011), n.23382
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 22942/2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
S.D. in qualità di legale rappresentante della società
SPILLER DANILLO & C SNC, (OMISSIS), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA TARO 35, presso lo studio dell’avvocato
MAZZONI Claudio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GIANFRANCO RONDELLO giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 19/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
di VENEZIA del 4/06/08, depositata il 14/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
13/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;
è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.
La Corte:
Fatto
FATTO E DIRITTO
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
Il relatore Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:
La CTR di Venezia ha dichiarato inammissibile l’appello dell’Agenzia – appello proposto contro la sentenza n. 71/02/2006 della CTP di Padova che aveva accolto il ricorso della società “Spiller Danilo &
C. snc ” – ed ha così annullato l’avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 1999, con cui l’Agenzia aveva recuperato detrazioni di imposta relative ad operazioni ritenute inesistenti (vendita di partite di sabbia).
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che con l’appello l’Agenzia avesse proposto una domanda nuova, modificando l’originario thema decidendum (incentrato sull’inesistenza oggettiva delle predette operazioni) con il nuovo assunto concernente l’inesistenza “soggettiva” delle operazioni stesse, e cioè per la diversa identità del cedente apparente rispetto a quello reale.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La società contribuente si è costituita con controricorso.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Infatti, con il primo ed il secondo motivo di censura (rubricati come: “Nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 (rispetto al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 41 e 21) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4” e, rispettivamente, come “Violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 (rispetto al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 41 e 21) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”) il ricorrente si duole in sostanza – una volta sotto il profilo di violazione di norme processuali ed una seconda volta sotto il profilo di violazione di norme sostanziali, che però sono le medesime nei due diversi casi) che il giudice di secondo grado abbia ritenuto nuovo il motivo di appello, e ciò in contraddizione con il rilievo (contenuto nella parte narrativa della decisione) che era stato il ricorrente a riferire che l’A.F. supponesse oggettivamente inesistenti le operazioni, ed in contraddizione con il fatto che la tesi dell’inesistenza soggettiva era stata concretamente sostenuta dall’Agenzia già nel primo grado del processo.
In tal modo la parte ricorrente intende – inammissibilmente – prospettare sotto forma di violazione di norma di legge, ciò che potrebbe semmai costituire motivo di contraddittoria motivazione della pronuncia, come risulta evidente se si pone mente all’insegnamento di questa Corte (per tutte Cass. Sez. L, Sentenza n. 16698 del 16/07/2010) secondo cui: “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa;
viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa. (Principio enunciato dalla S.C. in tema di violazione procedimentale, in riferimento alla ricostruzione dell'”iter” processuale fornito dalla corte di merito riguardo alla mancata comunicazione di un’ordinanza emessa fuori udienza dal giudice di primo grado)”.
Quanto poi al terzo motivo di impugnazione (rubricato come:”Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5″), la tesi di parte ricorrente è che “risulta allora evidente come sin dal primo grado l’Amministrazione Finanziaria avesse sostenuto la tesi dell’inesistenza soggettiva dell’operazione economica sottesa all’emissione della fattura”, e ciò “a mezzo del richiamato avviso di accertamento”, sulla qual cosa la Commissione giudicante non avrebbe adeguatamente motivato.
Il motivo appare infondato e da disattendersi.
In primo luogo perchè in nessun punto del motivo di ricorso la parte ricorrente ha evidenziato in quale parte dell’atto di costituzione del giudizio di primo grado (unico atto a tal fine rilevante) sia stato “richiamato” l’avviso di accertamento, ovviamente nell’ottica che qui interessa; in secondo luogo perchè dallo stesso (parzialmente) trascritto avviso di accertamento non risulta che sia stata contestata alla società contribuente la inesistenza “soggettiva” dell’operazione (atteso che ivi si parla solo di “operazioni inesistenti”, senza alcuna specificazione della natura soggettiva di detta prospettata “inesistenza”, come sarebbe onere dell’Ufficio procedente, nell’ottica della delineazione dei precisi termini della contestazione) ed in ultima analisi perchè la motivazione della pronuncia impugnata appare del tutto “sufficiente”, se considerata in rispetto alle modalità di formulazione della censura in appello nella quale non risulta (in adempimento dell’onere di specificità del ricorso che incombeva alla odierna ricorrente) che sia stato riportato nulla di specifico in ordine alla asserita contestazione (ante causam e nel corso del primo grado di giudizio) della natura “soggettiva” della postulata inesistenza.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio sia per inammissibilità che per manifesta infondatezza.
Roma, 31.5.2011.
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato.
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 3.500,00 oltre accessori di legge ed oltre Euro 100,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2011