Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23381 del 06/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 06/10/2017, (ud. 17/07/2017, dep.06/10/2017),  n. 23381

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. IZZO Fausto – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1121/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lede in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

DIFONZO MICHELE &C. s.n.c., in persona del legale rappresentante

pro tempore, D.M., rappresentata e difesa, per procura

speciale a margine dei ricorso, dagli avv.ti Vito A. Martielli e

Agostino De Zordo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio

legale del secondo difensore, in Roma, via Umberto Tupini, n. 133;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA ETR s.p.a. in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso riunito iscritto al n. 2663/2011 R.G. proposto

da:

EQUITALIA ETR s.p.a. in persona del legale rappresentante pro

tempore, R.G., rappresentata e difesa, per procura

speciale a margine del ricorso, dall’avv. Ivana Carso ed

elettivamente domiciliata presso lo studio legale dell’avv.

Antonella Fiorini, in Roma, via Nomentana, n. 403 B/2;

– ricorrente –

contro

D.M. & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante

pro tempore, D.M., rappresentata e difesa, per procura

speciale a margine del ricorso, dagli avv.ti Vito A. Martielli e

Agostino De Zordo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio

legale del secondo difensore, in Roma, via Umberto Tupini, n. 133;

– controricorrente –

e

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia, n. 134/09/2009, depositata in data 1 dicembre 2009.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17 luglio

2017 dal Cons. Dott. Lucio Luciotti.

Fatto

PREMESSO

Che:

1. Con sentenza n. 134 del 1 dicembre 2009 a Commissione Tributaria Regionale della Puglia accogliendo l’appello proposto dalla società contribuente, annullava a cartella di pagamento recante iscrizione a ruolo effettuata a seguito di controllo formale della dichiarazione dei redditi (Mod. Unico 2003) relativa all’anno di imposta 2002, effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis e recante l’iscrizione a ruolo della somma di Euro 17,055,82 Per omessi e tardivi versamenti di quanto dovuto per IVA, IRPEF ed IRAP, sul rilievo che la predetta cartella fosse priva di sottoscrizione e dell’indicazione del nominativo del responsabile del procedimento.

2. I giudici di appello, pur ritenendo non applicabile retroattivamente il disposto di cui al D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter, introdotto dalla Legge di Conversione n. 31 del 2008 e quindi inapplicabile la sanzione di nullità ivi prevista per la mancanza di sottoscrizione della cartella di pagamento e dell’indicazione nella stessa del responsabile del procedimento, riteneva comunque la cartella irregolare e pertanto applicabile “la sanzione meno grave dell’annullamento”.

3. Avverso tale statuizione propongono separati ricorsi per cassazione l’Agenzia delle Entrate, sulla base di un unico motivo (ricorso iscritto al n. 1211/11 R.G.), e l’Equitalia ETR s.p.a., sulla base di quattro motivi (ricorso iscritto al n. 2663/11 R.G.); in entrambi replica la società contribuente con identico controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo e, nel giudizio di impugnazione promosso dall’agente della riscossione si costituisce l’Agenzia delle Entrate con controricorso adesivo.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Preliminarmente va disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso a medesima sentenza, con la conseguenza che il ricorso iscritto al n. 2663/11 R.G. va riunito a quello n. 1121/11 R.G., di più antica iscrizione.

2. Ancora preliminarmente va, da un lato, precisato che, benchè la cartella impugnata sia stata emessa per IVA, IRAP ed IRPEF nei confronti di società di persone, non va disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci “atteso che l’atto impugnato non comporta alcuna rettifica dei redditi della società e conseguentemente neanche di quelli dei soci, per cui si pone solo una questione di solidarietà passiva ex art. 2313 c.c.” (Cass. n. 9527 del 2016), e, dall’altro, rilevata l’inammissibilità del “controricorso adesivo” dell’Agenzia delle Entrate presentato nel giudizio di cassazione promosso dall’agente della riscossione, perchè meramente adesivo al ricorso di quest’ultimo. Al riguardo le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 28052 del 2008, richiamando precedenti giurisprudenziali conformi (Cass. n. 9470 del 1990; n. 16970 del 2002; n. 12764 del 2003), ha affermato che, “poichè la funzione del controricorso è quella di resistere al gravarne avversario, se si intenda non contraddire ma esprimere adesione al gravame è necessario proporre ricorso incidentale”.

3. Quanto alle questioni più prettamente di “merito”, al cui esame deve a questo punto passarsi, l’Agenzia delle Entrate deduce, con il motivo di ricorso proposto nel giudizio c.d. portante, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2 e L. n. 241 del 1990, art. 3,sostenendo che la sottoscrizione della cartella di pagamento non costituisce requisito essenziale della stessa, mentre l’indicazione del responsabile del procedimento è stata sanzionata con la nullità della cartella soltanto dalla L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter, non applicabile al caso di specie in quanto la cartella era stata emessa e notificata in epoca precedente all’entrata in vigore della predetta disposizione.

4. L’Equitalia ETR s.p.a. ha dedotto, nel giudizio riunito, con il primo motivo di ricorso, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e art. 345 c.p.c., censurando la statuizione impugnata per non aver rilevato a novità della domanda di nullità della cartella di pagamento per mancanza dell’indicazione del responsabile del procedimento, avendo a società contribuente proposto in primo grado “altra e distinta eccezione, ossia quella di mancanza di sottoscrizione da parte del responsabile del procedimento, che è un tertium genus di asserito ed infondato vizio (poichè non previsto da alcuna disposizione di legge) rispetto a quelli, ben distinti tra oro, dell’omessa sottoscrizione e dell’omessa indicazione del responsabile del procedimento” (ricorso, pag. 12).

5. Con secondo motivo la predetta società di riscossione ha censurato la sentenza impugnata per avere i giudici di appello, in violazione e falsa applicazione della L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter, L. n. 241 del 1990, art. 5, comma 2 e art. 21 octies, comma 2, erroneamente ritenuto l’omessa indicazione del responsabile del procedimento vizio invalidante della cartella impugnata.

6. Con il terzo motivo ha dedotto che i giudici di appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., avevano omesso di pronunciarsi sull’eccezione formulata con riferimento all’applicabilità al caso di specie delle disposizioni di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 5, comma 2, in base al quale deve considerarsi responsabile del procedimento “il funzionario preposto alla unità organizzativa determinata a norma del comma 1 dell’art. 4” della citata legge, e all’art. 21 octies, comma 2, medesima legge, secondo cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che i suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

7. Con il quarto motivo ha censurato a sentenza impugnata per avere i giudici di appello, in violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25,comma 2, D.M. 28 giugno 2009, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, lett. a), erroneamente ritenuto l’omessa sottoscrizione ed indicazione del responsabile del procedimento, vizi invalidanti della cartella impugnata.

8. Con il motivo di ricorso incidentale la società controricorrente ripropone l’eccezione, già sollevata nel giudizio di merito ma ritenuta assorbita dai giudici di appello, di decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere impositivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi, L. n. 212 del 2000, art. 3, con riferimento alla L. n. 156 del 2005, art. 1, comma 5-bis, ed al combinato disposto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, vigenti ratione temporis, sostenendo che nel caso di specie la cartella di pagamento impugnata era stata notificata tardivamente, oltre il termine di decadenza del 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione cui si riferisce (Mod. Unico 2003), previsto dal citato art. 17, nella versione all’epoca vigente;

9. Così sunteggiati i motivi di cassazione, ritiene il Collegio che ragioni di ordine logico-giuridico impongano i preliminare esame del motivo di ricorso incidentale, che è infondato e va rigettato.

9.1. Nel caso di specie, per stessa ammissione della controricorrente, la cartella di pagamento impugnata “riporta, quale visto esecutivo, il 12.7.2006 e la notifica è avvenuta solo in data 8.11.2006” (controricorso, pag. 37), ed è quindi indubbio che la cartella in questione è stata emessa nella vigenza della “disciplina generale dettata dal D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, commi 5-bis e 5-ter, come introdotti dalla Legge di Conversione 31 luglio 2005, n. 156, anche ai dichiarato fine di conseguire “la necessaria uniformità del sistema di riscossione mediante ruolo delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto” (cfr. Cass. n. 15786 del 2012; conf., in tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, Cass. n. 14352006, n. 2212/2011, n. 16990/2012, n. 15661/2014, n. 22223/2015 nonchè, da ultimo, n. 4557 deli 2017).

9.2. Peraltro, è fermo principio giurisprudenziale, reiteratamente ribadito da questa Corte e dai quale non v’è ragione di discostarsi, quello secondo cui la disposizione di cui al citato art. 1, commi 5-bis e 5-ter, “ha valore di disposizione transitoria ed opera retroattivamente non solo alle situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle non ancora definite con sentenza passata in giudicato, in quanto diretta ad ovviare ad una lacuna normativa derivante dalla sentenza n. 280 del 2005 della Corte costituzionale ed a garantire l’interesse dell’erario di evitare un termine decadenziale talmente ristretto da pregiudicare la riscossione dei tributi” (Cass. n. 15661 del 2014);

9.3. Orbene, con riguardo al caso di specie, dal semplice confronto dei dati temporali di riferimento (sopra riportati) con quelli previsti dalla norma applicabile, secondo i principi sopra enunciati, emerge in maniera evidente l’infondatezza del motivo di ricorso in esame; infatti, vertendosi in fattispecie di controllo formale della dichiarazione Mod. Unico 2003, relativa all’anno di imposta 2002, il termine per la notifica della cartella andava a scadere il 31 dicembre del quarto anno successivo a 2003, ovvero il 31.12.2007, con la conseguenza che la notifica effettuata in data 8.11.2006 deve ritenersi tempestiva.

10. Devono a questo punto esaminarsi il primo e terzo motivo di ricorso proposto dall’agente della riscossione – rispettivamente, cori riferimento alla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e art. 345 c.p.c. e con riferimento alla violazione dell’art. 112 c.p.c. – in quanto logicamente preliminari all’esame di tutti gli altri motivi, compreso quello proposto dall’Agenzia delle Entrate, involgenti questioni più strettamente di “merito”.

11. Va preliminarmente premesso che il primo motivo, nonostante l’erronea indicazione in rubrica del profilo di censura dedotto (come n. 3 anzichè n. 4 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., denunciandosi un error in procedendo), deve ritenersi ammissibile alla stregua del principio giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, secondo cui “ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, non costituisce condizione necessaria la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle in cui è consentito adire il giudice di legittimità, purchè si faccia valere un vizio della decisione astrattamente idoneo a inficiare la pronuncia; ne consegue che è ammissibile il ricorso per cassazione che lamenti la violazione di una norma processuale, ancorchè la censura sia prospettata sotto il profilo della violazione di norma sostanziale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, anzichè sotto il profilo dell'”error in procedendo”, di cui al n. 4 del citato art. 360″ (Cass. n. 1370 del 2013; v. anche Cass. Sez. U., n. 17931 del 2013, Cass. n. 24247 del 2017).

12. Il motivo è comunque infondato e va rigettato, al riguardo non condividendosi la tesi di parte ricorrente secondo cui l’eccezione relativa all’omessa indicazione del responsabile del procedimento doveva considerarsi nuova e, quindi, inammissibile, essendo stata sollevata per la prima volta in grado di appello, sul presupposto che la società contribuente in primo grado aveva eccepito soltanto la mancanza di sottoscrizione della cartella di pagamento ed il riferimento fatto alla L. n. 212 del 2000, art. 7, era erroneo.

Invero, nell’invocare l’illegittimità della cartella di pagamento “per omessa sottoscrizione da parte del responsabile legittimato” e nel richiamare espressamente, quanto correttamente, a disposizione dello Statuto dei diritti del contribuente che sanziona con la nullità l’omissione di indicazione del responsabile del procedimento, la predetta società ha inteso dedurre entrambi i vizi (di omessa sottoscrizione e di omessa indicazione del responsabile del procedimento), in tal senso dovendosi interpretare il contenuto dell’eccezione in esame, anche laddove si volesse ritenere, come fa la ricorrente, che la società contribuente abbia sostenuto che a sottoscrivere la cartella dovesse essere il responsabile del procedimento.

13. Anche il terzo motivo è infondato e va rigettato, essendo evidente che l’accoglimento delle eccezioni sollevate dalla società contribuente, di invalidità della cartella per le rilevate omissioni formali, costituisca implicito rigetto dell’eccezione proposta dall’agente della riscossione con riferimento all’applicabilità nella specie delle disposizioni di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 5, comma 2 (di individuazione ex lege del soggetto responsabile del procedimento) e all’art. 21 octies, comma 2, medesima legge (di codificazione della mera irregolarità del provvedimento amministrativo), diretta a paralizzare proprio quelle eccezioni accolte dal giudice di merito (cfr., in tema di infondatezza del vizio di omessa pronuncia in ipotesi di sussistenza di una statuizione implicita di rigetto, Cass. n. n. 16788 del 2006, n. 20311 del 2011, n. 3417 del 2015, n. 1360 del 2016).

In relazione al motivo in esame deve, comunque, rilevarsi l’inapplicabilità al caso di specie delle disposizioni di cui alla legge n. 241 del 1990, posto che l’obbligatorietà dell’indicazione del responsabile civile negli atti di natura tributaria è sancita da specifica disposizione di legge (L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, ritenuta conforme a Costituzione con ordinanza della Corte costituzionale n. 377 del 2007) ed è sanzionata dalla nullità dell’atto che ne sia privo dal D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4-ter, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 31 del 2008, applicabile ai ruoli consegnati agii agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008 (disposizione ritenuta conforme a Costituzione con sentenza della Corte n. 58 dei 2009).

14. Deve, a questo punto, passarsi all’esame del motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate congiuntamente con il secondo e quarto dei motivi di ricorso proposti dall’agente della riscossione, in quanto tutti diretti a censurare la statuizione di invalidità della cartella di pagamento per vizi formali e, quindi, involgenti le medesime questioni.

15. Anche in questo caso, però, va preiiminarmente rilevata l’infondatezza delle eccezioni sollevate dalla controricorrente, di inammissibilità del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6 e per difetto di autosufficienza, ai riguardo osservandosi che l’atto di impugnazione in esame contiene un’esposizione dei fatti di causa “sommaria” (come espressamente prevede il n. 3 della citata disposizione processuale), ma indubbiamente sufficiente a rendere comprensibile la vicenda processuale, precisandosi, da un lato, che la norma non richiede, come invece pretende la controricorrente, che nel ricorso venga riportato “il contenuto ovvero la specifica contestazione” dei “motivi di diritto fatti valere” dalla società contribuente nei precedenti gradi di merito o degli “scritti difensivi” di altra parte processuale, e, dall’altro, che nella specie neppure viene dedotto un qualche pregiudizio ai diritto di difesa subito, per effetto delle prospettate violazioni, dalla controricorrente, che pure si difende adeguatamente su tutte le questioni poste dalla ricorrente, così ponendosi la sanzione di inammissibliità del ricorso in contrasto con la regola di generale indirizzo ermeneutico che impone l’interpretazione delle disposizioni processuali in una prospettiva costituzionalmente orientata, diretta ad assicurare l’effettività del diritto di difesa nel processo evitando nel contempo irragionevoli sanzioni di inammissibilità, che si risolvano in danno per il soggetto che si intende tutelare. Per le medesime ragioni va rigettata l’eccezione di inammissibilità dei ricorso per la prospettata, ma neppure illustrata, violazione del n. 6 del comma 1 del citato art. 366 c.p.c. – peraltro, non essendo neppure chiaro su quali documenti si fonda il ricorso che la ricorrete avrebbe dovuto depositare -, nonchè per violazione del principio di autosufficienza, affatto ravvisabile nella specie.

16. Ciò posto, i due profili di censura proposti dalla difesa erariale nell’unico motivo di ricorso ed i due motivi proposti dall’agente della riscossione sono fondati e vanno accolti.

17. Invero, con riferimento alla questione della sottoscrizione della cartella di pagamento, costituisce diritto vivente (a partire da Cass. n. 3911 del 1998, fino a Cass. n. 7645 del 2017), riconosciuto come sussistente anche dalla Corte costituzionale (v. ord. n. 117 del 2000 e successivamente ord. n. 377 del 2007 e sent. n. 58 del 2009), il principio secondo cui “in tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacchè l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione” (cfr. Cass. n. 26053 del 2015; conf. Cass. n. 6164, n. 4783 e 1109 del 2017). Pertanto, la cartella di pagamento priva della sottoscrizione è perfettamente valida ed efficace, la detta omissione non costituente neanche mera irregolarità ed essendo peraltro pacifico che nel caso in esame non si controverte di attribuzione della cartella ad specfica pretesa tributaria facente capo ad un ben determinato ufficio dell’amministrazione, quanto soltanto di mancata identificazione della persona fisica del funzionario emittente (in termini, Cass. n. 7645 del 2017).

18. Fondato è anche il profilo di censura dedotto dai ricorrenti con riferimento alla mancata indicazione nella cartella impugnata del responsabile del procedimento. Invero, la commissione tributaria regionale ha correttamente rilevato l’inapplicabilità a caso di specie del disposto di cui al D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4-ter, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 31 del 2008, (secondo cui “La cartella di pagamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25 e successive modificazioni, contiene, altresì, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere da 1 giugno 2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse”), atteso che la cartella impugnata riporta quale visto di esecutività del ruolo la data del 12/07/2006 ed è stata notificata prima del discrimine temporale fissato dalla citata disposizione. Ha però tratto una conclusione irragionevole, laddove ha dichiarato la cartella comunque irregolare e come tale annullabile per l’assenza di quell’indicazione, che invece non integra alcuna causa di invalidità e neppure di mera irregolarità della cartella, così risultando del tutto priva di senso l’affermazione della CTR secondo cui le cartelle emesse anteriormente all’1/06/2008 sarebbero annullabili e le successive nulle.

19. Conclusivamente, quindi, va dichiarata l’inammissibilità del controricorso adesivo dell’Agenzia delle Entrate; vanno dichiarati infondati il primo e terzo motivo di ricorso proposto dall’agente della riscossione ed accolti il secondo e quarto motivo nonchè il motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate; va rigettato il motivo di ricorso incidentale e la sentenza impugnata va cassata senza rinvio atteso che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., con rigetto dell’originario ricorso della società contribuente.

20. La controvertibilità delle questioni poste nei giudizi di merito giustifica la compensazione delle spese in quei giudizi, mentre la controricorrente soccombente va condannata al pagamento di quelle del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

riuniti i ricorsi, rigetta il primo e terzo motivo di ricorso proposto dall’agente della riscossione, accoglie il secondo e quarto motivo nonchè il motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, rigetta il motivo di ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della società contribuente, che condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, in favore di ciascuno delle ricorrenti, oltre al rimborso, in favore dell’agente della riscossione, delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge e, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese eventualmente prenotate a debito, compensando le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

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