Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23378 del 19/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/09/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 19/09/2019), n.23378

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26520/13 R.G. proposto da:

B.G., rappresentato e difeso, per procura a margine del

ricorso, dagli avv.ti Francesco Casellati e Nicola Di Pierro, con

domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via

Tagliamento, n. 55;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Veneto

n. 54/4/13 depositata in data 14 giugno 2013;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27 giugno

2019 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

Fatto

RILEVATO

che:

B.G., esercente l’attività di dentista, ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria del Veneto con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, è stato accolto l’appello dell’Ufficio e confermato l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate, in relazione all’anno d’imposta 2005, con il quale era stato rideterminato il reddito ai fini Irpef e Irap.

I giudici di appello, in particolare, dopo avere precisato che l’atto impositivo è stato motivato per relationem con riferimento al processo verbale di constatazione, consegnato e sottoscritto dal contribuente, hanno rilevato, con riguardo al maggior imponibile ai fini Irpef, che l’Amministrazione finanziaria ha esaminato in modo approfondito la contabilità del contribuente e, all’esito, ha proceduto alla ricostruzione dei ricavi sulla base di elementi gravi, precisi e concordanti, prendendo in considerazione anche gli acquisti per materiale destinato a terapie conservative, ricostruttive e chirurgiche; hanno, inoltre, ritenuto sussistente, ai fini Irap, il presupposto impositivo della autonoma organizzazione, considerato l’utilizzo di due studi dentistici, l’apporto lavorativo costante di un dipendente e l’utilizzo di beni strumentali di valore considerevole.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Il contribuente ha depositato memoria ex art. 380 – bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, deduce omesso esame su un punto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ed in particolare per omesso esame di un motivo di impugnazione dell’avviso di accertamento concernente il disconoscimento di spese per Euro 49.850,00.

Si duole del fatto che la decisione impugnata ha omesso di considerare il quarto motivo di gravame, con il quale aveva contestato l’accertamento, documentando l’esistenza di costi che erano già stati evidenziati fin dal primo grado di giudizio e, ancor prima, fin dal procedimento per accertamento con adesione.

Precisa, al riguardo, che aveva prodotto le schede dei costi, le fatture, le quietanze, i riba afferenti alla totalità dei costi contestati dall’Erario, nonchè gli estratti conto bancari che dimostravano l’effettivo esborso di somme nel corso del 2005, ma la Commissione regionale del Veneto non aveva motivato sul punto, soffermandosi soltanto sulla diversa questione della ricostruzione induttiva dei ricavi e facendo riferimento al processo verbale di constatazione, senza tenere conto della ulteriore documentazione allegata nel corso del procedimento di accertamento per adesione, pur trattandosi di documentazione decisiva.

2. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, il contribuente deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sul motivo di impugnazione dell’avviso di accertamento relativo al disconoscimento di spese ai fini della determinazione del reddito e ribadisce che, a fronte di specifica contestazione contenuta nel ricorso introduttivo e riproposta nel giudizio di appello, i giudici di secondo grado hanno esaminato nel merito tutti gli altri rilievi sollevati, rigettandoli, omettendo di pronunciarsi su tale questione.

3. Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.

3.1. Questa Corte ha evidenziato che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia, e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di “fondamento”; ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo ad una decisione diversa (Cass. n. 25756 del 5/12/2014; Cass. n. 4980 del 4/3/2014; Cass. n. 19150 del 28/9/2016; Cass. n. 16812 del 26/6/2018).

3.2. Nel caso in esame, il ricorrente, nel contestare la ricostruzione dei maggiori ricavi operata dall’Ufficio e il disconoscimento di spese per Euro 49.850,66 riportato nel processo verbale di constatazione e nell’atto impositivo, ha evidenziato di avere allegato già in corso di accertamento per adesione e, successivamente, nel giudizio di merito, diversi documenti – che sono stati richiamati in modo specifico nel ricorso per cassazione (si vedano pagg. 5-6-7-8 del ricorso), in omaggio al principio di autosufficienza (Cass. Sez. U, n. 22726 del 3/11/2011) – volti a dimostrare il sostenimento di costi nell’anno d’imposta oggetto di contestazione il cui esame è stato pretermesso dai giudici di merito.

Nella sentenza della Commissione regionale si afferma che l’accertamento si fonda su un approfondito esame della contabilità del contribuente (fatture di vendita e di acquisto, registri I.V.A. e dei beni ammortizzabili) e che i ricavi dichiarati sono incongruenti rispetto alle ore di attività lavorate ed ai dati risultanti dallo studio di settore e dagli estratti conto bancari; si fa, inoltre, un generico riferimento agli acquisti per materiali riscontrati dai verificatori e si addiviene alla conferma dell’avviso di accertamento, ma si trascura del tutto l’esame della documentazione allegata dal contribuente (schede di costi, quietanze, riba), prodotta al fine di fornire la prova dei costi contestati dall’Amministrazione finanziaria, pur trattandosi di documentazione rilevante e decisiva che potrebbe condurre ad una diversa decisione della controversia, considerato che detti costi, se sussistenti, devono essere conteggiati ai fini della determinazione del reddito del professionista.

Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, affinchè la stessa, cui è demandata anche la regolamentazione delle spese processuali relative al giudizio di legittimità, proceda a nuovo esame alla luce della documentazione prodotta dal contribuente al fine di contestare il “disconoscimento” dei costi operato dall’Agenzia delle Entrate.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2019

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