Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23372 del 09/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 09/11/2011), n.23372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21759/2009 proposto da:

S.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA R. GRAZIOLI LANTE 16, presso lo studio dell’avvocato

BONAIUTI DOMENICO, rappresentata e difesa dall’avvocato PERRI Mario,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 108/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di CATANZARO del 19.6.08, depositata l’11/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per la ricorrente l’Avvocato Domanico Bonaiuti (per delega avv.

Mario Ferri) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE

CENICCOLA che si riporta alla relazione scritta.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:

La CTR di Catanzaro ha respinto l’appello di S.A.M. – appello proposto contro la sentenza n. 80/11/2006 della CTP di Cosenza che ha rigettato il ricorso del contribuente – ed ha così confermato l’avviso di rettifica e liquidazione relativo ad imposta di registro (ma, erroneamente, nell’intestazione della sentenza, si fa riferimento anche ad INVIM) dovuta per l’acquisto da parte della S. di un terreno nel corso dell’anno 1994.

La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che la motivazione del provvedimento – per quanto sintetica – ha comunque permesso alla contribuente di utilmente difendersi e che la domanda della S. volta ad ottenere la dichiarazione di “efficacia del giudicato esterno” (formatosi per effetto della sentenza che aveva accolto il ricorso proposto dal venditore S.G. contro il medesimo avviso di accertamento ma in riferimento all’imposta INVIM) doveva considerarsi inammissibilmente proposta in appello per la prima volta, ed anche perchè il giudicato valorizzato non avrebbe potuto avere l’efficacia invocata, essendo riferito a parti differenti ed a diversa imposta.

La S. ha interposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.

L’Agenzia si è costituita con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

I motivi di impugnazione saranno esaminati “a coppie”, essendo identici a due a due salvo per il fatto che la censura è di volta in volta improntata prima al n. 3 e poi al n. 4 del comma 1, art. 360 c.p.c..

Infatti, con la prima coppia dei motivi di censura (rubricati come:

“Violazione e/o falsa applicazione di legge – artt. 306 e 2909 c.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (ma poi anche n. 4) la ricorrente si duole in sostanza – come è detto nel quesito di diritto – che non sia stata fatta applicazione nella presente controversia del “giudicato esterno” formatosi ai fini INVIM e nei confronti del venditore, sicchè il corretto riferimento normativo del motivo di censura deve ritenersi l’art. 2909 cod civ., che appunto disciplina il giudicato e non anche l’art. 1306 cod. civ., che invece disciplina la c.d. efficacia riflessa del giudicato relativo a terzi (ma sul presupposto, qui inesistente, di una responsabilità solidale), con riferimento al quale istituto la parte ricorrente non ha in concreto prospettato alcuna censura.

Senonchè, nella specie di lite è manifesto che non di giudicato esterno si tratti, poichè la pronuncia invocata è relativa ad altre parti ed ad altra imposta (come ha ben rilevato il giudice del merito), sicchè non conta neppure fermarsi ad esaminare la circostanza che la parte ricorrente non ha contestato in maniera autosufficiente l’altro argomento valorizzato dal giudice del merito, afferente la tardività della domanda e perciò la sua inammissibilità.

Con la seconda coppia dei motivi di censura (rubricati come:

“Violazione di legge – art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ma poi anche n. 4”) la ricorrente si duole in sostanza – come è detto nel quesito di diritto – che la Commissione Tributaria regionale non abbia in alcun modo esaminato (violando il principio di correlazione tra chiesto e pronunciato) il secondo motivo di appello con cui era stata denunciata omessa motivazione della sentenza di primo grado con riferimento alla censura di difetto di motivazione dell’accertamento.

I motivi in esame appaiono in ammissibilmente formulati, atteso che la censura proposta nei confronti della sentenza di primo grado (che è stata in tutto sostituita dal provvedimento del giudice di appello, rimanendo perciò un mero antefatto privo di efficacia propria), afferendo ad un vizio dell’atto in sè, non può essere qui vagliata tramite l’artificio del vizio di omessa pronuncia. Poichè la parte oggi ricorrente aveva onere di riproporre le ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo (e non solo di formulare critiche contro la pronuncia di prime cure, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53) anche davanti al giudice di secondo grado, solo la pronuncia di quest’ultimo avrebbe potuto essere oggetto di censura ove ne fosse stato omesso l’esame.

Con la seconda coppia dei motivi di censura (rubricati come:

“Violazione di legge – art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ma poi anche n. 4”) la ricorrente si duole in sostanza – come è detto nel quesito di diritto – che la pronuncia di secondo grado non abbia esaminato in alcun modo la censura proposta nei confronti della sentenza di primo grado e concernente il fatto che la CTP aveva dichiarato la “nullità” del certificato urbanistico, in asserita violazione dell’art. 1418 c.c. e della L. n. 241 del 1990, art. 21 septies.

Valgono le medesime considerazioni per la coppia di motivi che precede, a sostengo dell’inammissibilità anche della coppia di motivi ora in esame.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.

Roma, 10 maggio 2011.

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato. che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 800,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2011

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