Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23367 del 16/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 16/11/2016, (ud. 18/10/2016, dep. 16/11/2016), n.23367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25350/2015 proposto da:

Q.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L.

MANTEGAZZA 24, presso il Dott. MARCO GARDIN, rappresentato e difeso

dall’avvocato COSTANTINO VENTURA giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA, società con socio unico, elettivamente

domiciliata in ROMA V.S. GIOVANNI IN LATERANO 226-C, presso lo

studio dell’avvocato BIANCA MARIA CASADEI, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIUSEPPE ONORATO NOCCO giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1573/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI

dell’8/10/2014, depositata il 13/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato Costantino Ventura difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. – Q.G. convenne in giudizio la S.E.S.I.T Puglia S.p.A. affinchè – previa declaratoria di illegittimità della iscrizione ipotecaria disposta in data (OMISSIS) per mancato pagamento della somma di Euro 5.982,47, in quanto “insussistenti il ruolo e il credito tributario e per non essere state osservate le formalità di cui al D.P.R. n. 602 del 1973” – fosse condannata “al risarcimento del danno patrimoniale, nella misura di Euro 12.506,13 o altra di giustizia, nonchè al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c., per avere agito senza la normale prudenza, da liquidarsi in via equitativa e comunque in misura non inferiore ad Euro 50.000,00”, oltre spese di giudizio.

1.1. – Nel contraddittorio con la E.T.R. Esaione Tributi S.p.A., già S.E.S.I.T. Puglia sp.A., l’adito Tribunale di Bari, dato atto della avvenuta cancellazione dell’ipoteca, dichiarò cessata la materia del contendere in ordine alla domanda principale e rigettò la domanda di risarcimento danni.

2. – La decisione di primo grado veniva integralmente confermata dalla Corte di appello di Bari, che, con sentenza del 13 ottobre 2014, rigettava il gravame proposto dal Q..

3. – Avverso tale sentenza ricorre Q.G., affidando le sorti dell’impugnazione a sei motivi.

Resiste con controricorso Equitalia Sud S.p.A. (già E.T.R. Esazione Tributi S.p.A. e poi Equitalia E.T.R. S.p.A.).

4. – Con il primo meuo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. e art. 97 Cost., nonchè della L. n. 212 del 2002.

Con esso si lamenta che la sentenza impugnata, nonostante che nel corso dell’intero giudizio siano state allegate le ragioni di illegittimità della condotta della convenuta, abbia affermato come “non proposta “l’azione generale di responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c.””, limitandosi ad esaminare i motivi di appello (rispettivamente, secondo, terzo e quarto) con cui veniva contestata la statuizione di primo grado sulla mancata prova della “componente risarcitoria riferita ai costi sopportati per i giudizi”, nonchè lamentata la “mancata considerazione dell’art. 96 c.p.c.” e contestato “il rigetto della mai proposta domanda non patrimoniale”.

5. – Con il secondo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., adducendosi che quanto dedotto con il primo motivo integra anche la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non avendo il giudice del (gravame ritenuto proposta la “domanda generale” ex art. 2043 c.c..

5.1. – I primi due motivi, da scrutinarsi congiuntamente, sono inammissibili, mancando essi di cogliere l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.

La Corte territoriale, interpretando le domande della parte (cfr. pp. 2/7 del ricorso in cui è trascritto l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado), ha correlato la domanda risarcitoria per responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., al preteso ristoro del danno patrimoniale, individuato dall’attore nelle spese giudiziali sostenute in altri giudizi, tributari ed amministrativi (questi ultimi, segnatamente, volti a conseguire l’annullamento del fermo amministrativo dei beni), per far valere le proprie ragioni contro l’amministrazione finanziaria e l’agente della riscossione. Ciò posto, il giudice di appello ha, quindi, affermato, in termini assorbenti (dello stesso giudizio sull’an della responsabilità), la non configurabilità di un danno patrimoniale risarcibile, evidenziando che la pretesa, “in quanto collegata alla correttezza e congruità della iniziativa giudiziaria assunta dall’opponente, e in quanto già oggetto di valutazione nelle sede propria, non può essere riesaminata in diverso ambito, quale oggetto di autonoma azione di risarcimento danni”.

Inoltre, la Corte di merito ha ascritto la domanda di danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., comma 2 (per aver la SESIT “agito senza la normale prudenza”: cfr. conclusioni della citazione a p. 7 del ricorso) alla domanda principale svolta nel giudizio sottoposto alla sua cognizione, ossia quella sulla illegittimità della iscrizione ipotecaria del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, con richiesta di relativa cancellazione.

Tale distinta domanda è stata ritenuta non meritevole di accoglimento.

Dunque, la decisione della Corte territoriale si palesa, anzitutto, correttamente aderente alla prospettazione delle domande di parte, sulle quali ha compiutamente pronunciato.

Inoltre, il giudice di appello ha fatto buon governo dei principi della materia, posto che, per un verso, il fatto materiale costitutivo della responsabilità ex art. 96 c.p.c. e cioè la esistenza o inesistenza del diritto vantato ed il modo in cui è stato esercitato, costituisce l’oggetto della domanda principale (così Cass., sez. un., 23 mago 2011, n. 6597, in motivazione); per altro verso, lo stesso art. 96 c.p.c., nel regolare tutti i casi di responsabilità risarcitoria per atti o comportamenti processuali, si pone con carattere di specialità rispetto all’art. 2043 c.c., senza che sia configurabile un concorso, anche alternativo, tra i due tipi di responsabilità, e non detta tanto una regola sulla competenza, ma disciplina piuttosto un fenomeno endoprocessuale, prevedendo che la domanda è proponibile solo nello stesso giudizio dal cui esito si deduce l’insorgenza della predetta responsabilità (tra le altre, Cass., 24 luglio 2007, n. 16308; Cass., 3 mago 2010, n. 5069; Cass., sez. un., 3 giugno 2013, n. 13899).

Pertanto, le doglianze di parte ricorrente non attingono l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, omettendo, altresì, qualsivoglia diretta censura avverso le specifiche ragioni addotte dalla Corte territoriale a sostegno della statuizione di rigetto della pretesa di risarcimento del danno patrimoniale.

6. – Con il terzo mezzo è prospettato “omesso esame del fatto decisivo della controversia e discusso in giudizio che, in relazione iscrizione ipotecaria effettuata D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, il ricorrente ha dovuto affrontare le spese di un giudizio civile”.

6.1. – Il motivo è manifestamente inammissibile, anche a prescindere dalla non piana intelligibilità della prospettazione.

E’ assorbente rilevare, infatti, che (al di là del fatto stesso che – come già evidenziato sub p. 5.1. che precede – la domanda di risarcimento del danno patrimoniale ex art. 2043 c.c., era stata proposta in relazione soltanto alle spese “sostenute” nei pregressi giudizi tributari e amministrativi) il giudizio civile cui fa riferimento il Q. è il presente giudizio civile, sorto per la declaratoria di illegittimità dell’iscrizione ipotecaria, là dove in seno a tale processo opera la disciplina di cui agli artt. 91 c.p.c. e segg., sulla regolamentazione delle spese processuali sostenute dalle parti.

7. – Con il quarto mezzo è dedotto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame del fatto decisivo della controversia e discusso in giudizio che, in relazione al giudizio amministrativo proposto contro il fermo dell’autoveicolo, era stato dichiarato il difetto di giurisdizione”.

7.1. – Il motivo è inammissibile per le assorbenti ragioni già evidenziate sub p. 5.1., in sede dello scrutinio dei primi due motivi, cui si rinvia.

8. – Con il quinto mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., art. 96 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, comma 2, artt. 77 e 86, art. 97 Cost., “nonchè dei principi rinvenienti dalla Carta dei diritti fondamentali (artt. 47, 48, 41) e dallo Statuto del contribuente (artt. 1, 2, 5, 6, 7, 10, 12)

Si deduce che sia l’ipoteca iscritta del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, sia “il fermo dell’autovettura in data 31.3.2003” – entrambi intervenuti prima delle modifiche recate del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 – siano “attività cautelari” compiute “in situazione di assoluta carenza di potere” e, pertanto, tali da legittimare il risarcimento del danno, invece escluso dalla Corte di appello.

Inoltre, si assume che la domanda di danni per responsabilità aggravata intentata proprio sul presupposto della palese illegittimità dell’iscrizione di ipoteca, che del fermo amministrativo del veicolo, in quanto “strumenti cautelati preordinati all’espropriazione forzata esattoriale”, erano state correttamente proposte dinanzi al giudice ordinario, non esistendo, peraltro, “nessun altro “giudice investito della causa” dinanzi al quale la domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c., poteva essere proposta”.

Ed ancora si argomenta sulla equiparazione della ipoteca iscritta ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, alla “ipoteca giudiziale”, ciò che, invece, il giudice di appello avrebbe erroneamente negato.

8.1. – Il motivo è in parte inammissibile e in parte manifestamente infondato.

8.1.1. – E’ inammissibile là dove nuovamente (sembra) censura(re) – invero, alla stregua di deduzioni non del tutto chiare – il mancato accoglimento della domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c., a tal riguardo valendo le osservazioni già spese sub p. 5.1., cui si rinvia.

8.1.2. – E, inoltre, inammissibile, là dove introduce la questione del risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., in conseguenza anche della illegittimità del fermo amministrativo del veicolo, posto che – come già evidenziato sub p. 5.1., cui si rinvia – la predetta specifica domanda risarcitoria proposta con fatto di citazione è da ritenersi correlata esclusivamente al pregiudizio derivante dalla illegittimità della iscrizione ipotecaria.

8.1.3. – E, poi, infondato là dove postula la equiparazione tra ipoteca iscritta ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 e l’ipoteca giudiziale, che è ipotesi tipizzata ai fini del risarcimento ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 2.

Infatti, ribaditi i principi più generali, rammentati sub p. 5.1. che precede, sulla portata dell’art. 96 c.p.c., occorre altresì puntualizzare, alla stregua di orientamento espresso da questa Corte in più di un’occasione (Cass., 1 marzo 2012, n. 3232; Cass., 7 marzo 2016, n. 4464), che l’iscrizione di ipoteca, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, sugli immobili del debitore e dei coobbligati al pagamento dell’imposta (ipoteca che, inoltre, non costituisce atto dell’espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria: cfr. Cass., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19667), non è riconducibile all’ipoteca giudiziale disciplinata dall’art. 2818 c.c., con lo scopo di rafforzare l’adempimento di una generica obbligazione pecuniaria ed avente titolo in un provvedimento del giudice, in quanto si fonda su di un provvedimento amministrativo.

9. – Con il sesto mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., posto che, una volta riformata la statuizione sul rigetto della domanda risarcitoria, “non potrà che conseguire la condanna alle spese dell’intero giudizio”.

9.1. – Il motivo è inammissibile, giacchè difetta del presupposto su cui è incentrato, ossia l’accoglimento delle censure svolte con i motivi che lo precedono.

10. – Sussistendone i presupposti, ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., il ricorso può, dunque, essere avviato alla trattazione camerale, per essere ivi rigettato”;

che la relazione ex art. 380-bis c.p.c., ed il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte in camera di consiglio sono stati notificati ai difensori delle parti;

che il ricorrente ha depositato memoria in prossimità di detta adunanza;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis c.p.c., con le precisazioni di seguito riportate;

che i rilievi critici contenuti nella memoria di parte ricorrente non colgono nel segno;

che, invero, la memoria muove dalla premessa che sia errato il riferimento al rigetto della domanda principale di illegittimità dell’iscrizione ipotecaria (su cui era intervenuta declaratoria di cessazione della materia del contendere); premessa invece erronea, posto che nella relazione il rigetto è chiaramente correlato alla domanda di risarcimento danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., comma 2.

che, dunque, il giudice di appello – come esposto nella relazione – si è pronunciato sulle domande di danni (patrimoniale ex art. 2043 c.c. ed ex art. 96 c.p.c., comma 2) conseguenti a quella iscrizione ipotecaria illegittima, respingendole;

che sulla “non risarcibilità” del danno patrimoniale nessuna pertinente censura è stata mossa;

che, peraltro, come risulta dalla sentenza impugnata, la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale era stata rigettata dal giudice di primo grado e sul punto non vi è stata impugnazione (ed anzi lo stesso ricorrente aveva dedotto in appello di non averla neppure proposta: cfr. rubrica del motivo di gravame a p. 9 del ricorso);

che, pertanto, sulla generale azione aquiliana (ex art. 2043 c.c.) non è affatto ravvisabile omessa pronuncia, essendo stata oggetto di integrale rigetto per quanto devoluta in appello;

che in relazione alla residua domanda risarcitoria, avanzata ex art. 96 c.p.c., essa è stata correttamente intesa dal giudice di appello come intimamente correlata alla iscrizione ipotecaria illegittima e, dunque, proposta ai sensi del citato art. 96, comma 2;

che, quindi, è corretta la decisione di mancato accoglimento assunta dalla Corte territoriale, posto che l’art. 96 c.p.c., comma 2, riguarda ipotesi tipiche (ipoteca giudiziale), mentre la ipoteca del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, non è riconducibile all’ipoteca giudiziale (alla quale si riferisce proprio il precedente richiamato in memoria, che dunque non è pertinente alla presente fattispecie: Cass. n. 6533/2016);

che anche il precedente richiamato nella discussione orale (Cass., S.U., n. 20426/2016) non è pertinente al caso in esame, posto che, pur riferendosi ad ipoteca del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, esso non riguarda controversia concernente domanda risarcitoria fondata sull’art. 96 c.p.c., comma 2, bensì azione risarcitoria generale (su cui, nella specie, il giudice di appello ha comunque statuito);

che, dunque, il ricorso va rigettato;

che le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della società controricorrente, in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2016

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