Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23360 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/10/2020, (ud. 17/07/2020, dep. 23/10/2020), n.23360

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24290/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello

Stato e presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrenti –

contro

Si.Ti., S.S., S.M., S.A.,

S.W., eredi di S.G.;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia n. 101/35/2012, depositata il 12 settembre 2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 luglio

2020 dal Consigliere D’Orazio Luigi.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Commissione tributaria regionale della Sicilia accoglieva parzialmente l’appello proposto da S.G. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo, che aveva rigettato il ricorso del contribuente, esercente attività di vendita al dettaglio di pesci e crostacei, con due punti vendita in Palermo, contro l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle entrate, con l’utilizzo del metodo analitico-induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, per l’anno 2000; in particolare l’Agenzia delle entrate accertava, per quel che ancora qui rileva, ricavi non dichiarati per complessive Lire 437.489.000 (Euro 225.944,22), con rettifica Irpef per Euro 98.982,58, oltre Euro 10.098,80 per Irap ed Euro 22.594,47 per Iva; l’irregolarità più evidente era rappresentata dalla consistenza di cassa nei due punti vendita al momento dell’accesso, in quanto gli incassi documentati dall’emissione degli scontrini fiscali, pari a Lire 1.925.000, differivano notevolmente da quelli effettivi riscontrati in cassa, pari a Lire 8.280.000, sicchè l’Ufficio aveva applicato la percentuale di ricarico del 93 %. Il giudice di appello rilevava che era divenuta definitiva la seconda ripresa fiscale relativa alle modalità di ammortamento dell’avviamento, in quanto il ricorso originario del contribuente l’aveva ignorata; quanto alla ripresa relativa ai maggiori ricavi riscontrati, evidenziava che non poteva condividersi il giudizio di congruità della percentuale di ricarico del 93 %, formulato dai primi giudici “….in relazione alla percentuale di ricarico oggettivamente riscontrata ed effettivamente praticata nella vendita al dettaglio come verbalizzato per l’anno 1999 e risultante dall’allegato 5 delle controdeduzioni”, in quanto la percentuale di ricarico applicata non era stata determinata dalla media “ponderata aritmetica” ma con il criterio della media semplice, che era illegittimo, trattandosi della vendita di prodotti “a prezzi diversi”, sicchè ogni prodotto aveva un prezzo diverso rispetto al fatturato; l’avviso di accertamento veniva annullato limitatamente al rilievo di omessa dichiarazione di ricavi.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

3. Restano intimati gli eredi del contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Preliminarmente, si rileva che la notifica del ricorso per cassazione è stata ritualmente effettuata agli eredi del contribuente presso le rispettive residenze. Invero, per questa Corte l’atto di impugnazione della sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa (o parzialmente vittoriosa), deve essere rivolto agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso è avvenuto, sia dall’eventuale ignoranza dell’evento, anche se incolpevole, da parte del soccombente; detta notifica – che può sempre essere effettuata personalmente ai singoli eredi – può anche essere rivolta agli eredi in forma collettiva ed impersonale, purchè entro l’anno dalla pubblicazione (comprensivo dell’eventuale periodo di sospensione feriale), nell’ultimo domicilio della parte defunta ovvero, nel solo caso di notifica della sentenza ad opera della parte deceduta dopo l’avvenuta notificazione, nei luoghi di cui all’art. 330 c.p.c., comma 1 (Cass., sez. un., 18 giugno 2010, n. 14699).

1.1. Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce la “violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, in combinato disposto con gli artt. 2727 e 2729 c.c.”, in quanto l’utilizzo della media aritmetica semplice, in luogo della media ponderata, è consentito quando risulti l’omogeneità della merce, ma non quando fra i tipi di merce esista una notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentino una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal ricarico medio. Inoltre, va valutata anche la congruità del campione selezionato per la comparazione tra i prezzi di rivendita e di acquisto, dovendosi fare riferimento ad un “gruppo significativo” di beni. Il giudice di appello ha ritenuto applicabile il criterio della media ponderata per il computo della percentuale di ricarico, senza però valutare se vi fosse una “notevole differenza di valore” tra le diverse merci commerciate e se i “tipi più venduti” presentassero “una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal ricarico medio” aritmetico semplice.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “error in procedendo, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per difetto di esercizio del potere giurisdizionale in relazione al principio di diritto vivente della natura di impugnazione-merito del processo tributario, desumibile dal D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1,2,7 e 36, in combinato disposto con gli artt. 112 e 115 c.p.c.”, in quanto era controversa tra le parti la determinazione della percentuale di ricarico da applicarsi per la determinazione analitico-induttiva del reddito del contribuente. Il giudice di appello, quindi, ritenendo errati i valori presi in considerazione dall’Agenzia, non doveva limitarsi ad annullare l’avviso di accertamento, ma avrebbe dovuto esaminare il merito della pretesa, operando una motivata valutazione sostitutiva, riconducendola alla corretta misura, rettificando in tal modo tale avviso.

2.1. Il primo motivo è fondato.

2.2. Va, anzitutto, rilevato che l’accertamento analitico-induttivo della Agenzia delle entrate è fondato sulla notevole differenza, riscontrata al momento dell’accesso presso i due punti vendita di pesce e crostacei, tra quanto risultava dagli scontrini fiscali emessi (per Lire 1.925.000) e quanto era stato rinvenuto effettivamente in cassa (Lire 8.280.000), sicchè era evidente una vendita di merce senza rilascio della documentazione contabile.

2.3. Inoltre, per questa Corte, nell’accertamento tributario fondato sulle percentuali di ricarico della merce venduta, il ricorso al criterio della media aritmetica semplice in luogo della media ponderale è consentito quando risulti la omogeneità della merce, assumendo il criterio della media aritmetica semplice valenza indiziaria, al fine di ricostruire i margini di guadagno realizzato sulle vendite effettuate “a nero”, spettando al contribuente provare (salvo non risulti già in punto di fatto) che l’attività sottoposta ad accertamento ha ad oggetto prodotti con notevole differenza di valore e che quelli maggiormente venduti presentano una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal ricarico medio (Cass. Civ., 10 dicembre 2013, n. 27568; Cass. Civ., 15 febbraio 2017, n. 3979; Cass. Civ., 21 maggio 2014, n. 11165; Cass., sez. 5, 13 luglio 2018, n. 18695, seppure nell’ambito dell’accertamento induttivo puro D.P.R. n. 600 del 1973 ex art. 39, comma 2).

Non è, dunque, legittimo l’utilizzo del sistema della media semplice, anzichè quello della media ponderale, quando tra i vari tipi di merce esiste una notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentano una percentuale di ricarico inferiore a quella risultante dal ricarico medio (Cass. Civ., 4 marzo 2015, n. 4312).

2.4. Nella specie, il giudice di appello ha ritenuto necessaria l’applicazione della media ponderata, ma non ha in alcun modo chiarito se la merce venduta presentava delle differenze notevoli di valore, sì da essere disomogenea, nè se la tipologia di merce più venduta presentava una percentuale di ricarico inferiore a quella risultante dal ricarico medio.

La Commissione regionale si è limitata ad affermare in modo apodittico che la percentuale di ricarico basata sulla media aritmetica semplice era illegittima, senza alcuna altra argomentazione, se non il richiamo ad una risoluzione della Direzione Generale emessa per un caso analogo, in cui “la ditte verificata commerciava più prodotti a prezzi diversi e che ogni prodotto ha prezzo diverso in relazione al fatturato”.

Va ancora considerato che nella parte della sentenza dedicata allo “svolgimento del processo”, il giudice di appello ha affermato che “il contribuente criticava le conclusioni alle quali erano pervenuti i verbalizzanti”, aggiungendo che gli stessi “in base ai prezzi di acquisto e di vendita della merce come rilevati dalle relative fatture” avevano determinato una percentuale di ricarico del 93 %”.

La percentuale di ricarico, quindi, risulterebbe determinata anche dai prezzi di acquisto e di vendita riportati specificamente nella documentazione contabile.

3. Il secondo motivo è assorbito per l’accoglimento del primo motivo.

4. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, che provvederò anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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