Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23358 del 06/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 06/10/2017, (ud. 20/06/2017, dep.06/10/2017),  n. 23358

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4331/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMPRESA CAVALLO SRL, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CRESCENZIO

91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati UMBERTO GIARDINI,

NATALE MANGANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4/2009 della COMM. TRIB. REG. del PIEMONTE,

depositato il 16/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/06/2017 dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza n. 4/5/09, depositata il 16 gennaio 2009, la Commissione Tributaria del Piemonte (di seguito, CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate di Torino avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Torino (di seguito, CTP), che aveva accolto il ricorso della Impresa Cavallo S.r.l. (in seguito, la società verificata), compensando le spese di lite. Il giudice di appello premetteva che: a) l’Agenzia delle Entrate di Torino, a seguito di una verifica eseguita nei confronti della società verificata dalla Guardia di Finanza, emetteva avviso di accertamento in materia di Irpeg, Irap e Iva per l’anno di imposta 2002, contestando l’omessa fatturazione di ricavi, oltre a sanzioni per omessa regolarizzazione di costi senza fattura, presentazione di dichiarazione modello unico infedele, irregolare tenuta di registri previsti dalle norme fiscali; b) la ripresa concerneva i rapporti tra la predetta società e la società consortile Manital – Consorzio per i servizi integrati in relazione all’omessa fatturazione nei confronti del consorzio per il ribaltamento dei proventi delle commesse, in proporzione alla quota consortile; c) la CTP aveva accolto il ricorso e compensato le spese.

La CTR motivava l’accoglimento dell’appello rilevando come la rettifica fosse il “risultato di operazioni e di calcoli basati su valori aggregati presuntivi ottenuti mediante l’automatico ribaltamento di proventi ed oneri estrapolati dal processo verbale di constatazione redatto in capo al Consorzio Manital in proporzione alla quota consortile”, senza considerare che l’impresa non aveva partecipato nell’anno 2002 all’esecuzione di alcuna commessa e che il consorzio aveva una propria struttura operativa. Riteneva quindi che l’accertamento si fondava su presunzioni ed era, come tale, infondato.

2. Avverso detta statuizione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui la società verificata intimata ha replicato con controricorso.

2.1. La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, sorretto da adeguato quesito di diritto, L’Agenzia delle Entrate deduce la violazione degli artt. 2602 c.c. e segg., D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, del divieto dell’abuso del diritto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Dopo ampia ed approfondita ricostruzione dei rapporti tra il Consorzio, quale emersa dal verbale di accertamento, ad avviso della ricorrente, coerentemente con la natura mutualistica del consorzio che agisce senza perseguire uno scopo di lucro, vi era l’obbligo del medesimo di ribaltare su tutte le consorziate, e quindi anche sulla società verificata, sia costi che ricavi, indipendentemente dalla partecipazione della singola impresa alle commesse che hanno generato gli utili e determinato i costi. Vi era quindi l’obbligo per la società verificata di emettere fattura nei confronti del consorzio, in proporzione della quota consortile, per il ribaltamento dei proventi delle commesse e di autofattura per i costi di gestione del consorzio. Il sistema di compensazione posto in essere realizzava un abuso del diritto.

2. Con il secondo motivo, corredato da adeguato quesito, deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, comma 1, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5, art. 55, commi 1 e 2, nn. 2) e 3), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: l’ufficio tributario aveva accertato le maggiori imposte in base alla verifica eseguita ed aveva applicato le disposizioni di legge; l’accertamento non era fondato su presunzioni o approssimazioni, ma su una ricostruzione induttiva condotta in base alla documentazione contabile acquisita.

3. La questione che, nell’ambito delle società consortili, i riassunti motivi di ricorso ripropongono è quella del “ribaltamento” sulle società consorziate dei costi e ricavi derivanti dalla esecuzione delle commesse e della correlativa disciplina fiscale, recentemente oggetto delle pronunce delle sezioni unite di questa Corte nn. 12190, 12191, 12192, 12193 e 12194 del 2016, cui si sono conformati i successi arresti della sezione tributaria (nn. 21860, 21861, 21862, 21863, 21864, 22210, 22211, 22435 e 24380 del 2016, 5090 del 2017), che hanno riguardato proprio i rapporti tra il consorzio Manital e la folta compagine delle imprese sue consorziate. Le S.U. hanno stabilito i seguenti principi di diritto: 1) la funzione mutualistica dei Consorzi desumibile dall’art. 2602 c.c., non è ostativa allo svolgimento, da parte della società consortile, di una distinta attività commerciale con scopo di lucro; 2) costituisce questione di merito l’accertamento dei rapporti intercorsi tra società consortile e società consorziata nella assegnazione dei lavori ai singoli consorziati e nella esecuzione delle commesse; 3) nel caso in cui sussista una differenza tra quanto fatturato dal Consorzio al terzo committente e quanto fatturato dalla società consorziata esecutrice dei lavori al Consorzio, è onere della consorziata fornire la prova dettagliata che tale differenza non è ascrivibile ad una quota di ricavi occultati mediante compensazione tra consorzio e consorziata, anzichè essere riaccreditati al consorziato, ma è costituita da costi delle spese di gestione generale ripartiti tra i singoli consorziati ed addebitata ad essi in occasione della commissione dei lavori, oppure da costi di specifici servizi forniti dal consorzio al consorziato, oppure da provvigioni dovute dal consorziato mandante al consorzio mandatario senza rappresentanza; con specifico riguardo all’Iva, a norma del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, comma 3, ult. periodo e art. 13, comma 2, lett. b), deve esservi piena corrispondenza tra la base imponibile fatturata dal Consorzio al terzo committente e quella fatturata dall’impresa consorziata al Consorzio mandatario, salvo la rilevanza fiscale della eventuale provvigione, qualora il contribuente dimostri che la stessa sia stata formalmente pattuita.

Ciò posto, la distinta soggettività fiscale e l’autonoma responsabilità delle obbligazioni tributarie connesse alle operazioni poste in essere da ciascuna consorziata, nonchè dalla società consortile, comportano la necessaria distinzione tra le operazioni realizzate dalla società consortile in esecuzione del patto mutualistico, e quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale della società consortile. Le sezioni unite della Corte hanno pertanto affermato che presupposti imprescindibili per stabilire se sia o meno necessario il ribaltamento integrale o parziale di costi e ricavi – che è questione che rileva nel presente giudizio – è proprio l’accertamento della “natura delle operazioni o servizi rispettivamente espletati dalla società consortile o dalle consorziate, ed al rapporto sottostante all’assegnazione dei servizi alle consorziate” (Cass. S.U. cit., p. 21). (così in Cass. n. 22435/16 cit.). “Qualora, difatti, il consorzio acquisisca una commessa e proceda autonomamente ad eseguirla, “indipendentemente dalla partecipazione delle consorziate, non si deve procedere ad alcun ribaltamento di costi tra tutti i consorziati. Il ribaltamento di costi e di ricavi rimane doveroso, peraltro, nel caso in cui il consorzio, pur avvalendosi di proprie strutture, svolga servizi complementari, comunque correlati alla finalità mutualistica di utilizzo del servizio consortile” (così in Cass. n. 22435/16 cit.).

4. Ciò posto, considerato che nel caso concreto non è contestato che, come riporta la CTR, e riconosce la stessa ricorrente (pag. 6 del ricorso), “la società appellata non ha partecipato nell’anno 2002 ad alcuna commessa”, e che il Consorzio Manital disponeva in concreto di mezzi propri e di strutture per partecipare alle assegnazioni di commesse, non è fondata la pretesa erariale di ribaltamento di costi nei confronti di quelle consorziate che, come la società verificata, non hanno ricevuto alcuna commessa e che, quindi, non hanno conseguito utili, nè hanno potuto generare costi, rimanendo estranee al meccanismo compensativo adottato dalla Manital per la regolazione dei rapporti contabili con le consorziate esecutrici di commesse.

5. L’accoglimento di questo motivo determina l’assorbimento del secondo, inerente i criteri di calcolo delle maggiori imposte asseritamente dovute.

La soccombenza della ricorrente ne comporta la condanna al pagamento delle spese in favore della controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

 

Rigetta il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

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