Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23356 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/10/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 23/10/2020), n.23356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28343-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ANTONY PALACE SRL, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZA ADRIANA 5

SC. A/13, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MASIANI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDO VIANELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 60/2013 della COMM. TRIB. REG. del VENETO,

depositata il 16/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/02/2020 dal Consigliere Dott. CASTORINA ROSARIA MARIA.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 60/16/2013, depositata in data 16.7.2013, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Veneto, accoglieva l’appello proposto da Antony Palace s.r.l. nei confronti della Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 17/12/12 della Commissione tributaria provinciale di Treviso che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso una cartella di pagamento emesse per il recupero del credito Iva per l’anno di imposta 2007 a seguito del controllo automatizzato operato dall’Ufficio D.P.R. n. 600 del 1973 ex art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, sulla base di due affermazioni: 1.che la mancata esposizione del credito IVA nella dichiarazione annuale non comportava la decadenza dal diritto alla detrazione e 2) l’illegittimo l’utilizzo dello strumento della liquidazione d’imposta mediante controllo formale della dichiarazione dei redditi D.P.R. n. 600 del 1973 ex art. 36 bis, dovendo, nella specie, l’amministrazione procedere alla preventiva notifica di un avviso di accertamento, atteso che il recupero dell’imposta trovava la sua causa legittimante nel disconoscimento di un credito di imposta.

Avverso la sentenza del giudice di appello l’Agenzia delle Entrate ha proposte ricorso per cassazione affidando il suo mezzo a tre motivi.

La contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il secondo motivo, da esaminarsi precedentemente l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 30, e del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Deduce che erroneamente la CTR aveva ritenuto legittima la possibilità di portare in compensazione il credito Iva nell’anno successivo anche in assenza della dichiarazione annuale.

La censura non è fondata.

Come affermato dalle Sezioni Unite con le sentenze dell’8 settembre 2016, n. 17757 e 17758, il rapporto di natura tributaria con il fisco scaturisce da un’operazione lecita ed effettiva e gli obblighi che ne derivano (dichiarazione, registrazione ecc.) hanno solamente una funzione illustrativa dei relativi dati al fine di consentire all’Agenzia delle Entrate di poter verificare agevolmente gli stessi onde procedere alla riscossione delle imposte. Pertanto ciò che conta ai fini della detraibilità è solo il carattere sostanziale ed effettivo del credito.

Il percorso della giurisprudenza è andato nella direzione di dare rilevanza alla sostanza (l’esistenza del credito) piuttosto che alla forma (mancato invio del modello annuale Iva) e il giudice tributario dovrà riconoscere il credito Iva se il contribuente dimostra che sostanzialmente ha diritto alla detrazione.

L’omesso invio della dichiarazione Iva da cui emerge un credito, poi riportato nel modello dell’anno successivo, non comporta, quindi, la decadenza dal diritto di far valere tale credito purchè lo stesso emerga dalle scritture contabili. Tale conclusione, discende dalla interpretazione dell’art. 18 della Direttiva CE n. 77/388/CE, il quale subordina il diritto alla detrazione dell’Iva solamente al possesso della fattura, compilata secondo le disposizioni a essa applicabili. Tale soluzione garantisce il principio di neutralità dell’imposta in questione, quale principio fondamentale sul quale poggia l’intero impianto normativo dell’Iva. (cfr. Cass. 16 ottobre 2012 n. 17754; Cass. 22 febbraio 2013 n. 4539).

La necessità di rispettare il citato principio di neutralità, infatti, deve essere garantito anche nel caso in cui il soggetto passivo non rispetti le formalità imposte da uno Stato membro, quale ad esempio la presentazione della dichiarazione annuale Iva.

Questa Corte, con riferimento ai concetti espressi dalla Corte di Giustizia CE cause C-95/07 e C-96/07 del 8/5/2008, ha affermato che “ai sensi degli artt. 18, n. 1, lett. d) e 22 della sesta direttiva CE n. 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/17 il principio della neutralità fiscale impone che l’inosservanza da parte di un soggetto passivo delle formalità imposte da uno stato membro, in applicazione delle disposizioni comunitarie succitate, non può privarlo del suo diritto alla detrazione, mediante l’annotazione a credito nella dichiarazione di imposta, ferma restando l’eventuale sanzione per l’inosservanza di tali obblighi” (cfr. Corte Europea 12 maggio 2011, C – 107/10 e Cass. 22/05/2006, n. 12012; Cass. 06/08/2008, n. 21202; Cass. 20/3/2013 n. 6925) ed ha affermato il seguente principio di diritto “il credito Iva maturato nell’anno in cui la dichiarazione annuale risulta omessa può comunque essere computato in detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto, fermo restando il potere/dovere dell’amministrazione finanziaria di accertare l’esistenza del credito ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55” (Cass. 20120/2018).

Pertanto in forza dei principi di diritto affermati da questa Corte l’omessa presentazione della dichiarazione Iva non fa perdere il diritto alla detrazione del credito maturato nel corso del medesimo anno, nell’ipotesi in cui lo stesso credito venga ripreso ed indicato nella dichiarazione Iva dell’anno successivo

Tuttavia il diritto alla detrazione deve essere esercitato entro la scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, non contrastante con la citata Direttiva.

Il presente giudizio, così come anche riconosciuto dalla stessa Agenzia, non ha per oggetto l’accertamento dell’esistenza del credito, bensì l’accertamento del diritto alla compensazione del credito vantato dalla società con i debiti tributari maturati nell’anno successivo a quello di maturazione del credito e, pertanto, deve essere riconosciuto il diritto del contribuente alla richiesta compensazione.

2. Il primo motivo, con il quale si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. o comunque del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere la CTR pronunciato sulla eccezione dell’Ufficio circa il motivo nuovo svolto dal contribuente con l’atto di appello e riferito alla insussistenza dei presupposti per procedere ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, deve essere dichiarato inammissibile.

Va difatti ribadito il consolidato orientamento di questa Corte, in base al quale l’interpretazione operata dal giudice di appello riguardo al contenuto e all’ampiezza della domanda giudiziale è assoggettabile al controllo di legittimità limitatamente alla valutazione della logicità e congruità della motivazione. A tal riguardo, il sindacato della Corte di cassazione comporta l’identificazione della volontà della parte in relazione alle finalità dalla medesima perseguite, in un ambito in cui, in vista del predetto controllo, tale volontà si ricostruisce in base a criteri ermeneutici assimilabili a quelli propri del negozio, diversamente dall’interpretazione riferibile ad atti processuali provenienti dal giudice, ove la volontà dell’autore è irrilevante e l’unico criterio esegetico applicabile è quello della funzione obiettivamente assunta dall’atto giudiziale (Cass. S.U. 12645/2017; Cass. 8 agosto 2006, n. 17947 e 21 febbraio 2014, n. 4205).

3. Il terzo motivo con il quale la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, non sussistendo alcun obbligo di invitare il contribuente prima di procedere all’iscrizione a ruolo deve ritenersi assorbito nel rigetto del primo e secondo motivo.

Il ricorso deve essere, conseguentemente, rigettato.

Le spese del giudizio devono essere compensate in considerazione del fatto che l’affermazione della detraibilità del credito Iva in caso di omesso invio della dichiarazione è intervenuta con sentenza di questa Corte successiva alla proposizione del ricorso.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Rigetta il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo, assorbito il terzo.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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