Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23356 del 16/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 16/11/2016, (ud. 19/07/2016, dep. 16/11/2016), n.23356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19124-2012 proposto da:

P.L. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA AURELIANA, 2, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO UMBERTO

PETRAGLIA, rappresentata e difesa dall’avvocato GIANCARLO GARGIONE,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, giusta

delega in calce alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 69/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 31/01/2012 R.G.N. 23/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/07/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 18.1 – 31.1.2012, la Corte d’appello di Salerno, accogliendo l’impugnazione di P.L. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede, ha riformato tale decisione ed ha dichiarato la sussistenza del rapporto di lavoro agricolo tra l’appellante e l’azienda agricola “La Speranza” soc. a r.l. per l’anno 2006 per 51 giornate, ordinando all’Inps di iscriverla nuovamente nell’elenco nominativo dei lavoratori agricoli del Comune di residenza per le suddette annualità e per il predetto numero di giornate, con compensazione integrale delle spese del doppio grado di giudizio.

Per la cassazione della sentenza ricorre la P. con un solo motivo.

Per l’Inps risulta conferita delega ai propri difensori in calce al ricorso notificato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un solo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, contestando l’impugnata sentenza nella parte in cui è stata disposta la compensazione integrale delle spese del doppio grado di giudizio, nonostante che la Corte territoriale le avesse accolto il gravame e la domanda di prime cure. Sostiene al riguardo la ricorrente che la Corte d’appello avrebbe dovuto, invece, condannare l’Inps al pagamento delle spese di lite in base al principio della soccombenza, tanto più che la compensazione delle stesse avrebbe potuto essere disposta solo in presenza di gravi ed eccezionali ragioni da indicare nella motivazione. Nella fattispecie, aggiunge la P., tali ragioni non ricorrevano, non potendo le stesse ritenersi integrate dal fatto che l’Inps non avrebbe potuto riconoscerle la sussistenza di un rapporto di lavoro per la sua iscrizione nelle liste dei lavoratori agricoli subordinati in presenza di un verbale ispettivo negativo, provenendo tale atto dallo stesso ente convenuto.

Il motivo è infondato.

Anzitutto corre obbligo di rilevare che il ricorso di primo grado, come affermato dalla medesima ricorrente, fu depositato il 16 ottobre 2008, per cui nella fattispecie non può trovare applicazione la norma di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2, nel nuovo testo risultante dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 11 per effetto del quale la compensazione delle spese di lite può essere disposta, in difetto di soccombenza reciproca, soltanto per “gravi ed eccezionali ragioni”.

Infatti, si è già statuito (Cass. Sez. 6 – n. 11284 del 29.5.2015) che “in materia di spese giudiziali civili, nei giudizi instaurati anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, la compensazione delle spese può essere disposta – ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 45, comma 11, di detta legge – per “giusti motivi esplicitamente indicati dal giudice nella motivazione della sentenza”, e non per “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”.

Ne consegue che non ha pregio la censura dell’odierna ricorrente basata sulla supposta necessità del richiamo alle gravi ed eccezionali ragioni che da sole avrebbero potuto giustificare, a suo dire, la compensazione integrale delle spese.

In realtà, nel disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio, la Corte territoriale ha adeguatamente spiegato il proprio convincimento facendo riferimento a diverse ragioni specificatamente illustrate. In tal senso i giudici d’appello hanno fatto riferimento alla natura della controversia – che impone all’inps un’attenta e scrupolosa verifica dei propri archivi, dovuta alle indagini ispettive ed alle inchieste giudiziarie conseguenti alla necessità di accertamento dei numerosi rapporti di lavoro agricolo dei quali si sospetta l’inesistenza – nonchè all’obbligo per l’ente previdenziale di cancellare dagli elenchi i lavoratori assunti nei casi in cui all’esito degli accertamenti ispettivi, che abbiano evidenziato un’eccedenza di manodopera, i datori di lavoro non abbiano ottemperato all’invito di dare comunicazione dei nominativi dei braccianti che abbiano effettivamente prestato la loro attività lavorativa. Tutto ciò ha indotto i giudici di appello a ritenere che la condotta serbata dall’Inps non appariva pretestuosa, nè arbitraria o ingiustificata, per cui appariva giustificata la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.

Nè va dimenticato che si è già avuto modo di statuire (Cass. Sez. 5 n. 15317 del 19.6.2013) che “in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi”.

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 900,00, di cui Euro 800,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2016

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