Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23355 del 06/10/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. trib., 06/10/2017, (ud. 19/06/2017, dep.06/10/2017),  n. 23355

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto ai n. 27747/2010 R.G. proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore e AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale sono domiciliati, in Roma, via dei Portoghesi

n. 12;

– ricorrenti –

contro

BIOLEVANTE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

C.R., rappresentata e difesa, per procura speciale con

sottoscrizione autenticata dal notaio F.R. in (OMISSIS),

dall’avv. Michele Giannasio, presso il cui studio legale in Roma,

viale Giulio Cesare, n. 95, è elettivamente domiciliata;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, n. 97/14/2010, depositata in data 24 settembre 2010;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 giugno

2017 dal Cons. Lucio Luciotti.

Fatto

PREMESSO

– che con sentenza n. 97 del 24 settembre 2010 la Commissione tributaria regionale della Puglia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di prime cure che aveva accolto il ricorso con cui la Biolevante s.r.l. aveva impugnato il diniego di rimborso dell’IVA sui corrispettivi che la predetta società aveva pagato nell’anno di imposta 2007 per la realizzazione di un opificio industriale, che l’amministrazione finanziaria aveva negato trattandosi di opere realizzate su terreno non di proprietà della società contribuente ma a questa concessa in enfiteusi;

– che i giudici di appello ritenevano illegittimo il diniego di rimborso dell’IVA versata sui costi sostenuti dalla società contribuente per la realizzazione dell’opificio in cui la società esercitava l’attività, sostenendo che tali costi erano correlati ad un bene ammortizzabile e che a stessa Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 147/E del 9/06/2009 aveva affermato che dovevano considerarsi beni strumentali ammortizzabili duelli “utilizzati nel ciclo produttivo direttamente dall’imprenditore che ne ha il possesso o titolo di proprietà o di altro diritto reale”;

– che avverso tale statuizione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate, cui non ha replicato l’intimata, che si è limitata a depositare in data 3/02/2014 procura speciale conferita a difensore di fiducia nonchè copia della richiesta avanzata all’amministrazione finanziaria di “poter utilizzare in compensazione il credito IVA anno 2007 (…) già riconosciuto da Codesta Amministrazione, rinunziando a proseguire la controversia dinanzi alla Corte Suprema di cassazione” accompagnata da una “nota di deposito ex art. 372 c.p.c., comma 2” contenente istanza rivolta a questa Corte “a fine della declaratoria di inammissibilità sopravvenuta ovvero di improcedibilità ovvero ancora di cessazione della materia del contendere del presente giudizio”, cui ha fatto seguito l’ulteriore deposito di “memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2” datata 30/05/2017.

Diritto

CONSIDERATO

– che con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, lett. c), D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 108 e 109, per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile nella specie di causa, relativa ad IVA versata per i costi di realizzazione di un opificio industriale su suolo altrui, e quindi ad opere incrementative su beni di terzi, come tali costituenti oneri pluriennali deducibili ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 108 e 109,l’art. 30 citato, che consente la detraibilità dell’IVA connessa invece al solo acquisto di un bene ammortizzabile;

– che con il secondo motivo viene dedotto il vizio di motivazione della sentenza impugnata laddove la CTR, per avallare la tesi della deducibilità dell’IVA versata dalla società contribuente, aveva fatto riferimento alla risoluzione n. 147/E de 9/06/2009 con la quale l’amministrazione finanziaria aveva precisato che la detrazione di cui all’art. 30 citato spetta solo se si tranci di imposta versata per l’acquisto di beni ammortizzabili, tali dovendosi considerare esclusivamente i beni strumentali di cui l’imprenditore abbia il possesso a titolo di proprietà o di altro diritto reale, utilizzati nel ciclo produttivo dell’impresa;

– che in via pregiudiziale va rilevato il difetto di legittimazione ad impugnare del Ministero dell’Economia e delle Finanze con conseguente inammissibilità del ricorso dal medesimo proposto; invero, essendo state trasferite alle agenzie fiscali tutti i “rapporti giuridici”, i “poteri” e le “competenze” già facenti capo al predetto Ministero dal D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57, a far data dal 1 gennaio 2001 (giorno di inizio di operatività delle agenzie fiscali in forza del D.M. 28 dicembre 2000, art. 1) la legittimazione – sia attiva che passiva spetta esclusivamente all’Agenzia delle Entrate (cfr., ex plurimis, Cass. n. 9079 e n. 6925 del 2017, nonchè 25434 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata);

– che in via ulteriormente pregiudiziale va rilevato che la società contribuente, con “comunicazione di rinuncia alla controversia per il rimborso IVA” sottoscritta dal suo legale rappresentante, Ch.Ri., e “presentata (…) in data 29 novembre 2010 all’Agenzia delle Entrate” (così a pag. 2 della note depositate il 3/02/2014), ha chiesto all’amministrazione finanziaria “di poter utilizzare in compensazione il credito IVA anno 2007”, oggetto del presente giudizio, espressamente “rinunciando a proseguire la controversia dinnanzi alla Corte Suprema di Cassazione”, chiedendo pronunciarsi “declaratoria di inammissibilità sopravvenuta ovvero di improcedibilità ovvero ancora di cessazione della materia del contendere del presente giudizio” (pag. 2 della nota di deposito; analogamente a pag. 6 della memoria);

– che quella effettuata dalla società contribuente per il tramite del suo legale rappresentante è inequivocabilmente “una rinuncia al diritto al rimborso” dell’IVA sui corrispettivi che la predetta società aveva pagato nell’anno di imposta 2007 per la realizzazione di un opificio industriale, che “all’azione di impugnazione” avverso il provvedimento di diniego di rimborso, come ribadito sia nella nota di deposito della comunicazione presentata all’Agenzia delle entrate (pag. 2) sia nelle note da ultimo depositate (pago. 5 e 6), che estingue l’azione, determina la cessazione della materia del contendere e, avendo l’efficacia di un rigetto, nel merito, della domanda, determina il venir meno del potere – dovere del giudice di pronunziare, comportando che non necessita di accettazione della controparte e che le spese del processo devono essere poste a carico del rinunciante (cfr. Cass. n. 8387 del 1999; n. 18255 del 2004 e n. 23749 del 2011, citata anche dall’intimata a pag. 5 della memoria);

– che, pertanto, va dichiarata la cessazione della materia del contendere “con sentenza che operi alla stregua di cassazione senza rinvio, in quanto l’avvenuta composizione della controversia, per il venir meno di ragioni di contrasto fra le parti, impone la rimozione delle sentenze emesse non più attuali, perchè inidonee a regolare il rapporto fra le parti” (cfr, Cass. n. 19533 del 2011; n, 9753 del 2017), con la conseguenza che il ricorso originariamente proposto dalla società contribuente va rigettato e quest’ultima condannata alle spese processuali sostenute dall’Agenzia delle entrate nel presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, compensandosi quelle dei giudizi di merito in ragione dell’esito dei medesimi e del comportamento delle parti, e quelle nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, stante la mancata costituzione in giudizio dell’intimata.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze e, pronunciando sul ricorso, dichiara l’estinzione del giudizio per intervenuta cessazione della materia del contendere, nei sensi di cui in motivazione cassa la sentenza impugnata, senza rinvio, e, per l’effetto decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dalla società contribuente che condanna al pagamento, in favore della ricorrente Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, compensando quelle dei giudizi di merito e quelle nei confronti del Ministero ricorrente.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA