Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2335 del 02/02/2021
Cassazione civile sez. VI, 02/02/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 02/02/2021), n.2335
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22287-2019 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MANUELA MASSA,
CLEMENTINA PULLI, PATRIZIA CIACCI;
– ricorrente –
contro
C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dall’avvocato FILOMENA DRAICCHIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 317/2019 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata
il 17/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 21/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE
ALFONSINA.
Fatto
RILEVATO
CHE:
il Tribunale di Foggia in sede di giudizio per accertamento medico preventivo ex art. 445 bis c.p.c., rigettando l’eccezione d’improcedibilità dell’azione formulata dall’Inps per inesistenza della domanda di indennità di accompagnamento da parte di C.P., ha affermato che la mancata specificazione mediante “spunta”, dello spazio attestante l’impossibilità del richiedente di deambulare o di compiere gli atti quotidiani della vita, sul certificato medico allegato alla domanda amministrativa è ininfluente ai fini dell’azione diretta al riconoscimento del diritto ad ottenere il beneficio;
la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di un unico motivo;
C.P. ha resistito con controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Istituto ricorrente contesta “Violazione e falsa applicazione della L. n. 533 del 1973, art. 7; dell’art. 2697 c.c.; del D.M. 9 Novembre 1990 del Ministro del tesoro (pubblicato in G.U. n. 268 del 16 novembre 1990), artt. 1 e 2, in relazione alla L. n. 18 del 1980; del D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1, emanato in attuazione della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11; del D.L. n. 78 del 2009, art. 20, conv. in L. n. 102 del 2009, e della Circolare Inps 28 dicembre 2009, n. 131, emanata in esecuzione del D.L. n. 78 del 2009, art. 20, comma 3, conv. in L. n. 102 del 2009”; censura l’affermazione della Corte territoriale secondo cui l’omessa indicazione nel certificato medico allegato alla domanda amministrativa della impossibilità di deambulare o di compiere gli atti quotidiani della vita non costituisce condizione di procedibilità dell’azione ai fini del riconoscimento del diritto alla prestazione;
il motivo è infondato;
la sentenza gravata ha dato corretta attuazione al principio consolidato, affermato da questa Corte, secondo cui in tema di invalidità civile, ai fini della procedibilità del ricorso giudiziale, è sufficiente che la domanda amministrativa consenta di individuare la specifica prestazione richiesta, senza che l’eventuale assenza del certificato medico abbia ad incidere sul riconoscimento del diritto al beneficio con decorrenza dalla presentazione della medesima domanda, ove sussistano gli altri presupposti previsti dalla legge (cfr. per tutte Cass. n. 14412 e Cass. n. 25804 del 2019);
in definitiva, il ricorso va rigettato;
le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno distratte in favore del difensore di C.P., dichiaratosi antistatario;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Inps al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti del controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2.000,00 a titolo di compensi professionali, da distrarre in favore del difensore dichiaratosi antistatario, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. l, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 21 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2021