Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23348 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/10/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 23/10/2020), n.23348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1614-2019 proposto da:

ASL (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARNABA

TORTOLINI,30, presso il Dott. ALFREDO PLACIDI, rappresentata e

difesa dall’avvocato EDVIGE TROTTA;

– ricorrente –

contro

S.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1871/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 02/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 1871 pubblicata il 2.11.2018, in parziale accoglimento dell’appello di S.S. e in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato l’ASL (OMISSIS) a pagare in favore della predetta, a titolo di risarcimento per illegittima reiterazione di contratti a termine, una somma pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori di legge;

2. la Corte territoriale ha respinto l’eccezione di tardività dell’appello, sollevata in via pregiudiziale dall’ASL (OMISSIS) che aveva rilevato come, a fronte della notifica della sentenza di primo grado eseguita dalla S. in 16.2.2017, il ricorso in appello era stato depositato il 27.4.2017, dopo il decorso del termine breve di 30 giorni;

3. i giudici di appello hanno osservato come tale notifica fosse stata eseguita presso la sede legale dell’ASL (OMISSIS) e che si trattasse quindi di una notifica prodromica all’avvio dell’esecuzione forzata, inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnativa;

4. hanno rideterminato la misura del risarcimento in sei mensilità avuto riguardo all’anzianità di servizio, rapportata alla durata dell’illegittimo rapporto di lavoro precario e alle dimensioni notevoli della società datoriale;

5. avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’ASL (OMISSIS), affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria; S.S. non ha svolto difese;

6. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

7. col primo motivo di ricorso l’ASL (OMISSIS) ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 326 c.p.c., inammissibilità e improcedibilità dell’appello per intervenuta decorrenza del termine di impugnativa;

8. ha allegato di avere eccepito la tardività dell’appello nella memoria di costituzione in secondo grado (che ha trascritto nella parte rilevante e prodotto in allegato al ricorso in esame); ha richiamato precedenti di legittimità (Cass. n. 5177 del 2018; S.U. n. 23829 del 2007) secondo cui la notifica della sentenza ai sensi degli artt. 285 e 170 c.p.c., fa decorrere il termine breve per impugnare sia per il destinatario della notifica e sia per il notificante; ha precisato che la sentenza di primo grado, priva di formula esecutiva, era stata notificata il 16.2.2017, su istanza della S., al procuratore costituito dell’ASL avv. T.E. nel domicilio eletto presso la sede legale dell’ente (ha trascritto per estratto la relata di notifica indirizzata a “Avv. T.E. procuratore costituito in giudizio per la ASL (OMISSIS)” ed ha prodotto la sentenza del Tribunale corredata della relata di notifica); ha dato conto della coincidenza tra il domicilio eletto dal difensore e la sede legale dell’ente per essere il difensore avvocato interno dell’ASL;

9. col secondo motivo, in via subordinata, l’ASL (OMISSIS) ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nullità della sentenza per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., in relazione alla omessa motivazione sulla quantificazione del risarcimento danno da lucro cessante, con violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5;

10. ha censurato la sentenza d’appello per avere raddoppiato la misura del risarcimento nella perdurante mancanza di specifiche allegazioni sull’entità del danno subito dalla lavoratrice e con motivazione incongrua in quanto riferita alle dimensioni dell’azienda ed ai “precedenti in termini” della medesima Corte;

11. in via preliminare deve darsi atto che il ricorso per cassazione redatto in formato analogico è stato notificato per via telematica alla controparte S.S.; dell’avvenuta notificazione con questa modalità non è stata fornita prova completa, perchè la parte ha depositato nei termini previsti dall’art. 369 c.p.c., la ricevuta di avvenuta consegna (e non la ricevuta di accettazione) nella casella di destinazione senza però la attestazione di conformità, ai documenti informatici da cui sono tratti, del messaggio di trasmissione a mezzo PEC, dei suoi eventuali allegati e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna previste dal D.P.R. n. 68 del 2005, art. 6, comma 2;

12. questa Corte ha precisato che in tema di giudizio per cassazione, la prova documentale della notificazione eseguita a mezzo p.e.c. è vincolata all’attestazione di conformità del difensore ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1 bis e 1 ter; pertanto, in assenza di tale attestazione, il ricorso va dichiarato inammissibile, senza che, a fronte del mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato, possa assumere rilievo la questione dell’applicabilità alla fattispecie, del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23, comma 2, (cfr. Cass. n. 18758 del 2017; n. 16496 del 2018; n. 19078 del 2018);

13. per tali ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile;

14. non si fa luogo alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità atteso che S.S. non ha svolto attività difensiva;

15. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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