Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23346 del 19/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/09/2019, (ud. 27/11/2018, dep. 19/09/2019), n.23346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L. – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 18134/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A., in persona del curatore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 206/5/10 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA – SEZIONE STACCATA DI SALERNO, depositata

il 17 maggio 2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 novembre 2018 dal Cons. ROBERTO MUCCI.

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR della Campania-Sezione staccata di Salerno rigettò il gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Avellino di accoglimento dei ricorsi (il secondo dei quali definito “integrativo”) proposti dall'(OMISSIS) s.p.a. contro la cartella di pagamento n. (OMISSIS) recante la complessiva somma di Euro 1.688.543,75 a titolo di IRAP a saldo per l’anno 2004 (Euro 158.403,95), IVA sanzioni pecuniarie (Euro 182.119,94) e ritenute alla fonte (Euro 964.721,48) per l’anno 2005, nonchè sanzioni e interessi (Euro 68.940,98);

2. ritenne la CTR, nella contumacia della società contribuente, quanto segue: “l’Ufficio nel ricorso di appello contesta la decisione dei primi giudici, i quali hanno ritenuto legittimo il versamento effettuato con modello di pagamento errato ed hanno ritenuto non idoneamente provato da parte dell’Ufficio che le ritenute andavano versate nell’anno 2005. Al riguardo occorre rilevare che i giudici di primo grado hanno ampiamente giustificato il proprio convincimento. Infatti, per quanto riguarda il versamento della somma di Euro 858.038,20, la parte aveva dichiarato di essersi avvalsa del “ravvedimento operoso” ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, e che seppure effettuato con il modello F24 invece del modello F35 non aveva arrecato alcun danno all’Erario. Parimenti per il versamento delle ritenute d’acconto effettuato nell’anno 2006 la parte aveva evidenziato che trattandosi di somme versate in favore dei propri dipendenti nel corso dell’anno 2006, queste non potevano costituire oggetto di iscrizione a ruolo per l’anno d’imposta 2005. Su questi due motivi l’ufficio in modo generico contesta la decisione dei primi giudici, rilevando “che, pur volendo ritenere valido il versamento effettuato, il giudice avrebbe comunque dovuto considerare pienamente legittima la irrogazione delle sanzioni dovute per il tardivo versamento delle ritenute e non procedere all’annullamento dell’iscrizione a ruolo nella sua totalità, come invece ingiustamente ha fatto”. In considerazione di una tale ammissione sarebbe stato più corretto che l’Ufficio concludesse per vedersi riconosciute, eventualmente soltanto le sanzioni rideterminate e non per l’accoglimento dell’appello con il riconoscimento della piena legittimità del recupero effettuato. Infatti, nel ricorso di appello non vengono esposti argomentazioni idonee a far riformare la sentenza, atteso che gli stessi motivi erano stati già esposti in primo grado.”;

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato a cinque motivi. Il fallimento (OMISSIS) s.p.a. non ha svolto difese.

Diritto

RITENUTO

che:

4. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13: nella specie non sarebbe applicabile l’istituto del ravvedimento operoso per insussistenza del requisito della spontaneità, essendo stata la violazione già oggetto di contestazione e difettando il contestuale versamento delle sanzioni ridotte e degli interessi legali;

4.1. il motivo – che investe direttamente la ratio decidendi fondata sul ravvedimento operoso di cui si era avvalsa la contribuente – merita accoglimento, in applicazione del principio secondo cui detto istituto, introdotto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, esige la spontaneità del pagamento, essendo il ravvedimento operoso fruibile dal contribuente sempre che il rapporto tributario non sia ormai transitato – come nella specie – nella fase di riscossione coattiva (Sez. 5, 13 maggio 2011, n. 10592), esclusa in ogni caso, ai sensi del citato art. 13, comma 2, la possibilità del ravvedimento operoso parziale, atteso che la norma pone come condizioni di perfezionamento della fattispecie tanto la regolarizzazione dell’obbligo tributario, quanto il versamento integrale della sanzione, nella prevista misura ridotta, con il pagamento degli interessi legali (Sez. 5, 13 settembre 2018, n. 22330);

5. con il secondo motivo si denuncia insufficiente motivazione: la CTR, limitandosi ad affermare che le modalità di pagamento utilizzate dalla contribuente, pur differenti da quelle prescritte, non avevano arrecato danno all’erario, non avrebbe considerato la sostanza della censura dell’ufficio, diretta invece a sostenere la sussistenza del pregiudizio, atteso che il rispetto dell’esatta modalità di pagamento consente di escludere erronee imputazioni delle somme dovute ad eventuali ulteriori poste debitorie gravanti sulla contribuente;

6. con il terzo motivo si denuncia omessa motivazione: quanto al recupero dell’IRAP a saldo non versata e delle sanzioni pecuniarie per l’IVA – poste che non erano state contestate dalla contribuente con il ricorso introduttivo -, la CTR, lungi dal pronunciarsi sul merito della doglianza, la rigettava censurando il comportamento processuale dell’ufficio che avrebbe dovuto richiedere non l’annullamento della cartella, ma la rideterminazione delle sanzioni;

7. entrambi i motivi – che possono essere esaminati congiuntamente poichè risolventisi in una radicale critica della motivazione complessivamente desumibile dalla sentenza impugnata – sono fondati;

7.1. invero, la CTR offre, con tutta evidenza, una motivazione affatto insufficiente poichè elude le censure formulate dall’amministrazione omettendo, per un verso (secondo motivo), di argomentare sul profilo dell’erroneità della modalità di pagamento scelta dalla contribuente, assumendo apoditticamente l’insussistenza di qualsivoglia danno per l’erario, e, per altro verso (terzo motivo), rifiutandosi di esaminare il merito della doglianza, trattata dalla CTR secondo una sorta di metro di giudizio di legittimità che non le compete;

7.2. a fattor comune non può dunque mancarsi di osservare come la motivazione della sentenza impugnata si palesi meramente apparente, così situandosi al di sotto del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6; deve infatti qui ribadirsi l’insegnamento secondo cui “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232, sulla scia della fondamentale Sez. U, 7 aprile 2014, n. 8053; conf. Sez. 65, 23 maggio 2019, n. 13977 e, in motivazione, Sez. 6-5, 3 aprile 2018, n. 8131).

8. con il quarto motivo si denuncia insufficiente motivazione con riferimento alle ritenute relative ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2005, per le quali la CTR avrebbe immotivatamente affermato la dimostrata tardività della corresponsione delle retribuzioni nel successivo anno fiscale 2006;

9. con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis: in disparte l’inammissibilità del ricorso “integrativo” con motivi aggiunti in violazione della preclusione di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 24, le argomentazioni ivi svolte dalla contribuente circa l’effettuazione del pagamento delle retribuzioni al personale dipendente ai primi dell’anno 2006, da imputarsi quindi a detto anno, sarebbero sfornite di prova, mentre a favore dell’amministrazione militerebbe un principio di prova quantomeno presuntivo di versamento delle ritenute nell’anno fiscale 2005 in cui erano state dichiarate, derivante proprio dalla menzione delle ritenute stesse nel modello 770 del 2005;

10. il quarto e quinto motivo – anch’essi suscettibili di esame congiunto in quanto riguardanti la medesima questione – sono fondati;

10.1. sul profilo del ricorso “integrativo” (specificamente riguardante la questione dell’imputazione delle ritenute di ottobre, novembre e dicembre 2005) è appena il caso di rammentare che “l’integrazione dei motivi di ricorso è consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2, soltanto in relazione alla contestazione di documenti depositati dalla controparte e fino ad allora non conosciuti e, siccome tale ultima disposizione pone una preclusione processuale, non può essere ricollegato alcun effetto sanante al comportamento dell’Amministrazione di accettazione del contraddittorio nel merito” (così Sez. 5, 7 luglio 2017, n. 16803; conf. Sez. 5, 8 giugno 2011, n. 12442 e Sez. 5, 25 novembre 2005, n. 24970);

10.2. tanto opportunamente chiarito, l’accoglimento dei due mezzi ora in esame ben può basarsi sulle ragioni già evidenziate in relazione alla seconda ed alla terza censura: la motivazione della CTR, che non si confronta con la dedotta violazione di legge, è meramente apparente, riducendosi alla semplice condivisione della pronuncia di primo grado ed all’acritico recepimento degli indimostrati assunti della contribuente.

11. In conclusione, in accoglimento del ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla CTR della Campania-Sezione staccata di Salerno che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame provvedendo anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania-Sezione staccata di Salerno che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2019

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