Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23346 del 06/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 06/10/2017, (ud. 09/06/2017, dep.06/10/2017),  n. 23346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GAI Emanuela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27517/2010 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

A.L.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna, n. 34/14/10 depositata il 23 marzo 2010;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 giugno 2017

dal Consigliere Dr. Emanuela Gai.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che, con la sentenza in epigrafe, la C.T.R. di Bologna pronunciando in controversia relativa all’impugnazione proposta avverso l’avviso di accertamento n. 796012700412/2006 dell’Agenzia delle Entrate di Bologna, notificato in data 3 ottobre 2006, emesso nei confronti di A.L., quale socio al 33% della società Ellegiemme Arreda s.n.c. di A.M., in relazione alla determinazione del suo reddito di partecipazione per l’anno 1999, ex art. 5 del TUIR -, ha accolto l’impugnazione del contribuente sul rilievo che era errato il calcolo del volume d’affari della società, di cui aveva la partecipazione al 33%, perchè era fondato su una irragionevole determinazione del reddito di impresa della società come stabilito, nelle more, dalla pronuncia della Sez. 3 della medesima CTR nel ricorso proposto dalla società Ellegiemme Arreda s.n.c. di A.M., sicchè, poichè il reddito di partecipazione nella società dell’ A., pari al 33% di quello accertato della società partecipata, dipendeva dall’accertamento nei confronti della società che era stato annullato, anche l’accertamento nei confronti del socio doveva essere annullato;

che avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, che A.L. non si è costituito;

che, con il primo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Deduce il ricorrente che l’avviso di accertamento oggetto del procedimento era stato ritualmente notificato al signor A. in data 3 ottobre 2006.

Il contribuente aveva, tuttavia, promosso ricorso giurisdizionale alla CTP tardivamente, con atto inoltrato a mezzo posta in data 7 dicembre 2006. Sebbene tale eccezione non sia stata formulata dall’agenzia resistente nel giudizi di merito, sarebbe pacifico che, trattandosi di questioni rilevabili d’ufficio, la medesima possa essere dedotta nel giudizio di legittimità;

che, con il secondo motivo deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61 e dell’art. 132 c.p.c., nonchè degli artt. 38,51 cit. D.Lgs. e dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. In sintesi sostiene la ricorrente la nullità della sentenza per essere stata motivata per relationem con generico richiamo ad altra decisione senza alcuna sintetica autonoma valutazione delle circostanze;

che, con il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Argomenta la ricorrente l’illegittimità della pronuncia per violazione dell’art. 2909 c.c.. La Commissione tributaria regionale avrebbe, infatti, ritenuto di annullare l’avviso di accertamento relativo al signor A. sulla base del semplice presupposto di aver già annullato l’avviso di accertamento societario, pronuncia non ancora passata in giudicato;

che, con il quarto motivo deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Censura la ricorrente la sentenza in quanto la Commissione tributaria regionale, in presenza di un giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso nei confronti di un socio di una società di persone con riguardo al suo reddito di partecipazione ex art. 5 del Tuir, avrebbe omesso di sospendere il procedimento in pendenza di una questione incidentale pregiudiziale, violazione di legge che renderebbe nulla la sentenza.

Ritenuto che il primo motivo di ricorso sia inammissibile atteso che implica accertamenti di fatto preclusi a questa Corte di legittimità (Cass. 7410/11).

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che va preliminarmente e con effetto assorbente rilevata, d’ufficio, la nullità della sentenza impugnata e dell’intero giudizio per omessa integrazione del contraddittorio, nei confronti dei litisconsorti necessari;

che, invero, secondo orientamento consolidato, a partire dall’arresto di Cass. Sez. U. 04/06/2008, n. 14815, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi;

che, conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio;

che va pertanto dichiarata la nullità dell’intero giudizio di merito, con cassazione dell’impugnata sentenza e rimessione delle parti avanti al giudice di primo grado, che dovrà disporre l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14, e procedere a nuovo esame;

che sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca di proposizione del ricorso rispetto al formarsi della citata giurisprudenza, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

 

Pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità dell’intero processo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTP di Bologna in diversa composizione. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

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