Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23343 del 19/09/2019

Cassazione civile sez. III, 19/09/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 19/09/2019), n.23343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29664-2016 proposto da:

IMMOBILIARE NICARO SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore Dott. C.E., domiciliata ex lege in ROMA presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MASSIMILIANO MARIA JELO DI LENTINI;

– ricorrente –

contro

SYNLAB ITALIA SRL, (già CAM CENTRO ANALISI MONZA SPA) in persona del

Presidente del Consiglio di Amministrazione, amministratore delegato

e legale rappresentante pro tempore G.G., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI TRE OROLOGI 14/A, presso lo studio

dell’avvocato GAMBINO C/0 ST LEGALE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO GAMBINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2429/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 07/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/07/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per inammissibilità dei motivi in

subordine infondatezza e rigetto;

udito l’Avvocato MASSIMILIANO MARIA JELO DI LENTINI;

udito l’Avvocato MASSIMO GAMBINO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 7/7/2016, la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, tra le restanti statuizioni, per quel che ancora rileva in questa sede, ha accolto le domande proposte dalla C.A.M. Centro Analisi Monza s.p.a. nei confronti della Immobiliare NI.CA.RO. s.r.l. dirette all’accertamento dei vizi e dei difetti rilevati a carico dell’immobile da quest’ultima concesso in locazione in favore della CAM s.p.a., con la conseguente riduzione del canone di locazione convenuto tra le parti, oltre al risarcimento dei danni.

2. A fondamento della decisione adottata sui punti indicati, la corte territoriale ha confermato la correttezza della sentenza del giudice di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto sostanzialmente incontestate le circostanze di fatto dedotte in giudizio dalla conduttrice con riguardo ai vizi e ai difetti dell’immobile locato, e nella parte in cui aveva applicato il principio di non contestazione in relazione alle diverse rivendicazioni di parte conduttrice, specificamente richiamate in sentenza, oltre alla corretta decurtazione del canone, nella specie operata in termini ragionevoli e adeguati.

3. Avverso la sentenza d’appello, la Immobiliare NI.CA.RO. s.r.l. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione.

4. La Sky Lab Italia s.r.l. (già C.A.M. Centro Analisi Monza s.p.a.) resiste con controricorso.

5. La Immobiliare NI.CA.RO. s.r.l. ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il giudice d’appello erroneamente applicato il principio di non contestazione a fondamento della decisione impugnata, non tenendo conto della piena idoneità dell’avvenuta contestazione, da parte della società locatrice, delle asserzioni contenute nella consulenza di parte prodotta in giudizio dalla CAM s.p.a. in relazione ai vizi e ai difetti dell’immobile concesso in godimento e puntualmente indicati in ricorso, in tal modo pervenendo a un’errata valutazione in ordine all’insussistenza di alcuna responsabilità della locatrice con riguardo a taluni vizi denunciati, al di là della contraddittorietà della motivazione in ordine al preteso difetto di contestazione di fatti viceversa incontrovertibilmente attestati dalla documentazione prodotta in giudizio.

2. Con il secondo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 111 Cost., nonchè degli artt. 1965 e 1976 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’efficacia novativa della transazione conclusa tra le parti contestualmente alla conclusione del contratto di locazione, con la conseguente erronea affermazione della successiva risoluzione integrale dell’accordo transattivo, comprensivo della rinuncia, da parte della società conduttrice, ad eccepire qualsivoglia vizio o difetto dell’immobile concesso in godimento, di là dal carattere totalmente abnorme, illogico e contraddittorio della motivazione dettata dal giudice a quo a fondamento dell’ingiustificata riduzione del canone di locazione sulla base degli insussistenti e, in ogni caso, non comprovati vizi denunciati dalla controparte.

3. Con il terzo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1117 e 1117-bis c.c., nonchè della L. n. 392 del 1978 (in relazione all’art., n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente affermato la genericità delle contestazioni sollevate dalla società locatrice in ordine alle inconsistenti e infondate motivazioni dettate dal primo giudice circa la mancata costituzione del condominio riferito all’edificio comprensivo del bene locato ai fini della ripartizione delle spese comuni e della ricaduta dei relativi oneri tra le odierne parti in giudizio.

4. Osserva il Collegio di dover preliminarmente dichiarare l’improcedibilità del ricorso, avendo la società ricorrente tardivamente provveduto a depositare detto ricorso presso la Cancelleria della Corte di cassazione (unitamente agli altri atti ad esso allegati) dopo il termine di venti giorni dall’ultima notificazione alle controparti, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 1.

5. Al riguardo, è appena il caso di richiamare l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale il ricorso per cassazione depositato oltre il termine di venti giorni dall’ultima notificazione è improcedibile, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 1, nè l’inosservanza di tale termine è sanabile nel caso in cui il controricorrente si sia costituito (posto che il principio – sancito dall’art. 156 c.p.c. – di non rilevabilità della nullità di un atto per avvenuto raggiungimento dello scopo si riferisce esclusivamente all’inosservanza di forme in senso stretto e non di termini perentori, per i quali vigono apposite e separate norme) e non abbia eccepito l’improcedibilità (eccezione peraltro sollevata nel caso di specie), perchè il termine è perentorio e la sua inosservanza è rilevabile d’ufficio (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 22914 del 08/10/2013, Rv. 627889 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 1635 del 26/01/2006, Rv. 585931 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 20183 del 12/10/2004, Rv. 577673 – 01; Sez. L, Sentenza n. 4894 del 02/06/1997, Rv. 504865 – 01).

6. Nel caso di specie, risulta dagli atti del giudizio che la Immobiliare NI.CA.RO. s.r.l. ha provveduto a notificare il ricorso per cassazione alla controparte a mezzo posta elettronica certificata in data 7/12/2016, mentre ha provveduto al deposito dello stesso ricorso in data 30/12/2016, ossia ben oltre il termine perentorio di venti giorni imposto dall’art. 369 c.p.c., comma 1.

7. Varrà, peraltro, in ogni caso osservare l’inammissibilità dei motivi di ricorso proposti.

8. Quanto al primo motivo, infatti, la società ricorrente risulta aver inammissibilmente trascurato, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, di allegare e produrre in modo rituale e completo la documentazione processuale dalla quale sarebbe stato possibile rilevare, in termini inequivoci, l’avvenuta adeguata contestazione, da parte della locatrice, delle asserzioni di fatto poste a fondamento delle domande originariamente proposte dalla società conduttrice, non potendo in nessun caso ritenersi fondata la prospettazione articolata in ricorso circa la scorretta deduzione in iure del principio di non contestazione da parte del giudice d’appello, avendo la corte territoriale correttamente ascritto agli oneri della parte convenuta il dovere di assumere tempestivamente una posizione di contrasto precisa e inequivocabile in ordine a ciascuno dei fatti posti dall’attore a fondamento delle domande proposte.

9. Quanto al secondo motivo, la società ricorrente risulta essersi limitata alla prospettazione di una rilettura interpretativa degli accordi intercorsi tra le parti, senza provvedere ad alcuna analitica individuazione dei canoni legali di interpretazione negoziale asseritamente violati dal giudice d’appello, in tal modo riducendo la prospettazione critica contenuta nell’impugnazione proposta a un mero dissenso dalla motivazione elaborata dal giudice a quo, che appare, viceversa, redatta in guisa tale da consentire la ricostruzione del relativo iter argomentativo in modo pienamente conducente.

10. Quanto, infine, al terzo motivo, la ricorrente non risulta aver còlto la ratio della decisione adottata dal giudice d’appello (orientata sulla rilevata genericità del gravame avanzato dalla locatrice sul punto relativo alla non provata esistenza in facto di spese condominiali ritenuta dal primo giudice), essendosi la ricorrente limitata alla contestazione della motivazione del giudice di primo grado sulla base dei soli argomenti in iure riportati in ricorso.

11. Sulla base delle argomentazioni che precedono, dev’essere dichiarata l’improcedibilità del ricorso, con la conseguente condanna della società ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all’attestazione della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 6.000,00, oltre alle spese for-fettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2019

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