Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23341 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/10/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 23/10/2020), n.23341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31289-2018 proposto da:

RFI – RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSA PINO;

– ricorrente –

contro

M.L., L.M.P., P.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, CIRC.NE TRIONFALE 77, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO GUGLIOTTA, rappresentati e difesi

dall’avvocato CONCETTA LA TORRE;

– controricorrente –

contro

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 167 presso lo studio dell’avvocato ANNA

CASTAGNOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE GARUFI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 456/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 19/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Messina, con sentenza n. 456 pubblicata il 19.7.2018 e notificata il 6.9.2018, in accoglimento degli appelli incidentali proposti da L.M.P., P.M., M.L. e da S.F., ha condannato Rete Ferroviaria Italiana spa a corrispondere ai predetti, ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, una indennità risarcitoria pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori, confermando la statuizione del Tribunale di costituzione tra ciascuno di essi e la società datoriale di rapporti di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dalle date indicate in atti; ha inoltre dichiarato il diritto dei lavoratori alla copertura previdenziale ed assicurativa in relazione alla anzianità lavorativa riconosciuta con le suddette decorrenze;

2. la Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha determinato in dodici mensilità l’indennità spettante a titolo di risarcimento del danno “quantificato fino alla data della sentenza appellata”, cioè per il “periodo intermedio” come individuato nella sentenza della Corte Cost. n. 303 del 2011, espressamente richiamata, ed ha “ten(uto) conto dei criteri richiamati dall’art. 32 citato e, in particolare, della reiterazione dei contratti”;

3. avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Rete Ferroviaria Italiana spa, affidato a due motivi, cui hanno resistito, con separati controricorsi, L.M.P., P.M., M.L. e S.F.; M. e S. hanno depositato memorie;

4. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. col primo motivo di ricorso Rete Ferroviaria Italiana spa ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, nonchè della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 13;

6. ha censurato la sentenza d’appello per avere riconosciuto ai lavoratori, per i periodi non lavorati e con decorrenza dalle convenzioni di arruolamento a viaggio, oggetto di conversione, l’anzianità lavorativa nonchè il diritto alla copertura previdenziale ed assicurativa, così negando la natura onnicomprensiva della indennità prevista dal citato art. 32, comma 5;

7. col secondo motivo la società ricorrente ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, e della L. n. 604 del 1966, art. 8, quanto al capo di sentenza che ha liquidato in dodici mensilità l’indennità ex art. 32 cit. senza applicare i criteri dettati dall’art. 8 cit.;

8. il primo motivo di ricorso è fondato;

9. va premesso che la L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, trova applicazione anche al lavoro nautico attesa la formulazione letterale della norma che fa riferimento a tutti i casi di conversione del rapporto in contratto a tempo indeterminato, senza alcuna distinzione (Cass. n. 9468 del 2016);

10. la Corte Cost. nella sentenza m. 303 del 2011 e la giurisprudenza di questa Corte, in coerenza col testo letterale della disposizione in esame e con orientamento costante, hanno chiarito che in tema di risarcimento del danno nei casi di conversione del contratto di lavoro a tempo determinato, l’indennità di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5 e 7, come disciplinata dalla L. 28 giugno 2012, n. 92, art. 1, comma 13, con norma di interpretazione autentica, ha carattere “forfetizzato” ed “onnicomprensivo” e pertanto ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo cosiddetto “intermedio”, che decorre dalla scadenza del termine sino alla sentenza di conversione e non sino al deposito del ricorso introduttivo del giudizio; l’indennità di cui si discute ristora quindi l’intero pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, per il periodo fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (Cass. n. 151 del 2015; n. 26244 del 2018; n. 8385 del 2019);

11. la Corte di merito non si è attenuta ai principi appena richiamati laddove ha riconosciuto, oltre alla indennità di cui al citato art. 32, l’anzianità lavorativa e il diritto alla regolarizzazione contributiva, in tal modo negando il carattere onnicomprensivo della medesima indennità;

12. il secondo motivo di ricorso è invece inammissibile;

13. questa Corte ha chiarito che “In materia di sindacato della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sulla misura dell’indennità di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5, in caso di illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro, la determinazione tra il minimo e il massimo della misura dell’indennità de qua spetta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità, al pari dell’analoga valutazione per la determinazione dell’indennità di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8, solo in caso di motivazione assente, illogica o contraddittoria” (Cass. n. 1320/2014; Sez. 6 n. 25484 del 2019); risulta quindi inammissibile la denuncia di violazione di legge proposta dalla parte ricorrente, dovendosi peraltro aggiungere che i criteri indicati dal citato art. 8 (e quindi dall’art. 32, comma 5), non richiedono una concomitante valutazione da parte del giudice, trattandosi di indicatori previsti dal legislatore per svolgere una valutazione indennitaria che può essere soddisfatta anche in base a uno o ad alcuni indicatori giudicati idonei a realizzare la giusta personalizzazione del ristoro nella singola fattispecie. Nel caso in esame, la Corte di merito ha fatto leva specificamente, ai fini della quantificazione dell’indennità, sulla reiterazione dei contratti riconducibile al criterio del comportamento delle parti, di cui al citato art. 8;

14. per le ragioni esposte va dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso e deve trovare accoglimento il primo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con limitazione del risarcimento del danno riconosciuto dai giudici di appello ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, alle dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori come liquidati, e con esclusione del diritto alla copertura previdenziale ed assicurativa in ragione della anzianità lavorativa riconosciuta;

15. si conferma la sentenza d’appello quanto alla regolazione delle spese del secondo grado di giudizio; in ragione del parziale accoglimento del ricorso in oggetto e quindi della parziale reciproca soccombenza, si compensano le spese di lite del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, limita il risarcimento del danno riconosciuto dai giudici di appello ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, alle dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori come liquidati, con esclusione del diritto alla copertura previdenziale ed assicurativa in ragione della anzianità lavorativa riconosciuta.

Conferma la sentenza d’appello quanto alla regolazione delle spese del secondo grado di giudizio.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA