Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2334 del 31/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 31/01/2017, (ud. 23/06/2016, dep.31/01/2017),  n. 2334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14817-2013 proposto da:

C.I. (OMISSIS) e C.N. (OMISSIS) in proprio nonchè in

qualità di genitori esercenti la potestà e legali rappresentanti

della figlia minore C.I., C.M. (OMISSIS), C.J.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI PORTONACCIO,

200, presso lo studio dell’avvocato DANIELE MARIOTTI, rappresentati

e difesi dall’avvocato PIERO SANTIN giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Z.A., FONDIARIA SAI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2507/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato DANIELE MARIOTTI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del 3 motivo di

ricorso.

Fatto

I FATTI

C.I. e N., in proprio e quali esercenti potestà sui tre figli minori, convennero dinanzi al Tribunale di Venezia Z.A. e la s.p.a. La Fondiaria Assicurazioni, chiedendo il risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’incidente stradale nel quale aveva perso la vita il figlio M., trasportato a bordo dell’autovettura condotta dallo Z..

Il giudice di primo grado accolse in parte la domanda, condannando i convenuti in solido al pagamento della complessiva somma di 136 mila Euro.

La corte di appello di Venezia, investita dell’impugnazione proposta dagli attori in prime cure, la accolse, riconoscendo ai genitori ed ai fratelli una somma significativamente maggiorata rispetto a quella liquidata in primo grado.

Avverso la sentenza della Corte lagunare gli appellanti ha proposto ricorso per cassazione sulla base di 3 motivi di censura.

Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è manifestamente infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto. Errata applicazione dell’art. 1223 c.c..

Con il secondo motivo, si denuncia errata applicazione degli artt. 2059 e 2043 c.c. in relazione agli artt. 2, 3 e 29 Cost..

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono del tutto privi di pregio, tanto con riguardo alla censura di mancato riconoscimento del danno patrimoniale, quanto a quella di erronea liquidazione del pregiudizio non patrimoniale.

Entrambi sono destinati ad infrangersi, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto, con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede, poichè scevro da vizi logico-giuridici, da un canto, che la prognosi compiuta dal giudice di primo grado fosse corretta con riguardo alla durata del contributo economico apportato dalla vittima alla propria famiglia; dall’altro, che i due concorrenti aspetti del danno parentale, e cioè la enorme sofferenza interiore derivante dalla perdita di un congiunto, ed il mutamento radicale della vita di relazione dei genitori e dei fratelli della vittima fossero meritevoli di una più congrua liquidazione (così rideterminando il quantum del danno liquidato in prime cure).

La sentenza appare correttamente motivata sul piano della (altrettanto corretta individuazione) della fenomenologia stessa del danno parentale (la sofferenza interiore e l’aspetto relazionale del danno), in consonanza con i più recenti approdi della giurisprudenza di questa Corte regolatrice (Cass. 7766/2016), così che la somma complessivamente liquidata, pur in assenza di una più specifica indicazione in ordine alla relativa attribuzione, in parte qua, ai singoli aspetti del danno lamentato (sofferenza morale e danno alla vita di relazione), appare del tutto immune da censure, e va integralmente confermata.

Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c..

Il motivo non ha giuridico fondamento, avendo la Corte territoriale espressamente specificato che la somma liquidata risultava già determinata e convertita in valori attuali – onde la debenza degli interessi soltanto dalla data di pronuncia della sentenza.

Il ricorso è pertanto rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari alla somma già dovuta, a norma del predetto art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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