Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23334 del 24/08/2021

Cassazione civile sez. II, 24/08/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 24/08/2021), n.23334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7490-2016 proposto da:

C.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BASSANO DEL GRAPPA 4, presso lo studio dell’avvocato ANNAMARIA

MONTILLO, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO CARLINO;

– ricorrente –

T.C.R., D.F.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 05/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 14/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/11/2020 dai Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e

a seguire infondato;

udito l’Avvocato Raffaella Quintana, con delega dell’avv. Massimo

Carlino, che si riporta agli atti depositati.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La sig.ra C.M.A. ha proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione della sentenza della corte d’appello di Lecce che, confermando la pronuncia del tribunale di Lecce, Sezione Distaccata di Nardò, ha rigettato la domanda da lei proposta nei confronti dei coniugi T.C.R. e D.F.C. per sentire accertare e dichiarare la sua piena ed esclusiva proprietà del terreno sito in (OMISSIS), in Catasto Terreni al foglio (OMISSIS) (derivanti dal frazionamento dell’originaria particella 89), confinante con proprietà Z., con altra proprietà degli appellati e con via pubblica, quest’ultima identificata dall’attrice con la (OMISSIS), denominata anche via (OMISSIS).

L’attrice – sulla premessa di aver acquistato il suddetto terreno dai menzionati sig.ri T. e D.F. con atto pubblico del 13.7.83 e sul rilievo che l’originaria particella (OMISSIS), in proprietà dei venditori, aveva forma rettangolare ed era delimitata, su due lati opposti, da due strade parallele, ossia la suddetta (OMISSIS) e la strada privata ad uso pubblico denominata via (OMISSIS) – sosteneva che la porzione della particella (OMISSIS) da lei acquistata (catastalmente identificata, a seguito del frazionamento della particella (OMISSIS), con le particelle (OMISSIS)) andava identificata, in base al contratto di compravendita, in quella confinante con la (OMISSIS) e non in quella confinante con la via (OMISSIS), come invece preteso dai sigg. T. e D.F. sulla base di risultanze catastali derivanti, a dire della stessa attrice, da un errore compiuto nella registrazione del frazionamento in catasto.

La corte di appello ha disatteso la tesi dell’attrice ritenendo che ella, come già affermato dal primo giudice, non avesse offerto la prova dei fatti costitutivi della sua pretesa. In proposito la corte salentina ha argomentato, per un verso, che tanto la (OMISSIS) quanto la via (OMISSIS) erano “aree di uso pubblico”; per altro verso, che la prova testimoniale volta a identificare la porzione dell’originaria particella (OMISSIS) nel cui possesso la sig.ra C. era stata concretamente immessa in base al suddetto contratto del 1983 non aveva offerto risultanze concludenti.

I due motivi di ricorso per cassazione sono riferiti, il primo, al vizio di omesso esame di fatto decisivo, indicato nella certificazione amministrativa attestante la natura pubblica della (OMISSIS) e la natura privata, ad uso pubblico, della via (OMISSIS) (così denominata in epoca successiva all’acquisto della ricorrente) e, il secondo, al vizio di omesso esame delle risultanze istruttorie, con conseguente mera apparenza, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, della motivazione della sentenza.

I sigg. T.C.R. e D.F.C. non hanno espletato attività difensive in questa sede.

La causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 19 novembre 2020, per la quale non sono state depositate memorie e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5 la sig.ra C.M.A. denuncia il vizio di omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. In particolare la ricorrente lamenta la mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle certificazioni rilasciate dalla Provincia di Lecce e dal Comune di Nardò in ordine alla classificazione della Strada (OMISSIS) (o (OMISSIS)) come “pubblica” e, più precisamente, come strada comunale prima del 1960, come strada provinciale da tale anno (giusta decreto ministeriale n. 2793/1960) e fino all’anno 2005 e, infine, nuovamente come strada comunale dopo il 2005.

Secondo la ricorrente l’esame di tali risultanze documentali avrebbe imposto una interpretazione del contratto di compravendita del 1983 nel senso di individuare la porzione dell’originaria particella (OMISSIS) oggetto di trasferimento – in quanto definita “confinante con Via pubblica” – in quella confinante con la Strada (OMISSIS).

Il motivo è inammissibile perché il fatto di cui la ricorrente lamenta l’omesso esame – la natura pubblica della Strada (OMISSIS) – è privo di decisività.

L’oggetto della controversia, infatti, non è la natura giuridica della Strada (OMISSIS) ma è il senso da attribuire, ai fini della interpretazione del titolo di acquisto della odierna ricorrente, all’espressione “Via pubblica” contenta nel rogito di trasferimento.

La corte di appello ha interpretato la scheda negoziale ritenendo che le parti non avessero inteso dare alla espressione “Via pubblica” il suo significato, tecnico-giuridico, di strada in proprietà di un ente pubblico territoriale, ma avessero invece inteso riferirsi alla nozione, atecnica e generica, di strada aperta al pubblico passaggio, indipendentemente dalla proprietà, pubblica o privata, dell’area ove la sede stradale insiste.

Tale interpretazione del contratto di compravendita del 1983 non è stata censurata dalla ricorrente mediante la denuncia di una violazione delle regole legali di ermeneutica negoziale; donde l’irrilevanza del fatto di cui si denuncia l’omesso esame con il primo motivo di ricorso, che va pertanto disatteso.

Con il secondo motivo di ricorso, la sig.ra C. deduce l’omesso esame di risultanze istruttorie e, con riferimento all’art. 132 c.p.c., n. 4, la violazione di legge per grave anomalia motivazionale della sentenza. La corte d’appello, a detta di parte ricorrente, sorvolerebbe su parti importanti delle dichiarazioni rese dai testimoni, ne estrapolerebbe frammenti, non chiarirebbe per quali ragioni certe deposizioni non siano ritenute probanti, rendendo difficile comprendere le ragioni del convincimento del giudice.

Il motivo non può trovare accoglimento.

L’impugnata sentenza esamina le risultanze testimoniali acquisite in primo grado e ne trae conclusioni conformi a quelle del tribunale; la doglianza relativa all’apprezzamento dell’attendibilità dei testi e del contenuto delle deposizioni si risolve, pertanto, in una censura di merito, non scrutinabile in questa sede di legittimità.

Del pari va disattesa la doglianza circa l’inesistenza/apparenza della motivazione, la quale, come chiarito in Cass. n. 27112/2018 sussiste solo quando – e non questo il caso non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. ord. n. 3819/2020).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Non vi è luogo a regolazione di spese, in assenza di attività difensiva degli intimati.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2021

 

 

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