Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23331 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. II, 23/10/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 23/10/2020), n.23331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3205-2017 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Torino via Alessandro

Vittorio Papacino n. 2, presso lo studio dell’avv.to MASSIMO

CECCANTI che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA UTG TORINO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3356/2016 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 10/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.A. proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione con la quale gli era stata irrogata una sanzione a seguito della contestazione della violazione dell’art. 173 C.d.S., comma 2, e art. 146 C.d.S., comma 3, per aver fatto uso durante la guida del telefono cellulare senza auricolare o apparato vivavoce e per aver proseguito la marcia nonostante il semaforo rosso.

2. All’esito del giudizio il giudice di pace accoglieva il ricorso per la violazione dell’art. 146 C.d.S., comma 3, relativa all’attraversamento dell’incrocio con semaforo rosso, mentre confermava l’ordinanza ingiunzione per la violazione dell’art. 173 C.d.S. relativa all’uso del telefono durante la guida.

3. M.A. proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

Il Tribunale di Torino rigettava l’impugnazione. Per quel che ancora rileva il Tribunale riteneva infondato il motivo di appello relativo alla pretesa di versamento della sanzione in favore dell’ente consortile dell’Unione dei comuni e non in favore del comune di San Mauro Torinese dov’era avvenuta la violazione.

L’Unione dei comuni, infatti, era un soggetto abilitato a ricevere i proventi delle sanzioni.

Il Tribunale rigettava anche il motivo di appello relativo alla mancanza di prova circa il fatto che il veicolo guidato dal ricorrente si trovasse in movimento al momento dell’accertamento, in quanto il verbale faceva prima piena prova fino a querela di falso di quanto accertato dall’agente verbalizzante e, peraltro, la prova che il veicolo si trovasse in movimento sarebbe stata superflua. Rigettava il motivo di gravarne con cui si lamentava l’omessa produzione del verbale redatto in occasione dell’accertamento e redatto con sistema di elaborazione dati, ai sensi dell’art. 385 reg. att. C.d.S., comma 3, e condannava l’opponente al pagamento delle spese di lite pari a Euro 792 con un aumento dell’80% per la particolare complessità della causa.

4. M.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso.

5. La prefettura di Torino si è costituita tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione della causa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione falsa applicazione del decreto ministeriale n. 55 del 2014.

La censura attiene alla regolamentazione delle spese del giudizio di appello da parte del Tribunale di Torino che ha considerato la causa di particolare complessità e ha aumentato dell’80% la condanna alle spese del ricorrente.

Secondo il ricorrente il calcolo dell’importo sarebbe comunque errato, posto che il valore dichiarato della causa era di Euro 341 e dunque, all’avvocato doveva essere riconosciuto un importo pari a Euro 125 che pur maggiorato dell’80% non poteva superare i 450 Euro

1.2 Il primo motivo di ricorso è infondato.

Il D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1 prevede che: “Ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In ordine alla difficoltà dell’affare si tiene particolare conto dei contrasti giurisprudenziali” e della quantità e del contenuto della corrispondenza che risulta essere stato necessario intrattenere con il cliente e con altri soggetti. Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati di regola sino all’80 per cento, ovvero possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento”.

Il ricorrente ha sollevato questioni particolarmente complesse rispetto al valore della causa e, in ogni caso, la valutazione del giudice su tale complessità non è sindacabile da questa Corte se non nei ristretti limiti della violazione di legge o dell’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Quanto alla violazione dei parametri di legge, il ricorrente non tiene conto della motivazione della sentenza impugnata che ha precisato come la causa rientrasse nello scaglione fino ad Euro 1100 e che, sulla base della maggiorazione dell’80 per cento per la complessità della controversia, i compensi erano liquidati in Euro 225 per la fase di studio, in Euro 225 per la fase introduttiva e in Euro 342 per la fase decisionale.

Il ricorrente, invece, pone alla base del suo calcolo solo l’importo pari ad Euro 125 senza neanche precisare a quale fase esso si riferisca.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 208 C.d.S., comma 1, nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c..

La censura verte sulla legittimazione a riscuotere la sanzione da parte della Unione di comuni secondo quanto affermato dal tribunale di Torino e non del singolo Comune di San Mauro Torinese dov’era avvenuta la violazione come risulterebbe dalla art. 208 C.d.S. e dallo statuto dell’Unione dei comuni in questione.

2.1 Il secondo motivo è infondato.

L’art. 208 C.d.S. non è di ostacolo alla previsione di una convenzione tra Comuni che possono ricorrere a servizi comuni sia nella funzione di accertamento delle violazioni al C.d.S. che nella destinazione dei proventi per le finalità istituzionali previste dalla legge, quali la messa a norma e la manutenzione programmata delle dotazioni di sicurezza della rete stradale.

Peraltro, deve evidenziarsi come il ricorrente non abbia alcun interesse a far valere la suddetta censura, spettando al più al Comune, eventualmente, pretendere la destinazione della somma in luogo dell’Unione dei Comuni.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 157 C.d.S. e dell’art. 173C.d.S., comma 2, nonchè omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.

La censura attiene al fatto che non vi era alcuna prova della situazione di marcia del veicolo ma si faceva riferimento alla sola guida, mentre ai sensi dell’art. 157 C.d.S. la guida non può essere equiparata alla situazione di marcia.

3.1 Il terzo motivo è manifestamente infondato.

Il ricorrente è stato sanzionato perchè durante la guida, mentre impegnava un incrocio, faceva uso di un apparecchio radio telefonico. In proposito la sentenza impugnata risulta correttamente motivata nella parte in cui afferma che il verbale fa piena prova fino a querela di falso circa il fatto che la vettura era in movimento e la censura del ricorrente non si confronta con tale affermazione.

In ogni caso, deve precisarsi che l’art. 157 C.d.S. dispone che per arresto si intende l’interruzione della marcia del veicolo dovuta ad esigenze della circolazione e, in questi casi, permane il divieto di usare far uso di apparecchi radiotelefonici. Infatti, sarebbe del tutto irragionevole immaginare che, in casi come quello in esame, il conducente, al momento di impegnare un incrocio in attesa del passaggio delle vetture con precedenza e con l’obbligo di sgomberare l’area il prima possibile, possa tranquillamente utilizzare un apparecchio radiomobile proprio nel momento di maggior pericolo, per il solo fatto che il veicolo si è momentaneamente arrestato.

La ratio del divieto di cui all’art. 173 C.d.S., comma 2, (D.Lgs. n. 285 del 1992), infatti, risiede nell’impedire comportamenti che siano in grado di provocare una situazione di pericolosità nella circolazione stradale, inducendo il guidatore a distrarsi e a non consentire di avere con certezza il completo controllo del veicolo in movimento.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, falsa applicazione dell’art. 385 reg. att. C.d.S., comma 1, e del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18 nonchè violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6 ovvero omesso esame di un fatto decisivo per la controversia.

La censura attiene alla mancanza di documentazione relativa al verbale di accertamento che non era stato trasfuso agli atti neanche in copia conforme e non vi era corrispondenza delle date tra il verbale relativo all’accertamento è quello redatto successivamente dall’agente relativo a quanto in precedenza accertato.

4.1 Il quarto motivo è infondato.

Il Tribunale ha dato atto che la prefettura aveva prodotto nel giudizio di primo grado il verbale cui faceva riferimento l’ordinanza ingiunzione. Tale verbale era stato redatto dall’organo accertatore in modo meccanizzato, ai sensi dell’art. 384 reg. att. C.d.S., e conteneva tutti i requisiti previsti di tempo e luogo dell’accertamento e le ragioni per cui non era stata possibile la contestazione immediata e costituiva piena prova dei fatti in esso indicati. Lo stesso, peraltro, era stato notificato in modo conforme a quanto previsto dal successivo art. 385, ovvero con il modulo prestampato recante l’intestazione dell’ufficio o comando.

Nessuna violazione delle norme indicate dal ricorrente si è dunque prodotta. La copia consegnata all’ufficio postale recava l’attestazione di conformità e come risultava dallo stesso verbale si dava atto del nominativo dell’accertatore e del responsabile del procedimento.

5. Il ricorso è rigettato. Nulla sulle spese essendosi costituita in giudizio la parte intimata al solo fine di partecipare all’eventuale discussione.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il, versamento da parte del ricorrente di un’ulteriore imposta a titolo del contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile, il 16 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

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