Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23328 del 05/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/10/2017, (ud. 22/06/2017, dep.05/10/2017),  n. 23328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12999/2016 proposto da:

C.M.S., C.P., elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA AMELIA 15, presso lo studio dell’avvocato CARLA LICIGNANO,

rappresentate e difese dall’avvocato FRANCESCO GALLUCCIO MEZIO;

– ricorrenti –

contro

BANCA POPOLARE PUGLIESE SCPA, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN SEBASTIANELLO 6, presso

lo studio dell’avvocato RAFFAELE CAPPIELLO, rappresentata e difesa

dagli avvocati RAFFAELE DELL’ANNA, GIUSEPPE DELL’ANNA MISURALE;

– controricorrente –

e contro

CAF SPA, quale mandataria di RUBIDIO SPV SRL, in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 44,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO TARTAGLIA, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

ITALFONDIARIO SPA, nella sua qualità di procuratore della CASTELLO

FINANCE SRL, in persona del procuratore speciale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUIGI LILLO, 95 presso lo studio

dell’avvocato MICHELE FERRARI, rappresentata e difesa dagli avvocati

ANTONIO GRECO, FRANCESCA GRECO;

– controricorrente –

e contro

M.S., P.A., CURATELA DEL FALLIMENTO

M.B. E A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 582/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 03/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 22/06/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

BNL s.p.a. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Lecce M.S. e altri deducendo che il M., quale fideiussore di Tessitura Abiesse dei F.lli M. s.n.c., aveva alienato alcuni beni di sua proprietà alle nuore C.P. e C.M.S. e chiedendo che l’atto di compravendita fosse dichiarato simulato o revocato ai sensi dell’art. 2901 c.c.. Il processo venne dichiarato interrotto a seguito del fallimento dei soci di Tessitura Abiesse dei F.lli M. s.n.c.. Il Tribunale adito, previa riunione dell’analogo giudizio promosso da Banca Popolare Pugliese, dichiarò l’improcedibilità della domanda motivando nel senso che la legittimazione a proporre l’azione spettava al curatore fallimentare. Avverso detta sentenza proposero appello Banca Popolare Pugliese ed appello incidentale BNL e Italfondiario s.p.a. (procuratore di Castello Finance s.r.l.). Con sentenza di data 3 settembre 2015 la Corte d’appello di Lecce accolse l’appello e dichiarò l’inefficacia ai sensi dell’art. 2901 della compravendita.

Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, che sussisteva il presupposto oggettivo dell’azione perchè M.S. immediatamente dopo l’emissione del decreto ingiuntivo si era spogliato di quasi tutti i cespiti di cui era proprietario, mentre sui beni rimasti in sua proprietà risultava iscritta ipoteca per il valore di Euro 235.000,000 e BPP, BNL e Castello Finance s.r.l. vantavano crediti per Euro 400.000,00 (inoltre i beni di Abiesse s.n.c. erano stati acquisiti alla massa fallimentare ed i soci illimitatamente responsabili erano impossidenti). Aggiunse che ricorreva anche il presupposto soggettivo perchè della situazione di crisi di Abiesse s.n.c. e dell’incapienza dei soci erano consapevoli sia l’alienante (il quale aveva sostenuto l’attività economica di Abiesse s.n.c., piccola società a conduzione familiare e fonte di reddito del nucleo familiare) che le acquirenti, moglie dei soci, e che la piena consapevolezza circa la finalità di sottrazione alla garanzia dei creditori era confermata dalla falsa dichiarazione al notaio rogante da parte delle acquirenti in ordine alla mancanza di comunione legale con i coniugi.

Hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo C.P. e C.M.S. e resistono con controricorso Banca Popolare Pugliese, CAF s.p.a. e Italfondiario s.p.a.. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi d’inammissibilità del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con l’unico motivo si denuncia violazione dell’art. 2901 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano le ricorrenti che, essendo il M. proprietario di altri beni, non era stato provato il pregiudizio alle ragioni dei creditori e che la motivazione era insufficiente per essersi basata solo sull’elemento dell’ipoteca e di ingenti crediti, senza disporre l’invocata CTU. Aggiungono che carente era anche il requisito soggettivo, non potendo trarsi dal fatto che le acquirenti fossero le mogli dei soci la conoscenza delle difficoltà economiche della società, le quali peraltro attraversavano una crisi temporanea, tanto da ottenere il beneficio dell’amministrazione controllata, che non presupponeva lo stato di insolvenza, e che non era immaginabile che il fideiussore, in costanza di tanto, non potesse disporre del proprio patrimonio.

Il motivo è inammissibile. La deduzione con la quale si contesti al giudice del merito non di non aver correttamente individuato la norma regolatrice della questione controversa o di averla applicata in difformità dal suo contenuto precettivo, bensì di avere o non avere erroneamente ravvisato, nella situazione di fatto in concreto accertata, la ricorrenza degli elementi costitutivi d’una determinata fattispecie normativamente regolata, è inammissibile come censura ai sensi dell’art. 360, n. 3, giacchè tale valutazione non comporta un giudizio di diritto ma un giudizio di fatto, da impugnarsi, se del caso, sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. 30 marzo 2005, n. 6653; 29 aprile 2002, n. 6224). Le ricorrenti denunciano la violazione di legge mediante la deduzione dell’erronea valutazione delle circostanze di fatto, mirando così surrettiziamente alla rivisitazione del merito. Il motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, va proposto sulla base dell’accertamento del fatto compiuto da parte del giudice di merito e non mediante una diversa rappresentazione del fatto, la quale presuppone la denuncia del vizio motivazionale (peraltro, nell’articolazione del motivo, vi è un riferimento al vizio motivazionale, dedotto però secondo le forme non più vigenti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Peraltro il giudice di appello ha applicato il principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui in merito all’art. 2901 c.c., non si richiede per l’accoglimento dell’azione revocatoria lo stato di insolvenza del debitore garantito o del garante o la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore ma l’eventus damni sussiste in ogni caso in cui l’atto di disposizione renda più incerta e difficoltosa la realizzazione del credito, il che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso (da ultimo fra le tante Cass. 8 aprile 2016, n. 6839).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in favore di ciascuna delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2017

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