Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23327 del 18/09/2019

Cassazione civile sez. I, 18/09/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 18/09/2019), n.23327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13957/2017 proposto da:

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Cogei S.r.l. in Liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Ildebrando Goiran n. 4,

presso lo studio dell’avvocato Ballatore Benedetta, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gatto Andrea, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4396/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/05/2019 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 4396/2016, depositata in data 25/11/2016, – in controversia concernente l’opposizione proposta dal Ministero di Giustizia avverso decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano nel 2011, con il quale si era ingiunto all’amministrazione di pagare alla Cogei srl la somma di oltre Euro 144.000, oltre interessi di mora previsti dal D.Lgs. n. 231 del 2002, a titolo di corrispettivo per il noleggio di attrezzature per la radiolocalizzazione e monitoraggio ambientale, in favore di diverse Procure della Repubblica, – ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto l’opposizione del Ministero.

In particolare, i giudici d’appello hanno respinto l’eccezione di giudicato esterno sollevata dall’appellata Cogei (in relazione ad altro decreto ingiuntivo, n. 13924/2011, ottenuto dalla società, nei confronti sempre del Ministero di Giustizia, per compenso del noleggio di analoghe attrezzature in favore di Procure della Repubblica, non opposto e quindi divenuto irrevocabile), rilevando che i rapporti giuridici oggetto dei due provvedimenti monitori erano distinti, “sostanziandosi in due contratti di locazione di beni mobili differenti, pur inseriti nell’alveo di una collaborazione continuativa”; quindi, la Corte territoriale ha sostenuto che ogni singolo preventivo scritto, inoltrato dalla società alla Procura della Repubblica interessata, contenente la descrizione dell’oggetto dell’offerta, del costo giornaliero per il noleggio e dei costi per le prestazioni accessorie, ed accettato dal destinatario, integrava gli estremi della forma scritta ad substantiam richiesta per un valido accordo contrattuale della pubblica amministrazione, pur in assenza di una preventiva procedura di gara selettiva; ad avviso della Corte territoriale, l’attività di noleggio delle attrezzature dei privati per le intercettazioni non integrava una spesa straordinaria ex art. 70 del TUSG, atteso che il contenuto della prestazione con il relativo prezzo era stato pattuito nell’ambito di un negozio conclusosi iure privatorum, di locazione di bene mobile.

Avverso la suddetta pronuncia, il Ministero della Giustizia propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di Cogei srl, in liquidazione (che resiste con controricorso). Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, R.D. n. 2240 del 1923, art. 17 e D.Lgs. n. 163 del 2006, artt. 34 e segg., dovendo ritenersi errato il giudizio della Corte d’appello in ordine alla formazione dell’accordo tra le parti per (acta concludentia, in difetto di un contratto scritto proveniente dall’organo della P.A. competente ad eternare la volontà dell’ente; 2) con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.P.R. n. 115 del 2002, art. 3, comma 1, lett. n), art. 5, lett. i bis, artt. 70, 71, 168, 170 e 171, dovendo il corrispettivo in oggetto afferire alle spese straordinarie indispensabili ex art. 71 TUSG disposte dall’Autorità giudiziaria in caso di necessità, con conseguente rispetto dell’iter di liquidazione del compenso ivi stabilito, integrato dall’emissione di un decreto di liquidazione ex art. 168 citato, non essendo sufficiente la mera fattura quietanzata dal magistrato procedente; 3) con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 4, avendo erroneamente la Corte d’appello ritenuto, oltre che rituale la procedura monitoria attivata, anche applicabile la suddetta normativa per la parte concernente la disciplina degli interessi moratori, laddove non essendosi in presenza di una comune transazione commerciale, non essendo ammissibile una decorrenza degli interessi moratori prima dell’emanazione del decreto di liquidazione del corrispettivo, costituente il titolo esecutivo.

2. Preliminarmente, la controricorrente ha riproposto, anche in memoria, l’eccezione di giudicato esterno, sollevata in appello e respinta dalla Corte territoriale, assumendo che nei due procedimenti monitori (quello oggetto del presente giudizio e quello passato in giudicato per mancata opposizione ex art. 645 c.p.c.) vi sarebbe identità soggettiva (parti) ed oggettiva (causa petendi).

Anzitutto, come questa Corte ha già avuto modo di affermare (da ultimo Cass. S.U. 13195/2018), la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando di interesse al riguardo, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le domande o le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perchè assorbite (o anche quelle esplicitamente respinte qualora l’eccezione mirava a paralizzare una domanda comunque respinta per altre ragioni), ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (v. Cass. n. 24021/2016; Cass., Sez, Un., n. 7700/2016; Cass., Sez, Un., n. 11799/2017) e tale principio – pur in difetto nella disciplina del giudizio di cassazione di una norma omologa a quella prevista al citato art. 346 c.p.c. – trova invero applicazione anche in caso d’impugnazione con ricorso per cassazione, mezzo per devolvere alla cognizione di questa Corte eccezioni e questioni non esaminate dal giudice del gravame (v., da ultimo, Cass., Sez, Un., n. 11799/2017 e Cass. S.U. 13195/2018).

Tanto premesso, l’eccezione di giudicato esterno non è fondata, come correttamente affermato già dalla Corte d’appello.

Invero, ricorre l’effetto preclusivo del giudicato esterno allorchè tra il giudizio in corso e quello definito, con sentenza inoppugnabile, sussista, oltre che identità di parti, una piena identità di causa petendi e di petitum, il che non può verificarsi qualora siano azionati in giudizio due crediti diversi, sebbene relativi ad uno stesso rapporto che si protrae nel tempo, per la cui concreta realizzazione sono necessari due distinti titoli esecutivi; invero, avuto riguardo all’identità di causa petendi, rilevano non tanto le ragioni giuridiche enunciate dalla parte a fondamento della pretesa avanzata in giudizio, bensì l’insieme delle circostanze di fatto che la parte stessa pone a base della propria richiesta, essendo compito precipuo del giudice la corretta identificazione degli effetti giuridici scaturenti dai fatti dedotti in causa (cfr. Cass. 14593/2004; nel caso di specie, questa Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva negato la sussistenza di un giudicato costituito da un precedente giudizio in cui venivano azionati crediti relativi al mancato pagamento di oneri consortili in riferimento ad un anno differente rispetto a quello dedotto in causa, e di conseguenza aveva negato efficacia di giudicato alla esclusione della responsabilità solidale tra condominio e condomini, affermata in quella sede; Cass. 16688/2018).

Nella specie, si trattava di rapporti giuridici distinti, che avevano dato luogo a prestazioni diverse, i cui crediti da compenso erano stati azionati separatamente, con conseguente insussistenza degli effetti del giudicato ex art. 2909 c.c..

3. Il ricorso è fondato nei sensi di cui in motivazione.

Questa Corte, con pronuncia n. 2074/2019, ha già chiarito che “in materia di spese di giustizia, la liquidazione del compenso per il noleggio ad una Procura della Repubblica di apparecchiature destinate ad intercettazioni telefoniche ed ambientali, intendendosi con ciò la messa a disposizione delle menzionate apparecchiature e, se del caso, del personale addetto al loro funzionamento, deve essere effettuata ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 168”; l’art. 168 T.U.S. prevede che “la liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato e dell’indennità di custodia è effettuata con decreto di pagamento, motivato, del magistrato che procede”.

Questa Corte ha ritenuto che alle spese del processo penale anticipate dall’erario e ripetibili, contemplate dal T.U. sulle spese di giustizia, D.P.R. n. 115 del 2002, art. 5 comma 1, ed in particolare alle spese straordinarie, contemplate nella disposizione di chiusura del comma 1 citato ed esplicitate dall’art. 70 successivo (secondo cui: “Sono spese straordinarie quelle non previste nel presente testo unico e ritenute indispensabili dal magistrato che procede, il quale applicherà, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. 61, 62 e 63 e dell’art. 277 e per l’importo utilizzerà prezzari analoghi. Il decreto di pagamento è disciplinato dagli artt. 168, 169, 170 e 171”), sono equiparate anche le spese in oggetto, vale a dire le spese per il noleggio di strumentazioni utili all’esecuzione di intercettazioni telefoniche ed ambientali, cosicchè la loro quantificazione non è mai affidata alla libera contrattazione, ma si svolge nel rispetto di previsioni autoritative alle quali, in sede di liquidazione, occorre attenersi. In definitiva, “le attività strettamente funzionali ed inerenti al processo penale, e le relative spese, si connotano per il loro rilievo pubblicistico e si collocano al di fuori della libera contrattazione, sicchè la liquidazione di queste ultime deve inalvearsi nell’apposito procedimento previsto dal testo unico”.

Questa Corte peraltro già con la sentenza n. 2573/2016 (riguardante un’opposizione T.U. n. 115 del 2002, ex art. 170, promossa da una società, che aveva messo a disposizione dell’Ufficio giudiziario gli impianti per eseguire le intercettazioni telefoniche, avverso il decreto della Procura della Repubblica di liquidazione del compenso, lamentandosi la mancata liquidazione dei compensi per le attività di tracciamento riferite a comunicazioni internazionali) aveva chiarito, in motivazione, che “le spese di intercettazione (pacificamente rientranti fra quelle di giustizia, anche alla luce della loro menzione, senza specifica disciplina, del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 5, lett. i-bis, introdotto dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 326) sono tradizionalmente ricondotte fra quelle straordinarie del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 70, come chiarito dalla Circolare del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia dell’8 ottobre 2002, n. 6 (v. art. 1, u.c.)”, affermando che “anche il soggetto non qualificabile come ausiliario del magistrato secondo la terminologia di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 3, è comunque legittimato a proporre opposizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, qualora si tratti di liquidazione di spese straordinarie del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 70”.

La sentenza della Corte d’appello non è dunque conforme a tale principio di diritto, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto che il credito della società, correlato a prestazioni svolte nell’ambito di un rapporto privatistico, potesse essere azionato in via monitoria.

Invece, pur non essendo i gestori di telefonia (in relazione ai quali opera il D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 96,Codice delle comunicazioni elettroniche che stabilisce l’obbligatorietà per gli operatori telefonici delle “prestazioni a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie”) e le ditte che noleggiano apparati funzionali alle operazioni di intercettazione “ausiliari” del magistrato, e tantomeno custodi, l’estensione della disciplina di cui all’art. 168 del Testo Unico anche alla liquidazione delle spese per intercettazioni costituisce affermazione consolidata. Questa Corte, infatti, valorizzando l’espressione “magistrato che procede”, contenuta nel citato art. 168, ha individuato difatti il magistrato competente alla liquidazione delle spese in parola nell’autorità giudiziaria “cui è demandata la decisione nel merito e che, per tale ragione, ha la disponibilità e la signoria degli atti al momento della richiesta di liquidazione” (Cass. pen. 34184 del 6 settembre 2012; Cass. pen. 19650 dell’8 maggio 2009; Cass. pen. 7710 del 20 febbraio 2009; Cass. pen. 21703 del 29 maggio 2008; Cass. pen. 21757 del 22 giugno 2006).

Vero che, come osservato dalla controricorrente in memoria, il T.U. n. 115 del 2002, art. 5, sulle spese di giustizia, nell’ambito delle disposizioni generali relative al processo penale, ha individuato, alla lett. i bis), a seguito di una novella del 2004, tra le spese ripetibili ” i-bis) le spese relative alle prestazioni previste dal D.Lgs. 10 agosto 2003, n. 259, art. 96 e quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime” (estrapolandole dal novero delle spese straordinarie); tuttavia, come rilevato nel precedente di questa Corte n. 2074, tale disposizione individua anche, a mò di norma di chiusura, tra le spese ripetibili “h) le spese straordinarie”, che, secondo il successivo art. 70, sono quelle non previste dal testo unico e ritenute indispensabili dal magistrato che procede.

L’art. 168 bis, introdotto dal D.Lgs. n. 120 del 2018, prevede, ora, espressamente che la liquidazione delle spese relative alle prestazioni di cui al D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 96 e di quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime sia “effettuata senza ritardo con decreto di pagamento del pubblico ministero che ha richiesto o eseguito l’autorizzazione a disporre le operazioni di intercettazione” e che, avverso il decreto di pagamento è ammessa opposizione ai sensi dell’art. 170 della stessa Legge.

Il suddetto intervento legislativo, che ha equiparato la disciplina delle spese per cui è causa a quella delle spese straordinarie di giustizia, non potendo le stesse rientrare nell’ambito di un rapporto privatistico, deve ritenersi confermativo della interpretazione giurisprudenziale, che va quindi confermata; il legislatore è intervenuto per eliminare essenzialmente i dubbi interpretativi inerenti all’individuazione dell’autorità giudiziaria (PM o GIP).

Tale disposizione recepisce dunque gli orientamenti giurisprudenziali pregressi, confermando la volontà del legislatore di inserire le spese per intercettazioni nel novero di quelle di giustizia, anche con riguardo alle modalità di liquidazione.

La questione dell’applicabilità degli interessi commerciali è di conseguenza assorbita.

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, in quanto il credito non poteva essere azionato in sede monitoria, con conseguente caducazione anche del decreto ingiuntivo. Ricorrono giusti motivi, rappresentati dal solo recente consolidarsi della giurisprudenza di questo giudice di legittimità, per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2019

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