Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23324 del 05/10/2017
Cassazione civile, sez. VI, 05/10/2017, (ud. 07/06/2017, dep.05/10/2017), n. 23324
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16333/2016 proposto da:
EREDI DI C.M. S.R.L., IN LIQUIDAZIONE – C.F. (OMISSIS),
in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA PIEMONTE 9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO
ALTIERI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO PAOLO SISTO;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI SANNICANDRO DI BARI – C.F. (OMISSIS), in persona del
Sindaco in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX
SETTEMBRE 3, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MICCOLIS, che
lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2036/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 22/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 07/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
la Eredi di C.M. s.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi illustrati con memoria, avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 2036/2015, depositata il 22 dicembre 2015, con la quale è stato accolto l’appello proposto dal Comune di Sannicandro di Bari nei confronti della decisione n. 463/2010, con la quale il Tribunale di Bari aveva condannato l’ente pubblico al pagamento, in favore della predetta società, della somma di Euro 110.504,52, oltre interessi legali, a titolo di rimborso dei costi aggiuntivi dello smaltimento dei rifiuti in discarica controllata, rispetto agli oneri ordinari scaturenti dal contratto di appalto del 17 maggio 1983, integrato dal contratto aggiuntivo in data 20 gennaio 1989;
il Comune di Sannicandro di Bari ha replicato con controricorso e con memoria;
Considerato che:
con il primo motivo di ricorso – denunciando l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia riconosciuto all’istante, peraltro con motivazione del tutto incongrua, il rimborso, a titolo di arricchimento senza causa, delle somme anticipate in adempimento di un debito del Comune;
la censura è inammissibile, atteso che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, non consente di denunciare più, ai sensi della norma in esame, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, e che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053);
nel caso concreto, la ricorrente lamenta, per contro, che la Corte territoriale non abbia dato conto di “avere esaminato seppure minimamente, il materiale probatorio acquisito nel processo e di avere ignorato elementi di prova astrattamente decisivi” ai fini della decisione”;
il secondo motivo è inammissibile, atteso che il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano erronee (Cass. 28/02/2012, n. 3010; Cass. 26/06/2013, n. 16038; Cass. 12/01/2016, n. 287), mentre la doglianza in esame si traduce in una inammissibile rivisitazione del merito della controversia, anche con riferimento all’interpretazione degli articoli del capitolato di appalto che, avendo natura contrattuale, non possono costituire oggetto di censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Cass. 16/06/2011, n. 13229);
il terzo motivo è inammissibile, poichè non coglie la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, che non affronta affatto le questioni relative all’ammissibilità dell’azione ex art. 2041 c.c., oggetto della censura, limitandosi a rilevare che l’obbligo di pagamento dei maggiori costi richiesti dall’impresa “deve essere oggetto di modifica contrattuale scritta e contemplare la relativa previsione di spesa, nonchè copertura in bilancio”.
Ritenuto che:
di conseguenza, il ricorso debba essere dichiarato inammissibile.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente, in favore del controricorrente, alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.700,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2017