Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23316 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. II, 23/10/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 23/10/2020), n.23316

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3932/2016 R.G. proposto da:

N.A., E A.A., rappresentati e difesi dall’avv.

Gianpaolo Dalessio Clementi, elettivamente domiciliati in Roma, Via

Cicerone n. 60, presso l’avv. Paolo Ciuffa.

– ricorrenti –

contro

P.G., P.A., PO.AN., p.c.,

rappresentati e difesi dall’avv. Federico Barbano, elettivamente

domiciliati in Roma, Via F. Nicolai n. 70, presso l’avv. Luca

Gabrielli.

– controricorrenti –

e

PE.RO..

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 1095/2015,

depositata in data 22.9.2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26.6.2020 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata in data 26.11.2002, N.A. e A.A., proprietari dell’immobile sito al primo piano del Condominio (OMISSIS), hanno convenuto in giudizio p.a. e c., proprietarie dell’immobile confinante, lamentando che le convenute avevano praticato un’apertura sul muro perimetrale in titolarità esclusiva degli attori, apponendovi illegittimamente una canna fumaria e una bocchetta di sfiato.

Hanno chiesto di disporre la chiusura del varco e l’eliminazione delle opere abusive o, in via subordinata, di dichiarare l’usucapione del cortiletto antistante la loro proprietà (delimitato dal muro su cui era stata realizzata l’apertura), con vittoria di spese processuali.

Le convenute hanno resistito alla domanda, instando in via riconvenzionale per far accertare la loro piena proprietà sul cortile controverso, anche a titolo di usucapione.

Esaurita la trattazione, il tribunale di Savona ha accolto la domanda principale, respingendo le riconvenzionali e regolando le spese.

Su appello di p.c., Pe.Ro. e P.G., A. e An., eredi legittimi di p.a., deceduta in corso di causa, la Corte genovese ha parzialmente riformato la decisione. Secondo il giudice d’appello, nè il titolo di acquisto degli attori (rogito del 17.5.1972), nè l’atto di acquisto del dante causa delle convenute (rogito del 22.1.1975) attribuivano la proprietà esclusiva del cortile interno ad alcuna delle parti ed anzi detto cortile, essendo destinato a dare luce ed aria all’intero edificio, ricadeva nella presunzione di condominialità di cui all’art. 1117 c.c., benchè l’accesso fosse possibile solo dall’unità abitativa degli A. – N.. Pertanto, le convenute, nel realizzare le opere in aggetto e l’apertura sul muro perimetrale, avevano utilizzato in modo più intenso il cortile comune, senza pregiudicare il pari uso degli altri comproprietari ai sensi dell’art. 1102 c.c..

La cassazione della sentenza è chiesta da N.A. e A.A., con ricorso in quattro motivi, illustrati con memoria.

p.c., P.G., P.A. e Po.An., anche quali aventi causa da Pe.Ro., deceduta in corso di causa, hanno depositato controricorso.

P.A. e Po.An. hanno depositato memoria di costituzione quali eredi di P.G., deceduto in pendenza del presente giudizio di legittimità, nonchè, unitamente a p.c., memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le censure di inammissibilità del ricorso sono infondate.

Risultano adeguatamente individuate le questioni in diritto sottoposte allo scrutinio di legittimità e le critiche mosse alla sentenza impugnata, con modalità che consentono un compiuto esame dell’impugnazione, nonostante la denunciata sovrapposizione e/o mescolanza delle censure con riferimento a singoli profili controversi.

2. Il primo motivo di ricorso denuncia – letteralmente – la violazione di norme di diritto e dell’art. 112 c.p.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-5, per aver la sentenza respinto le domande volte all’eliminazione delle opere abusive, affermando che il cortile controverso ricadeva tra le parti comuni dell’edificio, benchè nessuna delle parti avesse allegato la natura condominiale di tale porzione, avendone – al contrario – rivendicato la proprietà esclusiva. Il motivo è infondato.

La domanda di rispristino dello stato dei luoghi proposta dai ricorrenti era fondata sulla pretesa appartenenza esclusiva del muro perimetrale e del cortile interno su cui aggettavano le opere. I convenuti avevano – a loro volta – rivendicato la titolarità esclusiva dei medesimi cespiti, assumendo la piena legittimità delle opere ivi realizzate.

L’accertamento del regime di appartenenza (comune o esclusiva) del cortile era – dunque – questione non estranea al tema di giudizio, avendo rilievo per stabilire la legittimità delle opere denunciate e pertanto la Corte distrettuale, nell’attribuire al bene natura condominiale, non è incorsa nel vizio di ultra-petizione.

L’art. 112 c.p.c., non riguarda le ragioni di fatto o di diritto della decisione, ma solo il dispositivo della pronuncia e ricorre qualora il giudice, con la statuizione adottata, trascenda i limiti fissati dalle contrapposte richieste ed eccezioni delle parti (Cass. 2830/1997).

Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato non osta – inoltre – a che il giudice d’appello operi una ricostruzione dei fatti diversa da quella prospettata o ponga a fondamento della decisione proprie argomentazioni basate sulle risultanze processuali, anche se aggiuntive o diverse rispetto a quelle dedotte, giacchè la valorizzazione delle emergenze di causa rientra nelle attribuzioni del giudice dell’impugnazione (Cass. 20932/2019; Cass. 26999/2005; Cass. 18458/2005).

3. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, per aver la sentenza travisato le risultanze processuali, avendo collocato l’immobile di controparte al piano strada, mentre dal rogito di acquisto del 17.5.1972 risultava che il bene era posto al primo piano, e per aver confuso il cortiletto oggetto di lite con altro e diverso cortile presente sull’altro lato dell’edificio.

Il motivo è inammissibile, poichè è carente dell’illustrazione della decisività dell’errore denunciato (Cass. s.u. 8053/2014).

La Corte di merito ha dato atto che l’alloggio compravenduto, posto al primo piano, confinava, tra l’altro, con il cortile (cfr. sentenza, pag. 5, par. 4.3), senza quindi includere quest’ultimo (o altro cortile) nella porzione trasferita in proprietà esclusiva agli A. – N..

Nell’asserire che il titolo si riferisse – in realtà – ad un diverso cortiletto interno posto al primo piano e non al piano strada, i ricorrenti non indicano quali elementi – evincibili dal rogito di acquisto – consentirebbero di includere la porzione controversa nella consistenza da essi acquistata, non superando il rilievo, formulato dal giudice di merito, che nessun cortile era stato oggetto del trasferimento disposto con rogito del 17.5.1972, essendo tale bene confinante con l’immobile acquistato dai ricorrenti (cfr., sentenza, pag. 5).

4. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 112,115,116 c.p.c. e art. 1158 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, per aver la sentenza ritenuto indimostrata l’usucapione del cortile, trascurando il contenuto delle prove orali, da cui era emerso che il varco di accesso, realizzato abusivamente dalle convenute, non era originariamente sussistente e che, per accedere al cortile, queste ultime non avevano mai utilizzato la porta posta all’interno della proprietà degli A. – N..

La censura è inammissibile per difetto di pertinenza.

La Corte distrettuale ha espressamente riconosciuto che era possibile accedere al cortile solo dalla proprietà esclusiva dei ricorrenti, ma ha ugualmente ritenuto che detto cortile ricadesse nella presunzione di condominialità ai sensi dell’art. 1117 c.c., in mancanza di un titolo contrario, poichè il bene era destinato a dare luce ed aria allo stabile comune (cfr. sentenza, pag. 6).

Come già affermato da questa Corte, era – a tal fine – decisiva la relazione di accessorietà funzionale dell’immobile rispetto all’intero edificio e non il fatto che al cortile si accedesse solo dalla proprietà esclusiva dei ricorrenti (o che non fosse stato mai utilizzata dalle convenute la porta di accesso situata nella proprietà A. – N.), poichè l’utilità particolare di cui beneficiavano i ricorrenti non poteva incidere sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all’edificio, come individuato in sentenza (Cass. Cass. 17556/2014; Cass. 4350/2000; Cass. 4625/1984; Cass. 2073/1972).

5. Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 112,115,116 c.p.c., artt. 1158,832,1102 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la Corte di merito erroneamente ritenuto che le opere realizzate dai resistenti integrassero un legittimo uso del bene comune, trascurando che il cortile era di proprietà esclusiva e che il diritto dei ricorrenti si estendeva illimitatamente sulla colonna d’aria sovrastante, abusivamente occupata dalle opere che aggettavano sul cortile.

Il motivo, che si basa sull’asserita appartenenza esclusiva del cortile, è inammissibile, essendo, per quanto detto, incensurabile la pronuncia impugnata nel punto in cui ha riconosciuto la natura condominiale del cortile.

Il ricorso è respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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