Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23311 del 16/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 16/11/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 16/11/2016), n.23311

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6312/2013 proposto da:

COOP 2001 soc. coop. a r.l., (OMISSIS), in persona del Presidente e

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, alla Via

dei VALERI n. 1, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA ROSSI, che

la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, alla via

degli SCIPIONI 191, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ELMO,

che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 174/2012 della CORTE d’appello di ROMA del

3/11/2011, depositata il 12/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/07/2016 dal Consigliere Relatore, Dott.ssa Magda Cristiano;

udito l’avvocato Francesco Elmo, difensore del controricorrente, che

si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

1) La soc. cooperativa Coop 2001 a r.l., impugna con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, la sentenza della Corte d’appello di Roma del 12.1.012, che ha respinto l’appello da essa proposto avverso la sentenza di primo grado, che aveva annullato il provvedimento di esclusione del socio F.M.N., Delib. C.d.A. della società il 28 febbraio 1999.

F. resiste con controricorso.

2) Con l’unico motivo di ricorso la società, denunciando violazione degli artt. 2286 e 2697 c.c., deduce che l’esclusione era stata determinata dal fatto, pacifico, che il socio non si era presentato al lavoro per 40 giorni senza produrre alcuna giustificazione e che in corso di causa non aveva fornito prova che l’assenza fosse dovuta ad una malattia che gli precludeva di svolgere il lavoro notturno cui era stato adibito; altrettanto pacifica, a dire della ricorrente, era l’impossibilità di adibire il F. a lavori diurni: la corte del merito avrebbe pertanto errato sia nel ritenere che il socio avesse assolto all’onere della prova su lui gravante, sia nell’affermare che, per poter procedere all’esclusione, essa avrebbe dovuto dimostrare di aver adottato ogni misura necessaria per offrirgli la possibilità di prestare la propria attività lavorativa in condizioni compatibili con il suo precario equilibrio psico-fisico.

3) Il motivo, che si fonda sulle assiomatiche affermazioni dell’omesso assolvimento dell’onere della prova da parte del F. e della pacificità della circostanza inerente all’impossibilità di adibire il socio ad un lavoro diverso, entrambe contrastanti con gli accertamenti contenuti in sentenza, e che, in definitiva, si risolve nella richiesta di un integrale riesame del merito della controversia, appare inammissibile. Tanto potrebbe essere deciso in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Il collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne ha condiviso le conclusioni, peraltro non contrastate dalla ricorrente, che non ha depositato memoria.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.100, di cui Euro 100 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2016

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