Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23308 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. II, 23/10/2020, (ud. 14/02/2020, dep. 23/10/2020), n.23308

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5570/2016 proposto da:

C.D.F. E ASSOCIATI AVVOCATI STP, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA TACITO 41, presso lo studio dell’avvocato PAOLA PEZZALI,

rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO DE FEO;

– ricorrenti –

contro

MONCLIK SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 10,

presso lo studio dell’avvocato FILIPPO CASTELLANI, rappresentato e

difeso dall’avvocato VINCENZO SALERNO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3172/2015 del TRIBUNALE di MONZA, depositata

il 22/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/02/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. Con atto di citazione del 4 ottobre 2011 lo studio legale C.D.F. e F.L. s.t.p. conveniva in giudizio la società Monclick s.r.l., chiedendo di accertare la responsabilità della convenuta “ai sensi dell’art. 1490 c.c., per mancato adempimento dell’obbligo di garantire” che il bene dalla medesima venduto, un televisore, “sia in condizioni conformi al contratto al momento della consegna” e per l’effetto “condannare la stessa alla restituzione di quanto pagato, secondo la lettera dell’art. 1493 c.c., ovvero, in alternativa, alla riduzione del prezzo del bene ai sensi dell’art. 1492 c.c.”; il televisore, acquistato dall’attore presso il negozio on line, era infatti “affetto da vizi che ne diminuiscono in modo sensibile il valore, sia per un mero fattore estetico, sia per il malfunzionamento intervenuto”. La convenuta, costituendosi, anzitutto eccepiva l’incompetenza del giudice adito, poi chiedeva di accertare la propria carenza di legittimazione passiva e comunque di rigettare le domande di parte attrice “in quanto illegittime e infondate”.

Il Giudice di pace di Napoli, in accoglimento dell’eccezione proposta dalla società convenuta, con sentenza n. 29113/2013 dichiarava la propria incompetenza in favore del Giudice di pace di Monza. Riassunto il giudizio, il Giudice di pace di Monza decideva la causa con sentenza n. 1616/2014: rilevato che lo studio legale aveva instaurato la causa “nel presupposto che i vizi dell’apparecchio televisivo non fossero stati eliminati e non fosse stato soddisfatto il diritto a ottenere la consegna di un apparecchio integro ed esente da malfunzionamenti”, osservava che mancava la prova che l’intervento di riparazione avesse eliminato i vizi lamentati; pertanto accoglieva “la domanda di risoluzione del contratto (implicita nella richiesta di restituzione del prezzo)” e “per l’effetto” condannava la società convenuta alla restituzione del prezzo e dichiarava tenuto lo studio legale alla restituzione del televisore.

2. Avverso la decisione del Giudice di pace proponeva appello Monclick s.r.l., chiedendo, in riforma della sentenza di primo grado, di dichiarare la propria carenza di legittimazione passiva e, in via subordinata, di rigettare le domande dello studio legale. Con sentenza 22 dicembre 2015, n. 3172, il Tribunale di Monza accoglieva il gravame sul presupposto che l’intervenuta riparazione del televisore per un successivo guasto tecnico da parte della società appellante, non considerata dal giudice di prime cure, avesse fatto venire meno l’inadempimento rilevante ai fini della risoluzione; per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda dello studio legale.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione lo studio C.D.F. e Associati Avvocati s.t.p. (già C.D.F. e F.L. s.t.p.).

Resiste con controricorso la società Monclick s.r.l., chiedendo di dichiarare inammissibile e, comunque, di rigettare il ricorso, nonchè di condannare la ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi, tra loro strettamente connessi, dei quali è pertanto opportuna la trattazione congiunta.

a) Il primo motivo riporta “art. 360 c.p.c., n. 5, omesso e/o apparente esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di dibattito processuale tra le parti; omesso esame circa l’effettivo inadempimento per il quale è stata richiesta la risoluzione del contratto di vendita ossia i vizi estetici del televisore denunciati ai sensi dell’art. 1495 c.c. e secondo le condizioni generali di contratto e non esaminati dal giudice di secondo grado”: la causa, afferma il ricorrente, era stata introdotta per ottenere la risoluzione del contratto in virtù di vizi estetici del televisore ed il profilo relativo al guasto tecnico era esposto solo quale circostanza meramente collegata ai “veri e propri fatti costitutivi, quelli relativi ai vizi estetici”, mentre la domanda è stata rigettata sull’unico presupposto che il guasto tecnico era stato riparato; il giudice di secondo grado, pertanto, avrebbe omesso di valutare i fatti, decisivi se non esclusivi, dei vizi estetici del televisore, sui quali si era “esclusivamente” basata la domanda, concentrandosi su un profilo, il guasto tecnico, che rientrava solo “marginalmente” nella discussione.

b) Il secondo motivo denuncia “art. 360 c.p.c., n. 3, falsa applicazione dell’art. 1455 c.c., in luogo degli artt. 1490 e ss., derivante da errore sulla individuazione della norma generale ed astratta sotto cui sussumere la fattispecie”: il Tribunale ha ricondotto la vicenda in esame all’art. 1455 c.c., invece escluso in materia di vendita dalla previsione di cui all’art. 1490 c.c.; se il giudice d’appello non avesse erroneamente applicato l’art. 1455 c.c., avrebbe “dovuto concedere quanto meno un’equa riduzione sul prezzo del televisore in alternativa alla risoluzione del contratto di vendita”, in linea con le domande del ricorrente che aveva chiesto in alternativa alla risoluzione del contratto la riduzione del prezzo.

c) Il terzo motivo, sul “presupposto dell’accoglimento del primo”, lamenta “art. 360 c.p.c., n. 5, insufficiente e contraddittoria interpretazione del grave inadempimento di cui all’art. 1455 c.c., ed erronea applicazione dello stesso in ragione di omessa e/o carente ricostruzione della fattispecie concreta in merito ai vizi estetici del bene”: “anche a volere accedere alla tesi più restrittiva sull’applicabilità dell’art. 1455 c.c., ai contratti di vendita”, l’interpretazione data dal giudice d’appello del grave inadempimento sarebbe “insufficiente e contraddittoria”, essendo stato omessa la ricognizione dei fatti e delle prove relative ai vizi estetici del bene, così “falsando ab origine l’applicazione del grave inadempimento”.

I motivi sono inammissibili. Il ricorrente lamenta come il giudice d’appello abbia concentrato la propria attenzione sulla questione del funzionamento del televisore, così omettendo di considerare i “decisivi se non esclusivi” fatti costitutivi della domanda, ossia i vizi estetici del bene; in tal modo il Tribunale, anche grazie all’errata applicazione alla fattispecie dell’art. 1455 c.c., neppure ha riconosciuto l’equa riduzione del prezzo, che pure era stata chiesta in primo grado in alternativa alla risoluzione del contratto.

In realtà, i vizi estetici – che il ricorrente, in deroga all’onere di specificità non individua, ma semplicemente richiama, limitandosi nella “premesse in fatto” a parlare di “graffi e ammaccature” – sono stati considerati dal Tribunale (v. p. 4 del provvedimento impugnato), così che non sussiste l’omesso esame di fatti decisivi denunciato dal primo motivo, motivo che sembra dimenticare, parlando di domanda basata esclusivamente sui fatti costitutivi dei vizi estetici, che il malfunzionamento era non marginale, ma centrale nella prospettazione del ricorrente (v. l’estratto dell’atto di riassunzione di primo grado riportato alle pp. 10-11 del ricorso).

Il Tribunale, poi, ha ritenuto di riformare la pronuncia di primo grado in quanto il Giudice di pace aveva dichiarato la risoluzione del contratto senza considerare che i vizi di funzionamento del televisore erano stati eliminati con l’intervento di riparazione, così che il ripristino del funzionamento doveva determinare il rigetto della domanda di risoluzione; ratio decidendi rispetto alla quale l’affermazione del Tribunale circa le necessarie modalità di denuncia dei vizi estetici è da ritenersi una mera digressione, priva di rilievo decisorio.

Quanto alla denuncia di falsa applicazione dell’art. 1455 c.c., denuncia che non considera come in ogni caso l’art. 1490 c.c., richiede che i vizi rendano la (osa venduta inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore – che avrebbe comportato il mancato accoglimento della domanda di riduzione del prezzo, il ricorrente non tiene conto che sì aveva in primo grado chiesto la riduzione del prezzo in alternativa alla risoluzione del contratto, ma poi a fronte dell’accoglimento della domanda di risoluzione (con assorbimento di quella di riduzione del prezzo), non ha poi in appello riproposto la domanda di riduzione del prezzo (essendosi nella comparsa di risposta in appello limitato a chiedere la conferma della sentenza di primo grado, v. le conclusioni alla p. 23 dell’atto), così che questa non poteva essere esaminata dal Tribunale.

L’inammissibilità del primo motivo, infine, comporta quello del terzo, che ripropone la medesima censura, peraltro sotto il profilo, dell’insufficienza e contraddittorietà della motivazione, non più prospettabile davanti a questa Corte a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ad opera del D.L. n. 83 del 2012, art. 54 (convertito nella L. n. 134 del 2012).

II. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

La domanda di condanna ai sensi del comma dell’art. 96 c.p.c., non può essere accolta, non ricorrendo nel caso in esame i presupposti per l’applicazione della disposizione (in particolare quello della colpa grave, v. al riguardo, ex multis, Cass. 27646/2018).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 2.000, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerate della Sezione Seconda Civile, il 14 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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