Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23303 del 16/11/2016


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Cassazione civile sez. un., 16/11/2016, (ud. 11/10/2016, dep. 16/11/2016), n.23303

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Primo Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Presidente aggiunto –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente aggiunto –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25864-2014 proposto da:

I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO

BUOZZI 82, presso il proprio studio, rappresentato e difeso da sè

medesimo unitamente all’avvocato FEDERICA IANNOTTA, per delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Z.G., B.M.R., Z.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 14, presso lo

studio dell’avvocato ANSELMO BARONE, che li rappresenta e difende,

per delega a margine del controricorso;

ZETA GENERAL SERVICES GROUP S.P.A. e FAMIGLIA Z. S.N.C.,

entrambe in persona dell’amministratore unico Ze.Au.,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 14, presso lo

studio dell’avvocato CARLO MARIA BARONE, che le rappresenta e

difende per delega a margine del controricorso;

L’EDERA COMPAGNIA ITALIANA ASSICURAZIONI S.P.A. in bonis, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 50-A, presso lo studio dell’avvocato

NICOLA LAURENTI, che la rappresenta e difende, per delega a margine

del controricorso;

– controricorrenti –

contro

MINISTERO DELLE SVILUPPO ECONOMICO, (già Ministero dell’Industria

del Commercio e dell’Artigianato), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

e contro

L’EDERA COMPAGNIA ITALIANA DI ASSICURAZIONI S.P.A. IN LIQUIDAZIONE

COATTA AMMINISTRATIVA, Z.M.V., CREDITO

VALTELLINESE S.C., IVASS – ISTITUTO PER LA VIGILANZA SULLE

ASSICURAZIONI;

– intimati –

per la risoluzione del conflitto di giurisdizione tra la sentenza n.

1435/1998 del Tribunale Amministrativo Regionale di ROMA depositata

il 22/06/1998, e la n. 2064/2008 della Corte d’Appello di Roma

depositata il 16/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

uditi gli avvocati Gregorio IANNOTTA, Federica IANNOTTA, Anselmo

BARONE, Carlo Maria BARONE, Enrico DE GIOVANNI per l’Avvocatura

Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IACOVIELLO

Francesco Mauro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- Il TAR Lazio, con sentenza n. 1435 del 1998 divenuta definitiva a seguito di decisione del Consiglio di Stato n. 1879 del 2003, ha respinto il ricorso (proposto da Edera – Compagnia Italiana di Assicurazione s.p.a. e altri contro il Ministero per l’Industria e Artigianato e l’ISVAP) col quale, tra l’altro, era stato impugnato il decreto del suddetto Ministero di revoca delle autorizzazioni per l’esercizio dell’attività assicurativa e di messa in l.c.a. di Edera.

La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 2064 del 2008 (divenuta definitiva a seguito di sentenza n. 4690 del 2011 della Corte di cassazione), pronunciando in sede di rinvio, ha respinto la domanda risarcitoria avanzata da Edera e altri nei confronti di ISVAP.

La Corte di merito ha rilevato che la previa rinuncia di Edera alle autorizzazioni all’esercizio dell’attività assicurativa costituiva espressione dell’esercizio di un diritto soggettivo perfetto al quale doveva conseguire l’obbligatoria adozione del provvedimento di decadenza dall’autorizzazione, mentre il Ministero dopo l’intervenuta rinuncia aveva disposto la revoca delle autorizzazioni e l’assoggettamento della società a l.c.a.

Talchè ha dichiarato inesistente il D.M. di messa in liquidazione coatta amministrativa di Edera, accogliendo la domanda risarcitoria avanzata nei confronti del Ministero e, per ciò che rileva nel presente procedimento, ha affermato che non aveva valore preclusivo di giudicato la sentenza emessa dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio che aveva rigettato la domanda di annullamento del decreto di liquidazione coatta amministrativa, così come già escluso dalla Cassazione (Sez. 1, n. 15721 del 2005) nell’annullare la precedente sentenza della Corte di merito.

Peraltro, nel corso del giudizio di primo grado – dopo il diniego di tutela cautelare – era stato proposto regolamento preventivo di giurisdizione e le Sezioni unite, con sentenza n. 4 del 1999, hanno affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.

Infine, con sentenza n. 1280 del 2014 la Corte di cassazione, ha ritenuto che l’accertamento della giuridica inesistenza del D.M. di revoca delle autorizzazioni e messa in l.c.a. di Edera ad opera della sentenza della corte d’appello di Roma costituisce accertamento principale e non meramente incidentale.

Queste – in estrema sintesi – le vicende processuali presupposte dal ricorso proposto ai sensi dell’art. 362 c.p.c. dall’avvocato Gregorio Iannotta, il quale denuncia conflitto positivo di giurisdizione tra G.A. e G.O. e “conflitto di giudicati” in relazione alle menzionate sentenze del TAR e della Corte di appello di Roma, precisando di aver difeso Edera in l.c.a. in numerosi giudizi e di avere interesse a conoscere quale dei due giudicati prevalga al fine di porre in essere le consequenziali iniziative per il recupero del proprio credito professionale.

In particolare il ricorrente chiede che le Sezioni Unite chiariscano se il giudicato di cui alla sentenza della Corte di appello di Roma (come interpretato da Cass. n. 1280 del 2014) possa ritenersi idoneo a vanificare il giudicato amministrativo del TAR Lazio e quindi l’efficacia, esecutività ed esecutorietà del decreto ministeriale impugnato dinanzi a quel giudice.

Al ricorso resistono con controricorso la s.p.a. Edera, la s.p.a. Zeta General Services Group nonchè Z.G., Z.A. e B.M.R., tra l’altro evidenziando il difetto di legittimazione del ricorrente per non avere rivestito la qualità di parte nei giudizi presupposti.

Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. il ricorrente e la s.p.a. Zeta General Services Group hanno depositato memorie.

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha depositato “atto di costituzione” ai fini della discussione “non rassegnando, comunque, alcuna conclusione”.

2.- La questione della ammissibilità del mezzo di impugnazione precede logicamente quella della legittimazione all’esercizio del diritto di impugnazione, atteso che non è possibile ragionare di tale legittimazione se non in relazione ad un mezzo di impugnazione del quale consti l’esperibilità sul piano oggettivo, cioè l’esperimento contro un provvedimento suscettibile di essere assoggettato al tipo di impugnazione azionato (v., per tutte, Sez. 3, n. 449 del 2007, Rv. 596343).

In tema di conflitto negativo di giurisdizione, l’esistenza di due pronunce contrastanti sulla giurisdizione a conoscere la medesima controversia, declinata da entrambe, radica di per sè nelle parti un interesse alla risoluzione del conflitto in considerazione della situazione di stallo processuale. Ove però sulla stessa questione sia intervenuta una terza pronuncia che parimenti abbia statuito – esplicitamente o implicitamente – sulla giurisdizione e deciso la causa nel merito, passando in giudicato, la giurisdizione è definitivamente fissata nei termini del giudicato ed il conflitto va risolto sulla base della regola discendente, in termini di giurisdizione, dal giudicato (Sez. U, n. 18499 del 2009, Rv. 609177).

Il passaggio in cosa giudicata di una pronuncia del giudice ordinario, ovvero del giudice amministrativo, recante statuizioni sul merito di una pretesa attinente ad un determinato rapporto, estende i suoi effetti al presupposto della sussistenza della giurisdizione di detto giudice su tale rapporto, indipendentemente dal fatto che essa sia stata o meno oggetto di esplicita declaratoria e, quindi, osta a che la giurisdizione di quel giudice possa essere contestata in successive controversie fra le stesse parti aventi titolo nel medesimo rapporto davanti a un giudice diverso, avendo il giudicato esterno la medesima autorità di quello interno, in quanto corrispondono entrambi all’unica finalità dell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche e della stabilità delle decisioni (Sez. U, n. 29531 del 2008, Rv. 606071).

Nella concreta fattispecie, come esposto nella parte narrativa, la sentenza della Corte di appello, recante pronuncia sul fondo della lite, è passata in giudicato. Inoltre, le Sezioni unite, con sentenza n. 4 del 1999, hanno affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.

Pertanto, il proposto conflitto deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza in relazione ai controricorrenti mentre vanno compensate nei rapporti con il Ministero, il quale ha dichiarato di non formulare conclusioni nel merito.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate, per ogni controricorrente, nella misura di Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori. Spese compensate nei rapporti con il Ministero dello Sviluppo Economico.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2016

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