Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2330 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2330 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: BENINI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 2091-2007 proposto da:
ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI

(IACP)

DELLA

PROVINCIA DI BARI (P.I. 00267390722), in persona del
Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 03/02/2014

domiciliato in ROMA, VIA LAURA MANTEGAllA 24, presso
il sig. MARCO GARDIN, rappresentato e difeso
2013
2037

dall’avvocato MINUNNO GIUSEPPE, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro

1

COMUNE DI TURI;
– intimato –

sul ricorso 5000-2007 proposto da:
COMUNE DI TURI, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAURA

rappresentato e difeso dall’avvocato GALLO GIUSEPPE,
giusta procura a margine del controricorso e ricorso
incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

I.A.C.P. PROVINCIA DI BARI;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1137/2005 della CORTE
D’APPELLO di BARI, depositata il 29/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
BENINI;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato G. MINUNNO che

MANTEGAllA 24, presso il dott. GARDIN MARCO,

si riporta ai motivi;
udito,

per

il

controricorrente

e

ricorrente

incidentale, l’Avvocato G. GALLO che si riporta ai
motivi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per

2

il rigetto del ricorso principale, inammissibilità in
subordine rigetto del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione notificato il 3.6.1991 l’Istituto

autonomo case popolari (Iacp) della Provincia di Bari
conveniva in giudizio davanti al Tribunale di quella città
il Comune di Turi chiedendone la condanna al pagamento
della somma di

L.

740.000.000, a titolo di risarcimento:

tale somma lo Iacp aveva dovuto versare all’impresa Nitti
costruzioni, appaltatrice dei lavori di realizzazione di
alloggi, per l’impossibilità di costruzione degli stessi,
derivante dall’illegittimità degli atti espropriativi posti
in essere dal Comune.
2. Avverso la sentenza di primo grado, che rigettava la
domanda con compensazione di spese, proponeva appello lo
Iacp. Con sentenza depositata il 29.11.2005 la Corte
d’appello di Bari, in parziale riforma della sentenza di
primo grado, condannava il Comune di Turi al pagamento
della somma di euro 7.429,25,

con rivalutazione e

interessi, e parziale compensazione delle spese: i danni
sofferti dall’impresa appaltatrice successivamente alla
conclusione

del

contratto

erano

da

ascrivere

a

responsabilità dello Iacp committente, che non tenendo
conto della indisponibilità dei suoli, volle formalizzare
l’affidamento

dell’appalto.

Il

rimborso

di

quanto

corrisposto dallo Iacp a titolo di risarcimento all’impresa
3

a seguito di giudizio arbitrale e successiva transazione,
era riconoscibile solo limitatamente, e proporzionalmente,
per il breve periodo dall’avvio dei lavori in via d’urgenza
(12.5.1984) alla sospensiva a tempo indeterminato dei
lavori (11.6.1984), che, a differenza di uno scioglimento

del rapporto, che lo Iacp avrebbe potuto ottenere, tenne
vincolata l’impresa per il periodo successivo.
3. Ricorre per Cassazione lo Iacp di Bari affidandosi a due
motivi, al cui accoglimento si oppone con controricorso il
Comune di Turi, che a sua volta propone ricorso incidentale
fondato su due motivi.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.

Deve preliminarmente

disporsi

la

riunione dei

procedimenti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., avendo essi ad
oggetto ricorsi avverso la stessa sentenza.
2. Con il primo motivo di ricorso, lo Iacp, denunciando
omessa e insufficiente motivazione su fatto decisivo e
violazione e falsa applicazione di norme di diritto in
relazione ai principi normativi in materia di presunzione
di legittimità degli atti amministrativi, censura la
sentenza impugnata per aver dato una connotazione negativa
al comportamento di esso istituto in base ad una
successione di date incompleta, che non tiene conto
dell’iniziale delibera del 5.5.1983 con cui il Comune
assegnò allo Iacp il diritto di superficie di alcuni suoli
per la costruzione di alloggi di edilizia economico4

popolare,

e

neppure

dell’aggiudicazione

dei

lavori

all’impresa Nitti, in data 7.5.1984. La Corte d’appello ha
sottolineato la circostanza che il contratto venne
sottoscritto quando l’esecutorietà del provvedimento
amministrativo era venuta meno, mentre ciò che conta è il

momento dell’aggiudicazione, che fa nascere il rapporto in
momento anteriore del rapporto di appalto. L’ordinanza
sospensiva del decreto di occupazione, da parte del Tar, in
data 31.5.1984, intervenne quando l’affidamento dei lavori
era già avvenuto, il 7.5.1984. Inoltre, il Tar sospese
l’esecutorietà del decreto di occupazione, non anche
l’iniziale delibera di assegnazione dei suoli, che restava
assistita dalla presunzione di legittimità: ciò obbligava
lo Iacp a consegnare i lavori e aprire il cantiere entro 14
mesi dalla localizzazione dell’intervento. La sospensiva
del Tar riguardava il solo decreto di occupazione, e non
poteva ingenerare di per sé la consapevolezza
dell’irrealizzabilità del peep, che restava valido ed
efficace. Solo la caducazione certa e definitiva dell’atto
poteva indurre lo Iacp a sciogliere il rapporto con
l’impresa: la consapevolezza dell’illegittimità poté, al
più, verificarsi, con la successiva nota comunale del
20.12.1986 del Comune di Turi, che comunicava la
sospensione di un nuovo decreto di urgenza, in base al
parere reso dal Consiglio di Stato su un ricorso
straordinario, con cui si considerava l’illegittimità del
peep.
5

Con il secondo motivo di ricorso, lo Iacp, denunciando
contraddittoria motivazione su punti decisivi, e violazione
e falsa applicazione di norme di diritto, si duole che gli
interessi al 2,5%, stabiliti dal giudice sulle somme da
versare dal Comune a proprio favore, come preteso tasso

medio, sono invece la misura minima nel lasso di tempo in
oggetto.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, il Comune di
Turi, denunciando violazione e falsa applicazione degli
artt. 112 e 342, primo comma, c.p.c., con riferimento anche
all’art. 2909 c.c. per violazione del giudicato, ed omessa
e contraddittoria motivazione su punto decisivo, censura la
sentenza impugnata per aver disatteso l’eccezione di
inammissibilità dell’appello Iacp per genericità dei
motivi, in particolare, difettando nell’impugnazione
specifiche doglianze sulle stringenti motivazioni della
sentenza del Tribunale, articolate su quattro punti: la
ritenuta prevedibilità del fatto del terzo; la perseveranza
nella condotta imprudente dello Iacp nel tenere vincolata
l’impresa nonostante la sospensione giurisdizionale, nel
1984, del decreto di occupazione; la reiterata
rassicurazione rivolta all’appaltatore sulla definizione
della procedura, nonostante la nuova sospensione, nel 1986,
dell’ulteriore decreto di occupazione; la mancata adesione
del Comune alla transazione da ultimo intervenuta tra Iacp
e Nitti.

6

Con

il

secondo motivo

il

ricorrente

incidentale,

denunciando difetto assoluto di motivazione su punto
decisivo, censura la sentenza impugnata per non aver tenuto
conto che l’Iacp accettò la rinuncia agli atti del giudizio
originariamente istaurato dalla Nitti costruzioni davanti

al Tribunale, in modo da attivare la giustizia arbitrale
che dava all’istituto minori garanzie processuali, ivi
inclusa l’impossibilità di evocare il Comune di Turi in
garanzia.
3. Preliminarmente, va esaminato il primo motivo del
ricorso incidentale, che attiene a preteso
procedendo:

error in

in Comune di Turi si duole che il giudice

d’appello abbia immotivatamente disatteso la propria
eccezione di inammissibilità dell’impugnazione, siccome
generica, non essendosi dato carico l’appellante Iacp di
confutare puntualmente le quattro motivazioni che il
Tribunale aveva speso a sostegno della propria decisione di
esclusiva responsabilità dello stesso per i danni lamentati
dall’impresa appaltatrice.
La censura è infondata.
La sentenza impugnata, contrariamente all’assunto del
ricorrente incidentale, si dà carico di rigettare
motivatamente l’eccezione di inammissibilità dell’appello
avanzata dal Comune di Turi, constatando che l’atto di
appello dello Iacp conteneva un’esposizione discorsiva
delle ragioni di doglianza, rendendo certi gli argomenti
della decisione da censurare, che rimetteva alla diversa
7

determinazione del giudice. E in relazione all’impugnazione
nel suo complesso, la Corte d’appello rende una decisione
che contempla le singole questioni riconducibili ai capi
della sentenza di primo grado, che l’attuale ricorrente
incidentale assume ora non essere stati investiti dall’atto

di appello con specifici motivi di impugnazione.
Per quanto concerne, in particolare, le quattro motivazioni
che l’atto d’appello avrebbe solo genericamente investito,
la dedotta mancanza di censure sulla prevedibilità del
fatto del terzo affermata nella pronuncia di primo grado è
smentita dalla attestazione, nella sentenza ora impugnata,
che l’appellante Iacp si doleva che il Tribunale avesse
trascurato

“la

sua

impossibilità

a

fornire

la

collaborazione necessaria all’esecuzione del contratto di
appalto, stante l’indisponibilità dei terreni, la quale a
sua volta aveva trovato causa nella illegittimità dei
provvedimenti amministrativi comunali”, con l’effetto del
necessario riconoscimento di responsabilità del Comune.
Gli ulteriori capi della motivazione riguardo ai quali
mancherebbe

specifica

impugnazione

dell’appellante,

attengono a profili relativamente ai quali non si vede
quale sia l’interesse dell’attuale ricorrente incidentale a
rimettere in discussione attraverso una denuncia di nullità
della sentenza, che sulle questioni inerenti agli stessi
capi si è pronunciata in senso favorevole al ricorrente
stesso.

8

-

E’ principio generale dell’ordinamento che in materia di
ricorso per cassazione, particolarmente nella denuncia di
errores in procedendo,

l’interesse all’impugnazione

inteso quale manifestazione del generale principio
dell’interesse ad agire e la cui assenza è rilevabile anche

d’ufficio in ogni stato e grado del processo – deve essere
individuato in un interesse giuridicamente tutelabile,
identificabile nella concreta utilità derivante dalla
rimozione

della

pronuncia

censurata,

non

essendo

sufficiente l’esistenza di un mero interesse astratto ad
una più corretta soluzione di una questione giuridica
(Cass. 19.5.2008, n. 12637; 12.9.2011, n. 18635; 27.9.2013,
n. 22289).

La regola che precede rende inammissibile la doglianza del
ricorrente incidentale sulla non avvenuta pronuncia di
inammissibilità dell’appello per la genericità dello stesso
relativamente ai capi della sentenza di primo grado
involgenti questioni che il giudice d’appello ha risolto in
senso favorevole al ricorrente: ciò vale per la parte della
sentenza in cui si afferma la responsabilità dell’Iacp nel
tenere vincolata l’impresa nonostante si delineasse
l’impossibilità di acquisire la disponibilità dei suoli
dopo la prima sospensione (la Corte d’appello di Bari ha
infatti ritenuto una limitata responsabilità del Comune
solo per il periodo di un mese, tra l’affidamento urgente
dei lavori e la sospensione dei lavori, confermando
l’esclusiva responsabilità dello Iacp a partire
9

dall’11.6.1984); per la parte in cui si persiste nella
medesima condotta dopo la successiva ordinanza 20.11.1986;
nella parte in cui si afferma la mancata adesione del
Comune alla transazione intervenuta tra l’impresa
appaltatrice e lo Iacp, la Corte d’appello statuisce non

esser stata la transazione elemento per ritenere la
parziale responsabilità del Comune, ma solo elemento per la
quantificazione del danno.
4. Riguardo al primo motivo del ricorso principale, che si
rivela infondato, la sentenza impugnata è indenne dalla
censura di omessa-insufficiente motivazione,
particolarmente con riguardo alla dedotta presunzione di
legittimità degli atti amministrativi. L’assegnazione dei
suoli allo Iacp per la costruzione di alloggi di edilizia
economico-popolare è solo un antecedente che non attenua
l’onere di diligenza richiesto al committente
nell’esecuzione del contratto di appalto, con riferimento
alle sole vicende significative, ovvero le procedure di
concreta acquisizione di quei suoli, che nelle criticità
manifestate (che dettero luogo alla sospensione dei decreti
di occupazione d’urgenza) dovevano indurre il ricorrente ad
un contegno diverso. Di nessun rilievo poi, l’avvenuta
aggiudicazione dell’appalto, che non solo proveniva dallo
stesso Iacp, ma che soprattutto non impediva l’opportuno
esercizio delle facoltà di cui dispone la stazione
appaltante in rapporto all’evolversi della vicenda
amministrativa. In particolare, prima ancora che la
10

.

risoluzione

del

contratto,

conseguibile

dopo

la

stipulazione, il danno poteva essere evitato o comunque
limitato se il committente si fosse astenuto dalla
stipulazione del contratto stesso, essendosi, a quel
momento, proceduto alla semplice consegna dei suoli in via
d’urgenza, incorrendo nelle conseguenze minori della

reintegrazione delle spese sostenute (art. 337 1. 20.3.1865
n. 2248, all. F, applicabile anche all’ipotesi della
mancata stipula del contratto: Cass. 27.3.2007, n. 7481).
5. Il secondo motivo è inammissibile.
Nell’obbligazione risarcitoria (che costituisce debito di
valore in quanto diretta alla reintegrazione del
danneggiato nella stessa situazione patrimoniale nella
quale si sarebbe trovato se il danno non fosse stato
prodotto) il principale mezzo di commisurazione attuale del
valore perduto dal creditore è fornito dalla rivalutazione
monetaria, mentre il riconoscimento degli interessi
rappresenta una modalità di liquidazione del possibile
danno ulteriore da lucro cessante, cui è consentito fare
ricorso solo nei casi in cui la rivalutazione monetaria
dell’importo liquidato in relazione all’epoca
dell’illecito, ovvero la liquidazione in valori monetari
attuali, non valgano a reintegrare pienamente il creditore:
il mero ritardo nella percezione dell’equivalente monetario
non dà automaticamente diritto alla corresponsione degli
interessi, occorrendo a tal fine l’allegazione e la prova
del danno ulteriore subito dal creditore, che si realizza
11

.
.

solo se ed in quanto la somma rivalutata (o liquidata in
moneta attuale) risulti inferiore a quella di cui il
danneggiato avrebbe disposto, alla data della sentenza, se
il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato
tempestivo (Cass. 28.7.2005, n. 15823; 24.10.2007, n.

22347). Ove sia accertato un danno ulteriore, gli interessi
possono essere calcolati sulla somma liquidata per il
capitale, mediante criteri presuntivi ed equitativi, con
riferimento ai singoli momenti in cui la somma equivalente
al bene perduto si incrementa nominalmente, ovvero in base
a un indice medio (Cass. 25.8.2006, n. 18490; 5.4.2007, n.
8521).
Nella specie il ricorrente neppure deduce di aver provato
in causa un danno maggiore di quanto reintegrato dalla
rivalutazione monetaria, e neppure deduce, nel presente
ricorso, che lo stesso non sia coperto dal tasso
d’interesse medio (2,5% annuo) liquidato da giudice, sulla
base di una liquidazione equitativa basata su presunzioni.
6. Il secondo motivo del ricorso incidentale è parimenti
inammissibile.
Ove con il ricorso per cassazione sia censurato il vizio di
motivazione, è onere della parte ricorrente, in ossequio al
principio di autosufficienza, non solo di allegare
l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di
merito, ma anche di indicare in quale specifico atto del
giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla
a

“,

Corte di Cassazione di controllare

ex actis la veridicità
12

di tale asserzione prima di esaminare nel merito la
questione stessa (Cass. 11.1.2007, n. 324; 18.10.2013, n.
23675).
Il ricorrente incidentale allega di aver evidenziato la
circostanza della opzione per il giudizio arbitrale da

confronti di esso Comune di Turi che avrebbe potuto esser
chiamato in causa. Ma a quanto lo stesso fa capire, si
trattò di deduzione svolta in primo grado, allorché si
costituì in giudizio. Ma non allega di aver riproposto la
censura in sede di appello avverso la sentenza che di tale
circostanza non tenne conto.
I ricorsi vanno in conclusione rigettati entrambi, e a

fronte della reciproca soccombenza va disposta la
compensazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa
le spese.
Così deciso in Roma il 18.12.2013

h

parte dello Iacp con minori garanzie di tutela, anche nei

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