Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23299 del 09/11/2011

Cassazione civile sez. un., 09/11/2011, (ud. 04/10/2011, dep. 09/11/2011), n.23299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo presidente f.f. –

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente di sezione –

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.S. ((OMISSIS)), T.S., T.

R. (fu G.), T.A., L.B.P.,

quest’ultima in proprio e nella qualità di genitrice esercente la

patria potestà su T.R. (fu G.), elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio

dell’avvocato POTTINO GUIDO, rappresentati e difesi dagli avvocati

SCIARRINO LUIGI, SFERRUZZA PAOLO, per delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

A.P.B.M., T.P., T.

C., TU.CI., TU.SA., B.

A., TU.SI., TU.GI., T.

M., TU.RO., D.P., nella qualità di esercente

la patria potestà sulla figlia minore T.F.,

BI.MA., T.M., nella qualità di tutore di

TU.AN., B.E., T.L.;

– intimati –

sul ricorso 8004-2007 proposto da:

B.E. ((OMISSIS)), BI.MA., elettivamente

domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 46, presso lo studio

dell’avvocato GREZ GIANMARCO, rappresentati e difesi dall’avvocato

PISILLO FABIO, per delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

T.A., T.R. (fu G.), P.

S., L.B.P., in proprio e nella qualità di genitrice

esercente la patria potestà su TU.RO. (fu GI.),

TU.SA., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato POTTINO GUIDO,

rappresentati e difesi dagli avvocati SCIARRINO LUIGI, SFERRUZZA

PAOLO per delega in atti;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

contro

T.M., nella qualità di tutore di TU.AN.,

BR.AU., T.M., TU.CI., T.

C., T.L., TU.SI., T.

G., A.P.B.M., T.P., D.

P., nella qualità di esercente la patria potestà sulla figlia

minore T.F.;

– intimati –

sul ricorso 8782-2007 proposto da:

BR.AU., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO

BUOZZI 51, presso lo studio dell’avvocato SORDI ENRICO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE MARTINO ENRICO, per

delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

T.A., T.R. (fu G.), P.

S., L.B.P., in proprio e nella qualità di genitrice

esercente la patria potestà su TU.RO. (fu GI.),

TU.SA., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato POTTINO GUIDO,

rappresentati e difesi dagli avvocati SCIARRINO LUIGI, SFERRUZZA

PAOLO per delega in atti;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1877/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 20/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

uditi gli avvocati Paolo SFERRUZZA, Fabio PISILLO, Silvia MONFARDINI,

per delega dell’avvocato Enrico de Martino;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con contratto preliminare del 7-5-1974 A.P.B.M. si obbligava a vendere ad B.E., B.F. e Bi.Do., per quote indivise di 50/150 ciascuno, una azienda agricola di circa 260 ettari con caseggiati e macchinari sita in territorio di (OMISSIS), per il prezzo di L. 150.000.000 interamente pagato alla stipula del preliminare stesso con rilascio di relativa quietanza; la A. P. si obbligava altresì nell’atto a liberare l’immobile dalle ipoteche e dai privilegi gravanti su di esso ed a non revocare una procura rilasciata sotto la stessa data al B.; il Br. ed il Bi. poi si rendevano garanti nei confronti del B. della stessa cancellazione delle ipoteche e dei privilegi cui la promittente venditrice si era obbligata nei confronti di tutti i promissari acquirenti; con successivo contratto preliminare del 29-5- 1974 il Bi. si obbligava a vendere al B. una parte della propria quota, pari a 16/150 dell’intera azienda.

Poichè peraltro la A.P. non aveva curato la cancellazione dei pesi gravanti sul compendio promesso in vendita ed aveva revocato la procura a vendere che aveva rilasciato al B., quest’ultimo con atto di citazione trascritto il 28-12-1974 conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Siena sia la A.P. sia gli altri due promissari acquirenti (questi ultimi anche in via surrogatoria ai sensi dell’art. 2900 c.c.) chiedendo in via principale pronunciarsi una sentenza di trasferimento ex art. 2932 c.c. in riferimento tanto al preliminare del 7-5-1974 quanto a quello del 29-5-1974, con la condanna dei convenuti al pagamento delle penali pattuite e del risarcimento dei danni; in subordine chiedeva la restituzione del prezzo, il pagamento delle penali ed il risarcimento dei danni.

In corso di causa la A.P. con atto del 6-8-1976 vendeva la maggior parte del compendio oggetto del preliminare del 7-5-1974 a tu.ci..

La A.P. costituendosi in giudizio chiedeva il rigetto della domanda, eccependo tra l’altro la nullità del contratto preliminare in quanto frutto di un patto commissorio per essere i promissari acquirenti nel contempo suoi creditori; si costituiva in giudizio il Bi. che, senza prendere posizione in ordine alla domanda ex art. 2932 c.c. di esecuzione del contratto, aderiva alla richiesta di cancellazione delle ipoteche, contestando le altre pretese attrici.

A sostegno della posizione della A.P. spiegava intervento il suo avente causa tu.ci. e, dopo il suo decesso, quali suoi eredi, la moglie P.S., T.L. nonchè il fratello T.R.F..

Deceduto nel frattempo anche il convenuto contumace Fe.

B. ed ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei suoi eredi, si costituiva in giudizio Br.Au., unico degli eredi a non aver rinunciato all’eredità, chiedendo a sua volta emettersi sentenza ex art. 2932 c.c. Deceduto anche Bi.Do., si costituiva in giudizio il suo unico erede accettante Bi.Ma., il quale insisteva nella domanda di trasferimento dell’immobile.

A seguito poi della morte di T.R.F., la causa veniva interrotta e poi riassunta nei confronti degli eredi dello stesso, che restavano contumaci.

Con sentenza del 5-3-2003 il Tribunale adito dichiarava inammissibile la domanda di esecuzione specifica del contratto, assumendo che la rinuncia formulata nel corso del giudizio da parte del difensore del B. al trasferimento della particella 115 del foglio 3 (in quanto riteneva che la stessa non facesse parte dell’oggetto del preliminare) avrebbe creato una insuperabile situazione di non corrispondenza tra l’oggetto del contratto e l’oggetto della domanda di trasferimento ex art. 2932 c.c.; accogliendo la domanda subordinata, il Tribunale condannava la A.P. al pagamento delle penali contrattualmente previste oltre alla restituzione del prezzo con rivalutazione ed interessi.

Avverso la sentenza proponevano appelli principali (poi riuniti) il B., il Br. ed il Bi.; la A.P. si costituiva in giudizio dichiarando di non opporsi alla pronuncia di sentenza di esecuzione specifica del contratto preliminare; la P. e T.L. resistevano invece al gravame; le altre parti restavano contumaci.

La Corte di Appello di Firenze con sentenza del 20-12-2005, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato il trasferimento ai sensi dell’art. 2932 c.c. indivisamente ad E. B. per la quota di 66/150, ad Br.Au. per la quota di 50/150 ed a Bi.Ma. per la quota di 34/150 della suddetta azienda agricola (OMISSIS) con esclusione della particella catastale 115 del foglio 3, ha escluso conseguentemente il diritto alla restituzione del prezzo da ciascuno pagato, ha compensato le spese del giudizio di primo grado tra il B., il Bi. ed il Br. da una parte e gli intervenuti P. e T.L. dall’altra, ed ha compensato interamente tra tutte le parti le spese del giudizio di secondo grado.

Per la cassazione di tale sentenza la P., L.B.P., sia in nome proprio che quale esercente la potestà sulla figlia minore T.R., T.A., T.S. e Tu.Ro. hanno proposto un ricorso articolato in quattro motivi cui il B. e Bi.Ma. da un lato ed Br.

A. dall’altro hanno resistito con separati controricorsi introducendo altresì due ricorsi incidentali affidati rispettivamente a sei motivi ed a due motivi cui i ricorrenti principali hanno resistito con controricorso; le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

La seconda sezione di questa Corte con ordinanza del 6-5-2009 ha disposto il rinnovo della notifica del ricorso principale nei confronti di Tu.Ci., del ricorso incidentale del B. e del Bi. nei confronti di Tu.Si., M. T., T.P., Tu.Ci., S. T., Tu.Gi. e della A.P. ove non già eseguite, e del ricorso incidentale del Br. a R. T. nel termine di giorni 90 ed ha rinviato la causa a nuovo ruolo; procedutosi a tale incombente, nessuna delle parti intimate si è costituita in giudizio.

La stessa Corte poi con ordinanza del 4-5-2010 ha rilevato che sia il B. ed il Bi. sia il Br. nei rispettivi controricorsi avevano censurato il mancato rigetto dell’appello incidentale della P., relativo alla configurazione, contenuta nella sentenza di primo grado, quale intervento adesivo dipendente di quello spiegato dal T., proponendo altresì in via preliminare eccezioni di inammissibilità del ricorso principale perchè proposto da soggetti che, in ragione della loro qualità di meri interventori adesivi dipendenti, non avrebbero avuto titolo per impugnare la decisione di secondo grado, non essendo stata la stessa impugnata dalla parte adiuvata (ovvero la promittente venditrice A.P.), e che pertanto si rendeva necessaria la qualificazione dell’intervento spiegato dai T., al fine di stabilire sia se i suoi eredi avessero titolo per interloquire, indipendentemente dalla posizione assunta dalla A.P. nel giudizio di merito, sia se essi potessero proporre ricorso per cassazione, come rispettivamente si contestava nei ricorsi incidentali e nelle richiamate eccezioni preliminari; in proposito ha osservato che, riguardo alla posizione processuale del terzo intervenuto, acquirente di un immobile alienatogli dal promittente venditore in pendenza del giudizio di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. del contratto preliminare avente ad oggetto lo stesso bene promosso dal promissario acquirente, secondo un primo indirizzo di questa Corte il terzo acquirente ha la veste di interventore adesivo, e non è pertanto legittimato a proporre impugnazione in via autonoma, mentre secondo un altro orientamento della stessa Corte egli deve considerarsi successore a titolo particolare ex art. 111 c.p.c. del promittente venditore, cosicchè è legittimato ad impugnare autonomamente la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 2932 c.c.; pertanto la Corte, riuniti i ricorsi, ai fini di superare tale contrasto, ha rimesso la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite; tutte le parti hanno depositato delle memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale sollevata dai controricorrenti per difetto di specialità della procura apposta a margine del ricorso stesso, in quanto priva di data e di qualsiasi riferimento alla sentenza impugnata.

L’eccezione è infondata, considerato che l’apposizione della procura a margine del ricorso con espresso riferimento al “presente giudizio di cassazione” soddisfa pienamente il requisito della specialità della procura in quanto si pone in relazione materiale con l’atto cui inerisce, formando con esso un documento unitario; a nulla poi rileva la mancanza di data, la quale, avendo la funzione di attestare che la procura è stata rilasciata dopo la pubblicazione della sentenza, può essere desunta anche “aliunde”, come nell’ipotesi in cui la procura risulti anche dalla copia notificata (Cass. 24-3-2006 n. 6687), come appunto nella fattispecie.

Sempre in via preliminare il B. ed il Bi. hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso principale ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 3 perchè notificato oltre un anno dopo la pubblicazione della sentenza presso il domicilio che gli esponenti avevano eletto per il giudizio di secondo grado e non ad essi personalmente.

Anche tale eccezione è infondata, atteso che secondo l’orientamento consolidato di questa Corte l’impugnazione non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata e successiva all’anno dalla pubblicazione di questa, ma ancora ammessa per effetto della sospensione del termine di cui all’art. 327 c.p.c. durante il periodo feriale, deve essere notificata nei luoghi indicati dall’art. 330 c.p.c., comma 1 e non personalmente alla parte, come invece previsto dal comma 3 di detta norma per il diverso caso di impugnazione oltre il suddetto termine (Cass, S.U. 20-12-1993 n. 12593; Cass. 11-11-2003 n. 16945; Cass. 15-9-2004 n. 18572); pertanto correttamente i ricorrenti principali hanno notificato il ricorso presso il domicilio eletto dal B. e dal Bi. nel giudizio di secondo grado.

Il B. ed il Bi. inoltre eccepiscono l’inammissibilità del ricorso principale per il mancato tempestivo adempimento dell’ordine di integrazione del contraddittorio disposto con ordinanza del 6-5-2009 della seconda sezione di questa Corte nei confronti di Tu.Ci., posto che quest’ultima è coerede unitamente alla P. ed agli altri soggetti evocati in giudizio di tu.ci., intervenuto nel processo di primo grado e successivamente deceduto, e considerato che gli eredi della parte deceduta nel processo sono litisconsorti processuali, a prescindere dalla natura scindibile o meno del rapporto sostanziale oggetto di causa.

L’eccezione è infondata.

Premesso che la menzionata ordinanza interlocutoria della seconda sezione civile di questa Corte del 6-5-2009 aveva concesso il termine di giorni 90 dal suddetto giorno per il rinnovo della notifica dei ricorsi nei confronti anche di Tu.Ci., dall’esame diretto degli altri si rileva che a quest’ultima è stato notificato l’atto di integrazione del contraddittorio a mezzo del servizio postale a cura degli stessi B. e Bi. in data 12-7-2009 e che l’atto è stato ricevuto dalla interessata il 17-7-2009, e che quindi tale notifica è avvenuta tempestivamente.

Tanto premesso, la Corte ritiene a tal punto di dover rilevare d’ufficio la formazione del giudicato interno sulla statuizione del giudice di primo grado che aveva qualificato tu.ci. e, dopo il suo decesso, i suoi eredi, tra i quali P.S. e T.R.F., interventori adesivi dipendenti rispetto alla promittente venditrice A.P., richiamando a sostegno di tale assunto la sentenza di questa Corte del 23-10-2001 n. 13000 che, da tale qualificazione, ha fatto discendere la conseguenza che il terzo avente causa da colui che è stato convenuto in giudizio dal promissario acquirente di un determinato immobile con domanda proposta ex art. 2932 c.c. per effetto di tale sua veste processuale, non può dedurre eccezioni non sollevate dal convenuto nè proporre una impugnazione autonoma; invero la P. nel giudizio di appello, nel sollevare appello incidentale avverso il capo della sentenza di primo grado che aveva negato la qualifica di intervento autonomo all’intervento spiegato da tu.ci. e poi dai suoi eredi, si era limitata ad evidenziare le perplessità espresse dallo stesso Tribunale nell’aderire al richiamato orientamento giurisprudenziale, ed a ritenere incomprensibili le ragioni per le quali il giudice di primo grado aveva assimilato la fattispecie oggetto della presente causa a quella esaminata nella citata sentenza di questa Corte del 23-10-2001 n. 13000.

Orbene occorre rilevare alla luce di tali deduzioni contenute nell’atto di appello che la P. non ha formulato in quella sede alcuna censura specifica avverso la richiamata statuizione del giudice di primo grado, non avendo svolto nessuna argomentazione idonea a confutare le considerazioni espresse dal primo giudice a fondamento del proprio convincimento; tale lacuna d’altra parte deve essere valutata alla luce del principio secondo il quale nel giudizio di appello la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dall’appellante attraverso specifici motivi, con la conseguenza che tale specificità esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che la sorreggono; pertanto nell’atto di appello, ossia nell’atto che, fissando i limiti della controversia in sede di gravame consuma il diritto potestativo di impugnazione, deve sempre accompagnarsi, a pena di inammissibilità del gravame rilevabile d’ufficio, una parte argomentativa che contrasti le ragioni addotte dal primo giudice (vedi “ex multis” Cass. 31-5-2006 n. 12984; Cass. 18-4-2007 n. 9244), nella specie del tutto insussistente.

Alla luce delle considerazioni ora svolte, e quindi della ritenuta formazione del giudicato relativamente alla statuizione sopra richiamata del giudice di primo grado riguardo alla qualificazione di tu.ci. (e successivamente dei suoi eredi) come interventore adesivo dipendente ed alle conseguenti ricadute in ordine al suo difetto di legittimazione a proporre una impugnazione autonoma rispetto a quella proponibile dalla parte adiuvata, deve quindi ritenersi inammissibile il ricorso principale, non avendo la A.P. proposto alcuna impugnazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze sopra menzionata.

Tale statuizione comporta l’assorbimento di entrambi i ricorsi incidentali, in quanto l’esame dei motivi ivi formulati si rivela superflua, fatta eccezione per il sesto motivo del ricorso incidentale del B. e del Bi. con il quale costoro, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e vizio di motivazione, rilevano che il giudice di appello ha disposto la compensazione delle spese sta del primo che del secondo grado di giudizio senza alcuna motivazione ed in totale contrasto con il principio della soccombenza.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata ha ritenuto giusta la compensazione delle spese del primo grado di giudizio data la particolare complessità della controversia, ed ha compensato altresì le spese del giudizio di appello avuto riguardo, a prescindere dal rilievo che era rimasto oscuro il movente reale di una vicenda che vedeva sostanzialmente vittima la parte giuridicamente soccombente, da un lato ai comportamento remissivo della A.P. e, dall’altro, alla esosità ostentata dal B. nel pretendere una penale nove volte maggiore di quella dovutagli; orbene è agevole rilevare che la Corte territoriale, lungi dal violare il principio della soccombenza (che come è noto si verifica soltanto qualora le spese siano poste a carico della parte totalmente vittoriosa), ha esercitato la propria facoltà, quale giudice di merito, di compensare totalmente o parzialmente le spese di giudizio, offendo in proposito logica e congrua motivazione, comunque non oggetto di alcuna censura da parte dei ricorrenti incidentali.

Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla complessità della vicenda processuale ed alla natura della controversia, per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso principale, dichiara assorbiti il ricorso incidentale del B. ed i primi cinque motivi del ricorso incidentale del B. e del Bi., rigetta il sesto motivo e compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2011

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