Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23298 del 16/11/2016

Cassazione civile sez. un., 16/11/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 16/11/2016), n.23298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente di sez. –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Presidente di sez. –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di sez. –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente di sez. –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4592-2012 proposto da:

RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MATTI BOIARDO 17, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO MANCINI,

che la rappresenta e difende per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 7,

presso lo studio dell’avvocato SARA D’ONOFRIO, che lo rappresenta e

difende, per delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., elettivamente domiciliata e

difesa come sopra;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 7672/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2016 dal Presidente Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato Ernesto MANCINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. D.A.A. convenne in giudizio la RAI dinanzi al Tribunale di Roma. Espose aver lavorato alle dipendenze della società convenuta nell’arco di tempo dal gennaio 1993 al giugno 2004, con 22 contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, come operatore di ripresa. Sostenne che tutti i contratti a tempo determinato erano stati stipulati in violazione della L. n. 230 del 1962, art. 1 e chiese che venisse accertata la natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro a decorrere dal primo contratto, con relativa reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento del danno subito nel periodo pregresso, nonchè l’accertamento del diritto al trattamento economico e normativo di operatore di ripresa 3 livello (classe retributiva 3).

2. La RAI si costituì eccependo la piena legittimità di ciascun contratto e chiedendo il rigetto del ricorso.

3. Il Tribunale accertò la nullità dei contratti dichiarando che “tra le parti in causa sussiste un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far data dal 19 aprile 1995 e che è tuttora in essere” e disponendo il ripristino del rapporto con la qualifica di operatore di ripresa 4 livello (classe V) del ccnl, con relativa condanna al pagamento delle retribuzioni maturate da 19 giugno 2004 sino alla data della sentenza.

4. Entrambe le parti proposero appello. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 7 ottobre 2010, rigettò tanto l’appello principale della RAI, che l’appello incidentale, compensando le spese.

5. La RAI ha proposto ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi.

6. Il ricorrente si è difeso con controricorso e ricorso incidentale articolato in tre motivi.

7. La RAI ha depositato controricorso nei confronti del ricorso incidentale ed entrambe la parti hanno depositato memorie per l’udienza dinanzi alla sezione lavoro.

8. Con ordinanza interlocutoria pubblicata il 9 luglio 2015 la sezione lavoro, ritenuto che la richiesta di applicazione da parte della RAI della norma dettata dalla L. n. 183 del 2010, art. 32 emanata dopo la sentenza di appello e prima della notifica del ricorso per cassazione, desse luogo ad una problematica sulla quale nella giurisprudenza di Cassazione si registra un duplice contrasto di orientamenti, ha rimesso la controversia al primo presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite.

9. Il primo presidente ha disposto l’assegnazione alle sezioni unite.

10. Con il quarto motivo, la RAI chiede l’applicazione della L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5-7, che modificò la disciplina del risarcimento del danno in caso di contratto a termine illegittimo.

11. Tale norma entrò in vigore il 24 novembre 2010, quindi dopo la sentenza di appello che decise sul risarcimento del danno e prima del ricorso per cassazione (la cui notifica fu richiesta il 28 febbraio 2012).

12. Il principio generale in materia di efficacia della legge nel tempo è fissato dall’art. 11 disp. gen., per il quale “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”. Il principio ammette deroghe. Nel caso specifico, la L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 7 prevede che “le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione a tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge”. La seconda parte del comma aggiunge: “con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’art. 421 c.p.c.”.

13. La Corte di cassazione ha affermato che, in linea generale, tale norma vale anche per i giudizi di legittimità a causa della sua specifica formulazione, in quanto nel concetto di giudizi pendenti rientrano anche quelli in cui la pendenza deriva dalla proposizione o proponibilità del ricorso per cassazione Cass., 31 gennaio 2012, n. 1409) e persino quelli in cui la Cassazione si è pronunciata con rinvio al giudice di merito e quest’ultimo non ha ancora definito il giudizio (Cass., 2 marzo 9012, n. 3305 e 4 febbraio 2015, n. 1995). L’interpretazione è stata pienamente condivisa dalla Corte costituzionale sin dalla sentenza n. 303 del 2011, emessa a seguito di una ordinanza di rimessione della Corte di cassazione basata sul presupposto della applicabilità della norma sopravvenuta al giudizio di legittimità. Al contrario, per completezza, va ricordato che la retroattività è stata esclusa con riferimento alle successive modifiche dell’art. 32 introdotte dal D.Lgs. n. 81 del 2015, che, in mancanza di un’analoga espressa deroga al principio generale, si applicano solo ai contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore del provvedimento legislativo (Cass. 19 ottobre 2015, n. 21069).

14. L’affermazione dell’applicabilità della normativa dettata dalla L. 183 del 2010, art. 32 anche ai giudizi pendenti in cassazione non risolve però tutti i problemi. Come ha rilevato l’ordinanza interlocutoria della sezione lavoro, sul terna si è determinato un duplice contrasto di orientamenti.

15.11 primo concerne il seguente dilemma. Secondo un orientamento è possibile richiedere direttamente, con uno specifico motivo di ricorso, l’applicazione della nuova disciplina retroattiva. Secondo altro orientamento ciò non sarebbe possibile, in quanto la proposizione del ricorso per cassazione non è ammissibile per ipotesi diverse da quelle previste dall’art. 360 c.p.c. che presuppongono necessariamente la denunzia di un vizio della sentenza di merito, vizio che non può consistere nella violazione di una legge che al momento della sentenza non era stata ancora emanata.

16. Il problema solo apparentemente attiene al tema della tipicità dei motivi di ricorso per cassazione. l fuori discussione che il ricorso per cassazione sia a critica vincolata e che i motivi indicati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1-5, siano tassativi.

17. In realtà, la questione è tutta interna al concetto di violazione di norme di diritto e si risolve nel problema di stabilire se la violazione di norme di diritto, cui fa riferimento l’art. 360 c.p.c., n. 3 concerna solo quelle vigenti al momento delle decisione impugnata o invece anche norme emanate in seguito ma dotate dal legislatore di efficacia retroattiva.

18.Tale questione è stata definita da Cass., sez. un., 27 ottobre 2016, n. 21691, che ha affermato il seguente principio di diritto: “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere interpretato nel senso che la violazione di norme di diritto può concernere anche norme emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, qualora siano applicabili al rapporto dedotto in giudizio perchè dotate di efficacia retroattiva. In tal caso è ammissibile il ricorso per cassazione per violazione di legge sopravvenuta”.

19. Il secondo punto di contrasto prospettato nell’ordinanza della sezione lavoro attiene al rapporto tra legge retroattiva e giudicato interno e alla natura ed estensione dei limiti che la legge retroattiva sopravvenuta incontra a causa del giudicato. Anche questo contrasto è stato risolto dalle sezioni unite con la sentenza 21691/2016, che ha affermato il seguente principio di diritto: “Il ricorso per violazione di legge sopravvenuta incontra il limite del passaggio in giudicato della sentenza impugnata. Tuttavia, quando la sentenza si compone di più parti connesse tra loro in un rapporto per il quale l’accoglimento dell’impugnazione nei confronti della parte principale determinerebbe necessariamente anche la caducazione della parte dipendente, la proposizione dell’impugnazione nei confronti della parte principale impedisce il passaggio in giudicato anche della parte dipendente, pur in assenza di impugnazione specifica di quest’ultima”.

20. Nella presente controversia, però, il problema non si pone, perchè il capo della decisione di primo grado sul risarcimento del danno fu oggetto di impugnazione (quinto motivo del ricorso in appello, considerato e espressamente rigettato dalla sentenza della Corte di Roma), sebbene per ragioni diverse da quelle ora proposte a seguito della normativa sopravvenuta. Di conseguenza, la sentenza del Tribunale, quale che sia l’orientamento seguito tra quelli in contrasto, non può comunque ritenersi passata in giudicato.

21. Di conseguenza il motivo concernente la violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5 – 7, deve essere accolto, e la sentenza deve essere cassata con rinvio in relazione a tale motivo.

22. Tutti gli altri motivi del ricorso principale, sono invece inammissibili o infondati, come del resto ha ritenuto implicitamente la sezione lavoro, nel momento in cui ha riconosciuto la rilevanza delle questioni rimesse alle sezioni unite, che sussiste solo se, affermata l’illegittimità della clausola di apposizione del termine, si passa a quantificare il danno.

23. Le ragioni dell’infondatezza degli altri motivi sono così riassumibili.

24. Con il primo motivo si denunzia, congiuntamente, “omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione alla eccezione di risoluzione per mutuo consenso”, nonchè “violazione e falsa applicazione degli artt. 1375 e 1375 c.c.”, perchè il lavoratore, “dopo oltre dieci anni di assunzioni a termine presso la RAI, si assicurava l’ennesimo contratto tempo determinato… per poi, a contratto appena iniziato, rivendicare l’intero fascio di rapporti a tempo determinato intercorsi con l’azienda”, il che comporterebbe la risoluzione tacita per mutuo consenso alla luce dei principi della buona fede e della correttezza nella esecuzione delle obbligazioni contrattuali.

25. Premesso che tra il lavoratore e la RAI sono intercorsi 22 contratti a termine nell’arco di 10 anni, con intervalli quindi ravvicinati, e che tra la scadenza dell’ultimo contratto e la proposizione dell’azione giudiziaria è intercorso un tempo così contenuto da giustificare l’estrema concisione della motivazione della sentenza di appello sul punto stante la brevità della pretesa inerzia del dipendente, deve rilevarsi che tutte le considerazioni critiche formulate nella esposizione dei motivi sul tema, al di là di Ogni considerazione sulla loro fondatezza, si risolvono nella proposizione di una diversa valutazione del merito della causa, inammissibile in sede di giudizio di legittimità.

26. Con il secondo motivo la società denunzia “violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. e)”. Nel corso dell’esposizione del motivo la società ricorrente censura la sentenza di appello per aver applicato i principi fissati in una serie costante di decisioni di legittimità relative alla interpretazione della L. n. 230 del 1960, art. 1, lett. e) nel testo modificato dalla L. n. 266 del 1977.

27. Il testo originario della norma prevedeva un’eccezione al divieto di assunzioni a tempo determinato, consentendo di apporre il termine “nelle scritture del personale artistico e tecnico della produzione di spettacoli”. Questa dizione fu sostituita dalla L. del 1977 (applicabile ratione temporis, con la seguente formula: “nelle assunzioni di personale riferite a specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi”.

28. La giurisprudenza di legittimità ha costantemente dato un’interpretazione puntuale del concetto di temporaneità, che non può riconoscersi a programmi presenti reiteratamente nel palinsesto, e rigorosa del concetto di specificità, affermando che deve essere inteso non solo come unicità dello stesso, ancorchè articolato in più puntate, ma anche come specificità dell’apporto del lavoratore, delineando una connessione tra specificità dell’apporto e specificità del programma. Da tempo questa interpretazione rigorosa è considerata dalla Corte come giurisprudenza consolidata ai fini dell’art. 360-bis c.p.c. (plurimis, Cass., 6-L, 2 marzo 2012, n. 2012, la cui massima recita: “In tema di assunzioni a termine dei lavoratori dello spettacolo, ai fini della legittimità dell’apposizione del termine, è necessario che ricorrano la temporaneità della occasione lavorativa rappresentata dalla trasmissione o dallo spettacolo (che non devono essere necessariamente straordinari o occasionali, ma di durata limitata nell’arco di tempo della programmazione complessiva, e quindi destinati ad esaurirsi), la specificità del programma (che deve essere quantomeno unico, ancorchè articolato in più puntate o ripetuto nel tempo) e la connessione reciproca tra specificità dell’apporto del lavoratore e specificità del programma o spettacolo (per cui il primo concorre a formare la specificità del secondo o è reso necessario da quest’ultima specificità), di modo che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo sia tale da realizzare un peculiare contributo professionale, tecnico o artistico, che non sia facilmente fungibile con il contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato dell’impresa. (Principio affermato ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1) (da ultimo, sul punto, proprio con riferimento ad un analogo contratto RAI, cfr. Cass. 1841 del 2016, cit.).

29. a Corte d’appello di Roma, come del resto riconosce la difesa della RAI, si è attenuta a questi principi, ed, esaminando la lunga serie di contratti a termine tra la RAI e il ricorrente, in qualità di operatore di ripresa, ha ritenuto e motivatamente spiegato perchè non sussiste il requisito della specificità dei programmi, questa volta con motivazione diffusa ed argomentata.

30. Nel motivo di ricorso la società, da un lato chiede alla Corte di rivedere il suo orientamento, senza però fornire idonei elementi per mutarlo, dall’altro propone una serie di considerazioni attinenti al merito della decisione, che quindi non possono essere prese in considerazione nel giudizio di legittimità.

(Ndr: testo mancante).

regime di part-time. Come si desume dallo stesso atto di appello, riportato dalla ricorrente nel ricorso per cassazione, in primo grado non è mancata una pronuncia di rigetto, implicita ma inequivoca, della eccezione; al massimo può dirsi che è mancata la relativa specifica motivazione. Si è pertanto al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 112 c.p.c. e la considerazione vale anche con riferimento alla sentenza di appello. Il motivo di ricorso per cassazione con il quale si prospetta la violazione dell’art. 112 c.p.c. è pertantoinammissibile.

32. Il quinto motivo del ricorso principale, infine, rimane assorbito dall’accoglimento del quarto motivo.

33. I tre motivi del ricorso incidentale concernono il mancato accoglimento della domanda di riconoscimento della qualifica superiore (3 livello).

34. La relativa domanda fu rigettata dal tribunale. Il D.A. propose appello incidentale, che la Corte d’appello ha respinto, affermando: erroneamente il De Ascanis ritiene che in base alla disciplina collettiva tale qualifica si acquisisca automaticamente, per mera sommatoria dei periodi lavorati, mentre la declaratoria contrattuale richiede una specifica professionalità e lo svolgimento di specifiche attività. Dopo aver elencato ed esaminato queste attività, la Corte conclude nel senso che le stesse non sono state allegate, nè provate.

35. Contro questa parte della decisione il ricorrente incidentale per cassazione propone un primo motivo di ricorso rubricato “violazione di norme di legge e di contratto collettivi”. Le norme di legge indicate sono gli “art. 1362 c.c. e ss”. Le norme contrattuali sono l’art. 6 e gli allegati. A e B) ccl RAI 9 maggio 1990″. Con un secondo motivo si denunzia “violazione e falsa “violazione di norme di legge e di contratto collettivo”. Le norme di legge indicate sono gli “art. 1362 c.c. e ss”. Le norme contrattuali sono “l’art. 6 e gli allegati A) e B) ccl RAI 9 maggio 1990”. Con un secondo motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione di norme di contratto collettivo”. Le norme indicate sono artt. 1362 c.c. e ss, art. 2697 c.c., l’art. “livelli e mansioni” del ccl RAI 8 giugno 2000, nonchè art. 6 e allegati A) e B) ccl RAI 9 maggio 1990.

36. La prima parte di entrambi i motivi è inammissibile perchè si denunzia, genericamente, violazione dei criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 c.c. e ss, senza specificare, e tanto meno argomentare, quali tra i molteplici criteri ermeneutici dettati dal c.c. agli artt. 1362 – 1371 c.c. sarebbero stati violati e per quale motivo.

37. La seconda parte di entrambi i motivi, che denunziano violazioni di contratti collettivi aziendali, sono improcedibili perchè, in contrasto con quanto stabilito dall’art. 369 c.p.c., n. 4, come interpretato dalla giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, unitamente al ricorso non sono stati depositati i testi integrali dei contratti collettivi privatistici richiamati, ma solo stralci, nè si è indicato nel ricorso di cassazione se e in che sede processuale, tale allegazione integrale sia avvenuta (Cass., sez. un., 23 settembre 2009, n. 20075, il principio viene costantemente applicato dalla sezioni semplici, ex plurimis, cfr. Cass., 15 ottobre 2010, n. 21358).

38. Con il terzo motivo si denunzia “omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”. Anche questo motivo è inammissibile poichè, come si evince dalla relativa esposizione, non ci si riferisce ad un fatto, ma all’interpretazione delle difese, e perchè ciao che si chiede alla Corte è la considerazione “elementi di valutazione” e quindi una nuova e diversa valutazione del merito.

39. In conclusione, deve essere accolto solo il motivo concernente l’applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 mentre devono essere respinti tutti gli altri motivi del ricorso principale e di quello incidentale. La sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che deciderà anche in ordine alle spese.

PQM

La Corte accoglie il motivo del ricorso principale concernente l’applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 rigetta gli altri motivi del ricorso principale, nonchè tutti i motivi del ricorso incidentale. Cassa in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2016

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