Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23294 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. III, 23/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 23/10/2020), n.23294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27762/2019 proposto da:

B.M., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato Assunta Fico;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1420/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 01/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – Con ricorso affidato a cinque motivi, B.M., cittadino (OMISSIS), ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, resa pubblica in data 1 luglio 2019, che ne rigettava l’appello proposto avverso la decisione del Tribunale di Catanzaro, che, a sua volta, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale, rigettava la domanda volta ad ottenere il riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria nonchè di quella umanitaria.

1.1. – A sostegno dell’istanza il richiedente aveva dedotto di essere stato costretto a fuggire dal suo Paese a causa dell’impossibilità di ricevere tutela da parte delle competenti autorità, rimaste inerti di fronte alle reiterate aggressioni perpetrate nei suoi confronti dal proprio datore di lavoro per il solo fatto di aver reclamato il pagamento del salario.

2. – La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che: a) l’audizione del richiedente asilo non era necessaria essendo stato posto nelle condizioni di riferire, innanzi alla Commissione territoriale competente, ogni circostanza utile e di esporre con chiarezza le ragioni del suo espatrio; b) il racconto del richiedente asilo non era attendibile, dovendosi escludere, quindi, in caso di rimpatrio, il ricorrere di alcun motivo di persecuzione o la sussistenza di un danno grave idoneo a giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. a) e b); c) l’occasionalità degli attacchi terroristici che si registravano nella vasta regione del Punjab, dalla quale proveniva il richiedente, era inidonea a configurare una situazione di violenza indiscriminata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); d) non ricorreva alcuna condizione di particolare vulnerabilità idonea a giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria, in quanto l’allegata esistenza di una grave invalidità visiva non risultava sufficientemente documentata, non emergendo “dalla documentazione sanitaria in atti… alcuna seria invalidità”.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonchè l’omessa audizione del ricorrente, là dove la Corte d’appello, pur avendo dei dubbi circa la credibilità delle dichiarazioni rese innanzi alla Commissione territoriale competente, ha negato di procedere ad una nuova audizione del richiedente asilo.

1.- Il motivo è inammissibile.

In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012), non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà ed insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità della motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione (non riscontrabile nella specie) del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza per “mancanza della motivazione”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa o incomprensibile”, al di fuori delle quali, il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 23940/2017 e Cass., S.U., n. 8053/2014).

Nè, del resto, sussiste in capo al giudice di merito un obbligo di audizione della persona che richiede la protezione internazionale (cfr. Cass. n. 17717/2018; Cass. n. 3003/2018), avendo la Corte territoriale motivato in modo intelligibile sulle ragioni che ne escludevano l’ammissione (cfr. sintesi nel “Rilevato che”), là dove, poi, la valutazione circa la credibilità del narrato del richiedente si configura come apprezzamento di fatto, insindacabile in questa sede al di fuori dei limiti di cui al citato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 3340 del 2019), non avendo lo stesso ricorrente indicato fatti e circostanze tali evidenziare la decisività dell’audizione come contributo ad una valutazione positiva della credibilità del racconto.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per aver la Corte territoriale omesso di valutare ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari la documentazione depositata dal ricorrente ed afferente al rapporto di lavoro a tempo indeterminato con decorrenza 1.11.2017.

3. – Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5, 6 e 14, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3, 5, 6 e 14, per aver il giudice di gravame negato il riconoscimento della protezione sussidiaria, disattendendo il dovere di cooperazione istruttoria, che, se correttamente esercitato, avrebbe non solo dimostrato la precaria situazione di sicurezza del Paese di provenienza del richiedente, ma anche l’impossibilità dello stesso di beneficiare della tutela delle autorità statali, le quali verserebbero in uno stato “pietoso” e in situazione di “corruzione profondamente radicata”.

4. – Con il quarto mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per aver la Corte territoriale rigettato la richiesta di rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari a fronte di un errata valutazione delle condizioni di salute del richiedente (affetto da un grave deficit visivo adeguatamente documentato in giudizio) e di una mancata verifica circa la possibilità di cura della malattia nel Paese d’origine.

5. – Con il quinto mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, avendo la Corte d’appello negato la protezione umanitaria per mancanza di una condizione di particolare vulnerabilità del richiedente asilo idonea a giustificarla, senza dar conto del percorso d’integrazione sociale-lavorativo dallo stesso intrapreso, che, peraltro, si troverebbe, in caso di rimpatrio, in forza delle violenze subite da parte dei suoi persecutori e dell’impossibilità di beneficiare di alcuna forma di protezione statale, in una condizione di gravissima compromissione dei diritti fondamentali.

6.- Il terzo motivo – da esaminare preliminarmente – è inammissibile.

Parte ricorrente non coglie utilmente la ratio decidendi della sentenza ivi impugnata, ossia l’accertata l’inattendibilità del narrato reso dal richiedente.

In tema di valutazione della credibilità soggettiva del richiedente e di esercizio, da parte del giudice, dei propri poteri istruttori officiosi rispetto al contesto sociale, politico e ordinamentale del Paese di provenienza del primo, la valutazione deve prendere le mosse da una versione precisa e credibile, benchè sfornita di prova (perchè non reperibile o non richiedibile), della personale esposizione a rischio grave alla persona o alla vita: tale premessa è indispensabile perchè il giudice debba dispiegare il suo intervento istruttorio ed informativo officioso sulla situazione persecutoria addotta nel Paese di origine in riferimento allo status di rifugiato e ai presupposti della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Ne consegue che la ritenuta inattendibilità del racconto reso dal richiedente, e in quanto apprezzamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità se non in base al paradigma del vizio (non denunciato dal ricorrente) di cui al vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 3340/2019)

L’accertata inattendibilità del narrato del richiedente (che ha superato il vaglio delle censure veicolate in questa sede di legittimità) investe le domande di protezione ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), (Cass. n. 15794/2019; Cass., n. 4892/2019), risultando, quindi, irrilevante quanto dedotto in motivo circa l’impossibilità del richiedente di ricevere tutela dalle autorità statuali avverso le aggressioni provenienti dagli altri abitanti del villaggio e le relative fonti di informazione.

Quanto alla domanda di protezione di cui del citato art. 14, lett. c), il provvedimento impugnato ha esaminato la situazione fattuale della realtà socio-politica del Paese di provenienza del ricorrente, escludendone la sussistenza di una violenza indiscriminata, sulla base di fonti accreditate e specificatamente individuate nella sentenza (si veda pag. 7-8 e 9-10, tra le quali a titolo esemplificativo l’Amnesty International). Pertanto, la corrispondente doglianza del ricorrente è inammissibile non solo perchè volta sostanzialmente ad ottenere una rivalutazione della quaestio facti, attività preclusa in questa sede di legittimità, ma anche – e ancor prima – in quanto neppure evidenzia, specificamente, fonti informative che, in punto di presupposti legali richiesti dall’anzidetto art. 14, lett. c), smentiscano quelle utilizzate dal giudice di appello.

7.- Il secondo, quarto e quinto motivo – da scrutinarsi congiuntamente in quanto investenti tutti la decisione sulla domanda di protezione umanitaria – sono in parte inammissibili e in parte infondati.

La censura svolta, segnatamente, con il quarto motivo investe, inammissibilmente, un apprezzamento del giudice di merito (gravità della dedotta patologia visiva ai fini della situazione di vulnerabilità) e non denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo (che soltanto avrebbe dato luogo al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), giacchè la Corte territoriale ha preso in considerazione e valutato la documentazione sanitaria prodotta in giudizio, assumendo di non riscontrare un deficit visivo di tale importanza da integrare, sotto il profilo sanitario, una condizione di vulnerabilità del richiedente in caso di rimpatrio, escludendo ulteriori profili di compromissione dei diritti umani anche in ragione della accertata inattendibilità del racconto del richiedente quanto alla asserita situazione di persecuzione da parte dell’ex datore di lavoro.

Pertanto, una volta esclusa la sussistenza di una condizione di vulnerabilità, non potevano i profili di integrazione socio-lavorativa del richiedente (su cui si soffermano le doglianze proposte con il secondo e quinto motivo, ma senza dare contezza effettiva di aver fornito, nel giudizio di merito, allegazioni specifiche e tempestive sul punto), da solo considerati, giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, operando essi quale presupposto e non quale fattore esclusivo della comparazione che occorre effettuare tra la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine e quella di integrazione nel Paese di accoglienza (Cass., S.U., n. 29459/2019, Cass. n. 8819/2020).

8. – Ne consegue il rigetto del ricorso.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte intimata.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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