Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23290 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/10/2020, (ud. 17/06/2020, dep. 23/10/2020), n.23290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 27960-2017 proposto da:

BANCA CARIGE SPA – CASSA di RISPARMIO di GENOVA e IMPERIA, in persona

del suo Rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ARNO 88, presso lo studio dell’avvocato CAMILLO UNGARI

TRASATTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FABRIZIO BORCHI;

– ricorrente –

FUL FABBRICA UTENSILERIA LOMBARDA SNC, in persona dei legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

UGO BARTOLOMEI 23, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA SARACENI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA AULETTA;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

BANCA CARIGE SPA – CASSA di RISPARMIO di GENOVA e IMPERIA, in persona

del suo Rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ARNO 88, presso lo studio dell’avvocato CAMILLO UNGARI

TRASATTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FABRIZIO BORCHI;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 3964/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Nel marzo del 2011 la s.n.c. Fabbrica Utensileria Lombarda ha convenuto avanti al Tribunale di Como la s.p.a. Carige Banca. Per chiedere, in relazione a una serie di rapporti bancari, l’accertamento della nullità e/o inefficacia delle clausole relative al tasso di interesse, all’anatocismo, alla commissione di massimo scoperto; per chiedere, altresì, la nullità o annullabilità di un contratto derivato IRS, pure intercorso inter partes.

Nella resistenza della convenuta Banca, il Tribunale di Como ha accolto le domande attoree.

La Banca ha proposto impugnazione avanti alla Corte di Appello di Milano. Che lo ha respinto con sentenza depositata in data 18 settembre 2017.

La Corte territoriale ha in particolare osservato che il contratto relativo al derivato IRS “non fu stipulato in forma scritta, ragion per cui non potrebbe comunque sfuggire alla sanzione di nullità per inosservanza della forma prescritta dalla norma di cui all’art. 117 TUB”. Nè al riguardo potrebbe bastare la presenza di un semplice contratto-quadro, così come invocato dalla Banca: il derivato “non è un semplice ordine impartito dal cliente, ma è un contratto” nell’ambito del quale la banca è “parte contraente e non semplice intermediario”; e che è, inoltre, contratto “connotato da un contenuto e un tecnicismo di tale complessità… da far peraltro ritenere impensabile che elementi essenziali quali oggetto, proposta e accettazione possano essere compiutamente espressi dalle parti verbalmente e/o per via telefonica”.

Il giudice ha poi riscontrato che l’eccezione di prescrizione dei diritti vantati dalla società appellata risultava generica, essendo stata formulata in relazione ai “diritti vantati da F.U.L.”.

Quanto poi all’applicazione della clausola anatocistica, per il tempo successivo alla Delib. CICR 9 febbraio 2000, al rapporto di conto corrente in essere tra le parti la pronuncia ha osservato che la Banca non aveva dato prova della specifica approvazione per iscritto “ai sensi di quanto previsto di detta Delib. CICR 9 febbraio 2000, art. 7.3.”.

2.- Avverso questo provvedimento ricorre per cassazione Banca Carige, con quattro motivi. Resiste con controricorso la s.n.c. F.U.L. che pure presenta ricorso incidentale subordinato.

Il ricorrente ha depositato apposito controricorso nei confronti del ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3.- I motivi esposti dal ricorrente principale sono stati intestati nei termini qui di seguito riportati. Primo motivo: “violazione dell’art. 23 TUF e falsa applicazione dell’art. 117 TUB in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (quest’ultimo sotto il profilo della mera apparenza della motivazione”.

Secondo motivo: “violazione degli artt. 2934 e 2946 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Terzo motivo: “violazione degli artt. 112 e 183 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”.

Quarto motivo: “violazione dell’art. 1283 c.c. e art. 120 TUB in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1”.

4.- Il motivo di ricorso incidentale subordinato assume, con riferimento al contratto IRS, che la “Corte di Appello non ha tenuto conto del fatto che è passata in giudicato (perchè non oggetto di alcun motivo di appello, tantomeno specifico) la statuizione del giudice di primo grado che lo aveva dichiarato inesistente in quanto mai stipulato tra banca e cliente in alcuna forma, tanto meno verbale e/o telefonica”.

5.- Nel primo motivo del ricorso principale, si afferma che “è certamente erroneo il riferimento operato dalla Corte territoriale all’art. 117 TUB: infatti l’art. 23 TUF prevede al comma 4 che “le disposizioni del titolo VI capo I TUB non si applicano ai servizi e attività di investimento””; che, nella regolamentazione dettata nel TUF, “la necessità della forma scritta sussiste solo per il contratto quadro”, non anche per gli ordini di acquisto, che di quello realizzairsra l’attuazione operativa; che nella specie esiste un contratto quadro concluso inter partes; che nelle premesse di tale contratto risulta, tra le hltre cose, previsto che “il contraente e San Paolo Imi s.p.a…. intendono con il presente accordo stabilire le condizioni che regoleranno i derivati…”. Rispetto ai contenuti rappresentati da tale motivo, va osservato che la tesi ivi sostenuta si viene ad articolare, nella sua linea di strutturale costruzione, in due distinti passaggi. Il primo attiene alla rilevazione che il contratto derivato IRS sia (in sè o, comunque, nel caso concreto) effettivamente riconducibile al novero delle operazioni contemplate nell’art. 23 comma 4. Il secondo è che, posta la sussistenza in fattispecie di un contratto quadro corrente inter partes, il contratto derivato IRS sia comunque da considerare un semplice “ordine di acquisto”, come tale di semplice attuazione e specificazione di quanto previsto nel contesto del contratto quadro.

In relazione agli snodi proposti da questi passaggi è da rilevare che la normativa di trasparenza di cui al titolo VI TUB (come, tra le altre, ricomprensiva della norma dell’art. 117 in punto di forma contrattuale) trova applicazione nei confronti delle “attività svolte… dalle banche e dagli intermediari finanziari” e, inoltre, che la norma dell’art. 1, comma 2, lett. f. di detto testo unico annovera in modo espresso tra le attività bancarie “ammesse al mutuo riconoscimento” pure quelle in derivati (n. 7); con la conseguenza che, per sè, la norma dell’art. 23 TUF, comma 4 va interpretata – proprio per il suo essere espressione limitativa di queste regole generali – secondo canoni di ordine restrittivo. Per altro verso, pur se in modo correlato, è anche da annotare che, nella specie, la Banca si pone come parte del contratto IRS di cui si discute (cfr. sopra, il quarto capoverso del n. 1): peraltro, l’attività di “negoziazione per contro proprio” (di cui all’art. 1 TUF, commi 5 e 5-bis), che viene quindi in discorso, suppone pur sempre un ordine impartito del cliente all’esecuzione (e, per sè, da eseguire sul mercato) di una operazione (cfr. Cass., n. 11876/2016). E pure che il contratto derivato, pur avendo causa variabile (cfr. Cass. SS.UU., n. 8770/2020), difficilmente può essere ricondotto allo schema della compravendita, sì da potersi agevolmente ricondurre, al di là delle complessità strutturale che gli è propria, alla figura dell’ordine di acquisto, come emesso in attuazione di un contratto quadro.

6.- Fermati questi punti, va adesso riscontrata la novità della questione sopra evidenziata e, altresì, il rilevante rilievo nomofilattico che, in linea potenziale, la stessa viene a manifestare sulle prassi seguite dalle imprese operanti in derivati. Il Collegio ritiene, perciò, che non sussistano le condizioni di evidenza decisoria richieste dalla norma dell’art. 375, ultimo comma, c.p.c.

La controversia va pertanto rimessa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.

P.Q.M.

La Corte rimette la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 17 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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