Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2329 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2329 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: DI AMATO SERGIO

SENTENZA

sul ricorso 18928-2007 proposto da:
VITALE VINCENZO, VITALE ASSUNTA, VITALE ANDREA,
RONZA MARIA GRAZIA, RONZA PASQUALE, questi ultimi
due nella qualità di eredi di CARMELINA VITALE,
tutti in proprio e nella qualità di eredi di MARIA
DI RUBERTO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
2013
2024

ATANASIO KIRCHER

7,

presso l’avvocato IASONNA

STEFANIA, rappresentati e difesi dall’avvocato
PROCACCINI ERNESTO, giusta procura a margine del
ricorso;

Data pubblicazione: 03/02/2014

- ricorrenti contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE, in persona del
Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

controricorrente

avverso la sentenza n. 2355/2006 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 18/12/2013 dal Consigliere
Dott. SERGIO DI AMATO;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato G. ATTINGENTI
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
%
Con sentenza del 18 ottobre 1995 la Corte di appello
di Napoli accoglieva l’opposizione alla stima proposta da
Vincenzo Vitale, Andrea Vitale, Assunta Vitale, Carmelina

Vitale e Maria Di Ruberto in relazione alla
espropriazione di un’area di 1.200 mq, facente parte di
un fondo di maggiore estensione, e determinava in lire
313.845.345 l’indennità dovuta per l’espropriazione
dell’area e per la perdita di valore di quella residua,
nonché in lire 12.936.110=, oltre a quella già
riconosciuta di lire 340.200-, l’indennità di occupazione
temporanea. Il Ministero del lavori pubblici proponeva
ricorso per cassazione, che questa Corte accoglieva con
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sentenza 9 dicembre 1998, n. 12396, cassando con rinvio
la sentenza impugnata ed affermando la necessità di
determinare «la indennità di (parziale) espropriazione,
dovuta nella specie, secondo il principio dettato
dall’art. 40 dalla legge 2359/1865». Con sentenza del 6
luglio 2006 la Corte di appello di Napoli, quale giudice
di rinvio, dichiarava l’estinzione dell’intero giudizio
in quanto riassunto oltre il termine di un anno previsto
dall’art. 392 c.p.c., osservando che: 1) il giudizio era
stato riassunto dagli attori con atto notificato il 24
ottobre 2000, allegando che in data 15 giugno 1999 era
deceduto l’avvocato che li aveva rappresentati e difesi
3

nel giudizio di cassazione e che essi erano venuti a
conoscenza solo di recente ed in modo casuale
dell’avvenuto deposito della sentenza; 2) il mandato
conferito dagli attori al predetto avvocato era limitato
al giudizio di cassazione e, pertanto, aveva esaurito la

sua efficacia con la conclusione del relativo giudizio,
4) la riassunzione innanzi al giudice di rinvio deve
essere effettuata entro il termine annuale previsto
dall’art. 392 c.p.c. e per tale termine non è prevista
alcuna causa di interruzione, in quanto la sua notevole
ampiezza, come si desume dal terzo comma dell’art. 328
c.p.c., esclude l’esigenza di ovviare a possibili
difficoltà della difesa in quanto ogni pregiudizio può
essere evitato con l’uso della normale diligenza.
Vincenzo Vitale, Andrea Vitale, Assunta Vitale,
Pasquale Rona e Maria Grazia Ronza, gli ultimi due quali
eredi di Carmelina Vitale e tutti anche quali eredi di
Maria Di Ruberto./ propongono ricorso per cassazione,
deducendo un motivo, illustrato anche con memoria. Il
Ministero delle infrastrutture resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo proposto i ricorrenti deducono la
violazione degli artt. 301 ss. c.p.c., 392 ss. c.p.c., 3
e 24 Cost. nonché il vizio di motivazione, lamentando che
erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto
inapplicabile l’art. 301 c.p.c.; essi, infatti, non erano
4

venuti a conoscenza del deposito della sentenza che aveva
concluso il giudizio di cassazione, essendo deceduto il
loro difensore e cioè il soggetto tenuto a fornire, in
virtù del mandato conferitogli, ogni informazione in
relazione all’esito del detto giudizio. Dalla morte del

difensore conseguiva, pertanto, l’interruzione del
giudizio e la decorrenza del termine di riassunzione dal
momento in cui i ricorrenti avevano avuto notizia
dell’evento interruttivo.
Il motivo è infondato. Infatti, l’art. 392 c.p.c. non
prevede alcuna ipotesi di interruzione né, d’altro canto,
è applicabile l’art. 301 c.p.c. che fa riferimento alla
morte o all’impedimento del procuratore costituito,
essendo evidente che dopo la pubblicazione della sentenza
che conclude il giudizio di cassazione, seppure si possa
impropriamente parlare di pendenza del processo
unitariamente considerato, non pende certamente una fase
dinamica del processo nel quale la parte possa
considerarsi costituita a mezzo di procuratore. Più
precisamente può considerarsi pendente un termine
piuttosto che il processo.
Al riguardo è vero che le Sezioni unite di questa
Corte, con la decisione 27 novembre 1998, n. 12060, hanno
esteso il concetto di parte costituita anche al caso in
cui la morte del procuratore, per mezzo del quale la
parte si sia costituita nel precedente grado di giudizio

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ed al quale sia stato notificato l’atto di impugnazione,
intervenga dopo tale notificazione e prima del decorso
dei termini per l’impugnazione incidentale. Tuttavia,
tale decisione, si riferisce ad una fattispecie, quella
dell’impugnazione, per la quale la legge (art. 330, comma

primo, c.p.c.) prevede, sia pure sussidiariamente ed al
fine di instaurare il rapporto processuale di
impugnazione, una proroga ex lege dei poteri conferiti al
difensore con la procura alle liti nel precedente grado
di giudizio. In tale situazione ed in considerazione dei
termini «stingenti e cogenti» decorrenti dalla notifica
dell’impugnazione, si è ritenuto che «nell’ipotesi in cui
il decesso del procuratore della parte già costituita nel
precedente grado di giudizio si verifichi dopo la
notifica dell’atto di impugnazione e prima del decorso
dei termini per la costituzione in giudizio, si verifica
.,

un vuoto in cui il diritto di difesa non trova spazio,
non essendo possibile l’adempimento del dovere di
informare la parte dell’avvenuta impugnazione e della
necessità od opportunità di costituirsi in giudizio
approntando, se del caso, un’impugnazione incidentale».
Restando sul piano del termine per impugnare, alla
situazione sopra descritta, tuttavia, non è stata
equiparata dalla giurisprudenza di questa Corte quella
della avvenuta pubblicazione della sentenza, che
determina

di

per

sé,

indipendentemente

dalla
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comunicazione dell’avviso di deposito al procuratore
costituito, il decorso del termine lungo per impugnare
(sul punto v. Cass. s.u. 1 0 agosto 2012, n. 13794; Cass.
4 aprile 2013, n. 8216). Inoltre, per l’ampiezza del
termine annuale, previsto dall’art. 327 c.p.c., nel testo

anteriore alle modifiche dettate dalla legge n. 69/2009,
questa Corte ha anche escluso che l’affermazione della
responsabilità delle parti e del loro onere di
attivazione possa dare luogo ad una violazione del
diritto di difesa, costituzionalmente garantito. In
particolare, il rilievo, nel senso indicato,
dell’ampiezza di un termine annuale è stato più volte
affermato con le decisioni che, con riferimento alle
ipotesi di morte o impedimento del procuratore delle
parti, hanno escluso l’applicabilità della proroga del
termine lungo di impugnazione prevista in caso di morte o
di perdita di capacità delle parti (Cass. 28 marzo 2007,
n. 7660; Cass. 9 settembre 2004, n. 18153; Cass. 5
febbraio 1993, n. 1427 che hanno superato il contrario
risalente orientamento espresso da Cass. 12 luglio 1979,
n. 4048; Cass. 12 luglio 1976, n. 2956; Cass. 7 novembre
1956, n. 4167).
I principi sopra richiamati valgono evidentemente
anche per il termine annuale di riassunzione già previsto
dall’art. 392 c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche
dettate dalla legge n. 69/2009. In generale, infatti,
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quanto agli effetti della morte del difensore sul
processo, deve confermarsi che la mancata previsione, da
parte del

legislatore ed in alcune

fasi della

controversia, dell’interruzione non compromette
l’effettività del contraddittorio se la lunghezza del

termine a disposizione delle parti permette loro
l’assolvimento dell’onere di informarsi e di attivarsi
con diligenza. Inoltre, tale onere risponde, nell’ambito
di un bilanciamento di interessi egualmente meritevoli di
tutela, alle esigenze di ragionevole durata che, ai sensi
dell’art. 111 Cost., devono essere soddisfatte dalla
disciplina del processo. Nella stessa prospettiva,
infine, deve dirsi che la previsione di un termine lungo,
non suscettibile di interruzione per eventi che
colpiscono il difensore costituito nella precedente fase
di giudizio e suscettibile (nel caso del termine

ex art.

327 c.p.c.) soltanto di proroga e limitatamente agli
eventi che colpiscono direttamente la parte, risponde
alla esigenza di certezza dei rapporti giuridici,
limitando il tempo nel quale l’incertezza dell’esito di
una lite può protrarsi per la pendenza di un termine.
Le considerazioni svolte, naturalmente, valgono per le
formulazioni degli artt. 327 e 392 c.p.c. anteriori alle
modifiche dettate dalla legge n. 69/2009 che ha ridotto a
sei e tre mesi i termini rispettivamente di impugnazione
e di riassunzione. Infatti, rispetto ai nuovi termini,
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inapplicabili

ratione temporis nel caso in esame, sarà

necessaria una nuova valutazione della loro adeguatezza
nel bilanciamento tra la garanzia costituzionale del
diritto di difesa ed i principi del giusto processo e
della certezza dei rapporti giuridici.

In conclusione, dopo la pubblicazione della sentenza
che ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, la morte
del difensore che ha rappresentato la parte nel giudizio
di cassazione non determina l’interruzione del processo
ed il processo deve essere riassunto nel termine di un
anno (come previsto dall’art. 392 c.p.c. prima della
riduzione del termine a tre mesi disposto dalla legge n.
69/2009), atteso che l’ampiezza di tale termine esclude
la configurabilità di una lesione del diritto di difesa e
rende possibile alle parti di assolvere l’onere di
informarsi e di attivarsi con diligenza, come può ad esse
..

essere richiesto dalla disciplina del processo per
assicurarne, ai sensi dell’art. 111 Cost., la ragionevole
durata.
Soccorrono giusti motivi, in considerazione della
novità della questione, per compensare integralmente le
spese del giudizio di cassazione.
P . Q . M .
rigetta il ricorso; compensa per intero le spese del
giudizio di cassazione.


9

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18

dicembre 2013.

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