Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2329 del 01/02/2011

Cassazione civile sez. III, 01/02/2011, (ud. 29/11/2010, dep. 01/02/2011), n.2329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19383/2006 proposto da:

D.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato STIVALA LUIGI

RODOLFO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIAZZI Maurizio

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSITALIA SPA, (OMISSIS), in persona del suo legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ALFREDO CASELLA 43, presso lo studio dell’avvocato MERCATI NICOLETTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALLEGRA Luigi con procura

speciale del dott. Notaio Sirolli Mendaro Pulieri del 15.11.2010,

rep. n. 30166;

– controricorrente –

e contro

CRI, G.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 817/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

Sezione Terza Civile, emessa il 14/01/2005, depositata il 19/05/2005;

R.G.N. 1389/2003.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

29/11/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l’Avvocato Luigi RODOLFO STIVALA per delega Avvocato Maurizio

AISJONIAZZI;

udito l’Avvocato NICOLETTA MERCATI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 19 maggio 2005, la Corte di Appello di Torino, in parziale accoglimento dell’appello proposto da D.M. avverso la decisione del tribunale di Novara del 25-29 maggio 2002, dichiarava la responsabilità concorrente dello stesso D. (per 2/3) e del conducente della ambulanza ( G.V. in relazione all’incidente avvenuto in (OMISSIS) ad un incrocio della città.

I giudici di appello rilevavano che la conducente dell’ambulanza della Croce Rossa italiana aveva impegnato l’incrocio mentre il semaforo segnalava luce rossa. Ora il primo giudice aveva ritenuto la G. esente da colpa.

La Corte territoriale invece riteneva un concorso di colpa a carico della stessa, per non avere rallentato in prossimità di un incrocio ritenuto “pericoloso” ed avere impegnato lo stesso incrocio a velocità sostenuta, senza curarsi di verificare se stessero sopraggiungendo altri veicolo che fruivano del verde semaforico (ciò pur dovendo assicurare il trasporto di un “codice giallo” cioè di un paziente in condizioni di salute non particolarmente gravi).

A carico del conducente dell’auto privata ( D.) i giudici di appello accertavano una responsabilità di due terzi, per non avere lasciato il passo libero all’ambulanza, nonostante la accertata segnalazione con tutti i prescritti dispositivi del sopraggiungere del mezzo di soccorso, confidando esclusivamente nel segnale semaforico a lui favorevole.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso il D. con due motivi.

Resiste la Assicurazioni di Italia con controricorso.

Gli altri intimati non hanno svolto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE Con due distinti motivi il ricorrente denuncia violazione di norme di legge (art. 345 c.p.c., comma 1) e vizi della motivazione.

L’accertamento del concorso di colpa effettuato dai giudici di appello sfugge a qualsiasi censura, in quanto ampiamente motivato, ed in linea con la giurisprudenza di questa Corte. In base a questa: “In tema di responsabilità da circolazione stradale, se è vero che i conducenti di veicoli in servizio di emergenza (polizia, ambulanza, vigili del fuoco), anche quando procedono previa attivazione del dispositivo acustico d’allarme (c.d. sirena), non sono comunque esonerati dal dovere di osservare la generale prudenza nell’approssimarsi ai crocevia, è altresì vero che la violazione di tale generale obbligo di prudenza non esonera gli altri conducenti dall’obbligo di arrestare immediatamente la marcia, non appena siano in grado di percepire la suddetta segnalazione di emergenza. (Cass. 15 ottobre 2009 n. 21907, 16 novembre 2005 n. 23218, 18 novembre 1996 n. 11323).

Quanto alla mancata effettuazione di una seconda consulenza tecnica di ufficio in ordine alle condizioni di salute del D., aggravatesi nel corso del giudizio, si rileva che, correttamente i giudici di appello hanno osservato che l’appellante avrebbe dovuto formulare la richiesta di eventuali successivi danni – sofferti dopo la decisione di primo grado – in sede di appello, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 1. In tema di eccezioni al divieto dello “ius novorum” in appello, la disposizione dell’art. 345 cod. proc. civ., comma 2, ammette il ristoro del pregiudizio patrimoniale correlato ai danni sofferti dopo la sentenza impugnata. Con riferimento all’aggravamento dei postumi permanenti, e quindi dei danni già chiesti nel giudizio di primo grado, occorre che esso si sia verificato successivamente alla sentenza di primo grado o almeno al momento in cui esso aggravamento poteva essere dedotto dal danneggiato nella domande proposte al primo giudice.

Occorre, tuttavia, che l’appellante proponga una specifica richiesta in tal senso al giudice di appello.

Non avendo provveduto in tal senso il D. (la sentenza da atto che una prima richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica di ufficio venne formulata solo in sede di comparsa conclusionale in appello) la richiesta di ulteriori danni, tardivamente proposta, deve ritenersi inammissibile.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con due distinti motivi il ricorrente denuncia violazione di norme di legge (art. 345 c.p.c., comma 1) e vizi della motivazione.

L’accertamento del concorso di colpa effettuato dai giudici di appello sfugge a qualsiasi censura, in quanto ampiamente motivato, ed in linea con la giurisprudenza di questa Corte. In base a questa: “In tema di responsabilità da circolazione stradale, se è vero che i conducenti di veicoli in servizio di emergenza (polizia, ambulanza, vigili del fuoco), anche quando procedono previa attivazione del dispositivo acustico d’allarme (c.d. sirena), non sono comunque esonerati dal dovere di osservare la generale prudenza nell’approssimarsi ai crocevia, è altresì vero che la violazione di tale generale obbligo di prudenza non esonera gli altri conducenti dall’obbligo di arrestare immediatamente la marcia, non appena siano in grado di percepire la suddetta segnalazione di emergenza. (Cass. 15 ottobre 2009 n. 21907, 16 novembre 2005 n. 23218, 18 novembre 1996 n. 11323).

Quanto alla mancata effettuazione di una seconda consulenza tecnica di ufficio in ordine alle condizioni di salute del D., aggravatesi nel corso del giudizio, si rileva che, correttamente i giudici di appello hanno osservato che l’appellante avrebbe dovuto formulare la richiesta di eventuali successivi danni – sofferti dopo la decisione di primo grado – in sede di appello, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 1. In tema di eccezioni al divieto dello “ius novorum” in appello, la disposizione dell’art. 345 cod. proc. civ., comma 2, ammette il ristoro del pregiudizio patrimoniale correlato ai danni sofferti dopo la sentenza impugnata. Con riferimento all’aggravamento dei postumi permanenti, e quindi dei danni già chiesti nel giudizio di primo grado, occorre che esso si sia verificato successivamente alla sentenza di primo grado o almeno al momento in cui esso aggravamento poteva essere dedotto dal danneggiato nella domande proposte al primo giudice.

Occorre, tuttavia, che l’appellante proponga una specifica richiesta in tal senso al giudice di appello.

Non avendo provveduto in tal senso il D. (la sentenza da atto che una prima richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica di ufficio venne formulata solo in sede di comparsa conclusionale in appello) la richiesta di ulteriori danni, tardivamente proposta, deve ritenersi inammissibile.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.300,00 (duemilatrecento/00) di cui Euro 2.100,00 (duemilacento/00) per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2011

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