Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23287 del 09/11/2011

Cassazione civile sez. III, 09/11/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 09/11/2011), n.23287

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.A., M.T., elettivamente domiciliati in

ROMA, presso CANCELLERIACORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato CAZZETTA PIERLUIGI con studio in 20048 Carale Brianza

(MI) VIA mASCHERPA N. 14 giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

V.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN GODENZO

44, presso lo studio dell’avvocato SIBILIO GIACOMO, rappresentato e

difeso da sè medesimo, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 94 0/200 6 del TRIBUNALE di COMO, depositata

il 24/07/2006; R.G.N. 4989/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato V.L.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

T.A. propose opposizione avverso la domanda di sostituzione presentata ai sensi dell’art. 511 cod. proc. civ. dall’avv. V.L. nei confronti di T.G. e di M.T. nella procedura esecutiva immobiliare pendente dinanzi al Tribunale di Como col n. 5/2002 R.G.E.; nel giudizio di opposizione si costituì l’opposto ed intervenne volontariamente la M.. Il Tribunale di Como, con sentenza pubblicata il 24 luglio 2006, ha dichiarato cessata la materia del contendere sul contenzioso introdotto con il ricorso in opposizione alla domanda di sostituzione e con la comparsa di intervento volontario; ha condannato A. T. a rifondere le spese processuali in favore di L. V. ed ha compensato le spese tra quest’ultimo e T. M.. Avverso la sentenza del Tribunale di Como il T. e la M. propongono ricorso straordinario per cassazione a mezzo di tre articolati motivi. Si difende l’avv. V. con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata. Il presente ricorso per cassazione è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2008, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (24 luglio 2006).

I motivi di ricorso con i quali si denuncia il vizio di violazione di legge (cioè, il primo, con riguardo all’art. 12 disp. gen., artt. 184, 153, 115 e 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., art. 2697 cod. civ. e art. 111 Cost.; il secondo, con riguardo ai medesimi primi tre articoli del codice di rito, all’art. 12 cit. ed all’art. 111 Cost.; il terzo, con riguardo allo stesso art. 12, nonchè agli artt. 100, 615, 617, 115, 511, 499, 125 e 92 cod. proc. civ., ed all’art. 2697 cod. civ. e all’art. 111 Cost.) sono inammissibili per difettosa formulazione dei quesiti di diritto. Plurime sono, infatti, le violazioni del citato art. 366 bis cod. proc. civ., come interpretato da questa Corte in precedenti oramai numerosi e conformi, che qui si ribadiscono:

tutti e tre i quesiti sono formulati in termini tali da non consentire a questa Corte l’individuazione dell’errore di diritto denunciato dal ricorrente con riferimento alla fattispecie concreta nè gli stessi appaiono idonei all’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poichè di tale caso e delle questioni che esso pone non è fornita alcuna valida sintesi logico-giuridica (cfr.

Cass. S.U. n. 26020 del 30 ottobre 2008);

il secondo ed il terzo, inoltre, sono proposti come quesiti multipli, la cui formulazione imporrebbe alla Corte di procedere a risposte che potrebbero essere tra loro molto diversificate, in quanto relative a questioni tra le quali non è evidenziata dai ricorrenti la connessione logico-giuridica (cfr. Cass. n. 7770/09), anche in considerazione delle numerose violazioni di legge cumulativamente denunciate (sicchè è da escludere che ricorra l’ipotesi – astrattamente rinvenibile con riguardo al primo motivo – del quesito di diritto che, pur formulato per più punti, consista tuttavia in proposizioni, intimamente connesse, che, per la loro funzione unitaria, sotto il profilo logico e giuridico, risultino complessivamente idonee, pur sovrapponendosi parzialmente, a far comprendere senza equivoci la violazione denunciata ed a richiedere alla Corte di affermare un principio di diritto contrario a quello posto a base della decisione impugnata: cfr. Cass. n. 26737/08);

più specificamente, i quesiti, così come formulati dai ricorrenti, imporrebbero a questa Corte risposte relative alle più varie questioni processuali, senza che sia possibile cogliere dalla loro lettura, non solo quali siano gli errori di diritto compiuti dal giudice a quo e quali, invece, secondo la prospettazione dei ricorrenti, le regole da applicare, ma anche come queste si dovrebbero tra loro combinare onde pervenire ad una decisione diversa da quella oggetto di impugnazione.

Quanto al vizio di motivazione, denunciato col riferimento alla norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nell’intitolazione di tutti e tre i motivi, non è rinvenibile, in alcuno di essi, il momento di sintesi che questa Corte ha ripetutamente ritenuto indispensabile per una corretta formulazione del quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., nel testo come sopra vigente (cfr., tra le altre, Cass. n. 4556/09);

nè i fatti controversi sui quali vi sarebbe stato un difetto di motivazione sono desumibili dai plurimi quesiti raccolti sotto le indicazioni di “quesito giuridico”, poichè questi sono riferiti soltanto al vizio di violazione di legge per quanto al terzo motivo, anche ad un preteso error in procedendo.

In applicazione della regola della soccombenza, parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che si liquidano come da dispositivo.

Non sussistono i presupposti per la condanna dei ricorrenti ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 4, così come invocata dal resistente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento in favore del resistente delle spese del presente giudizio, che si liquidano complessivamente in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2011

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