Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23287 del 05/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/10/2017, (ud. 11/05/2017, dep.05/10/2017),  n. 23287

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Liliana – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14922/2016 proposto da:

COMUNITA’ DEL TERRITORIO COSTA PARADISO – C.F. (OMISSIS), in persona

del Presidente del Consiglio di Amministrazione, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA V. AMBROSIO 8, presso lo studio

dell’avvocato MARIO FIANDANESE, rappresentata e difesa dall’avvocato

FRANCO DORE;

– ricorrente –

contro

ABBANOA S.P.A. – C.F. P.I. (OMISSIS), in persona dell’Amministratore

Unico e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA, 32, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE LO PINTO, che la rappresenta e difende unitamente e

disgiuntamente agli avvocati FABIO CINTIOLI e IGNAZIA PAOLA MARIA

PALITTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11/2016 della CORTE D’APPELLO DI SASSARI,

depositata il 15/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’11/05/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 10 aprile 2013, la comunità del territorio di Costa Paradiso, comprensorio turistico sul quale insistono oltre 2000 abitazioni, che ricevono fornitura elettrica attraverso un unico contatore centralizzato, evocava in giudizio la Abbanoa S.p.A., operatore incaricato della gestione del servizio idrico nella regione Sardegna chiedendo l’accertamento dell’insussistenza del diritto di quest’ultima a richiedere agli utenti finali, residenti nel comprensorio, il pagamento di una voce della tariffa denominata “quota fissa di accesso”, dell’ammontare di Euro 50 annui, nonchè la restituzione delle somme già percepite dalla società rilevando che la quota fissa di accesso andrebbe addebitata esclusivamente una volta, poichè la comunità è servita da unico contatore;

il Tribunale di Tempio Pausania accoglieva la domanda ed avverso tale decisione la società Abbanoa proponeva appello sulla base di un unico motivo. Con una sentenza pubblicata il 15 gennaio 2016 la Corte d’Appello di Sassari, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda proposta dalla comunità con condanna al pagamento delle spese;

contro tale decisione propone ricorso per cassazione la comunità del territorio di Costa Paradiso affidandosi a tre motivi. Resiste il giudizio la S.p.A. Abbanoa con controricorso. Entrambe le parti depositano memorie difensive.

Diritto

CONSIDERATO

che:

la motivazione viene redatta in forma semplificata in adempimento di quanto previsto dal Decreto n. 136 del 2016 del Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione, non avendo il presente provvedimento alcun valore nomofilattico;

con il primo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 206, art. 154, riguardo al profilo del carattere della corrispettività della prestazione, rilevando che la Corte territoriale non avrebbe preso in considerazione le pronunce della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione in tema di irragionevolezza della previsione di una quota di tariffa, nei casi in cui la stessa, pur avendo natura di corrispettivo, non prevede alcuna controprestazione contrattuale della quota. Non avendo natura di tributo, ma di corrispettivo, la tariffa non deve essere applicata a chi non beneficia del servizio in rapporto di condizionalità reciproca tra prestazioni. Sulla base di tali premesse la Corte territoriale avrebbe errato nell’ancorare il requisito della corrispettività a tutta una serie di costi, necessari per la organizzazione del servizio idrico integrato;

strutturato in questi termini il motivo non riguarda la violazione del citato art. 154, correttamente preso in esame dalla Corte territoriale, ma consiste in una censura sulla congruità della motivazione, con valutazione in fatto riguardo agli elementi presi in esame dalla Corte territoriale al fine di considerare integrato il presupposto della corrispettività. In questi termini il motivo è inammissibile, poichè il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile alla fattispecie in esame, non consente siffatta valutazione in sede di legittimità. Infatti, non ricorre alcun omessa valutazione di un fatto, poichè la Corte territoriale ha correttamente evidenziato che proprio ai sensi dell’art. 154 la tariffa deve essere determinata tenendo conto “della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione, delle opere e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonchè di una quota parte dei costi di funzionamento dell’ente di governo dell’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento di esercizio”. Sulla base di tale disposizione la Corte territoriale ha ritenuto che quell’insieme di attività che il gestore del servizio idrico integrato deve costantemente porre in essere per assicurare la continua disponibilità e salubrità della risorsa idrica, nonchè lo smaltimento delle stesse in favore di circa 2000 immobili presenti nel comprensorio della comunità, integrasse il requisito della corrispettività. Una censura riferita a tale argomentazione costituisce certamente un vizio di insufficienza e non adeguatezza della motivazione, non consentito dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c. (Cass. SSUU, 7 aprile 2014, n. 8053);

Con il secondo motivo si deduce violazione di legge riguardo alla individuazione del concetto di “utente finale del servizio idrico”, eventualmente diverso dal titolare di un contatore contrattuale, quale certamente è la Comunità. Deduce la ricorrente un errore del giudicante nel non aver considerato che la Delib. CIPE aveva carattere transitorio ed eccezionale, riferita solo alle gestioni che non avevano fatto ricorso al metodo normalizzato, assumendo che la regione Sardegna aveva adottato tale elemento in conseguenza dell’applicazione del D.M. 1 agosto 1996, sulla base del quale la tariffa è stabilita dall’autorità dell’ambito territoriale ottimale (AATO);

il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto la contestazione riguarda l’individuazione dell’utente finale, se riferito alla singola unità abitativa o al concetto di utente, inteso quale soggetto titolare di un contatore contrattuale (Comunità). Rispetto a tale questione, le deduzioni non colgono nel segno, poichè la ricorrente non contesta che l’individuazione di tale profilo sia demandato alla AATO (circostanza risultante della L. n. 29 del 1996, artt. 13 e 14, D.Lgs. n. 152 del 2000, art. 154 e art. 6 della convenzione tra tale autorità d’ambito e Abbanoa), il quale fa riferimento al concetto di “unità abitativa”. La regione Sardegna ha attribuito a tale organo il ruolo di definire le tariffe, e ciò è avvenuto, per quello che si legge in atti, attraverso l’adozione di un regolamento che, con Delib. n. 17 del 2005, ha separato le due quote, fissa e varabile a consumo, in continuità con quanto previsto nelle precedenti Delib. CIPE. La prima (quota fissa) è riferita all’unità abitativa. E ciò in linea con quanto ritenuto dalla Corte territoriale, secondo cui, per individuare il soggetto tenuto al versamento della quota fissa si deve necessariamente prescindere dalla considerazione del punto in cui è ubicato il misuratore, dovendosi avere riguardo all’unità abitativa, cioè al concetto di casa-immobile, cioè all’utilizzatore finale;

con il terzo motivo si deduce violazione di legge, per avere la Corte territoriale fatto riferimento, quale fonte normativa capace di incidere sui diritti soggettivi degli utenti, ai provvedimenti amministrativi adottati dal CIPE ed alla circolare del Ministero sul punto, senza tenere in considerazione le statuizioni della autorità di ambito territoriale ottimale (AATO);

la censura va rigettata per quanto detto con riferimento al motivo precedente. Sotto altro profilo, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe violato i canoni legali di interpretazione della circolare che avrebbe dovuto essere correttamente intesa, nella parte in cui fa riferimento al concetto di “unità di utenza finale”, come riferita alla nozione di utente, quale titolare di contratto di somministrazione. Il profilo è inammissibile, poichè si traduce in una censura sulla motivazione specifica e congrua adottata dalla Corte territoriale, la quale ha sottolineato che la disposizione si riferisce all’ “utenza finale”, concetto differente rispetto a quello di “utente” quale persona fisica o giuridica che abbia stipulato un contratto di fornitura “anche diverso dall’utente finale”, con ciò evidenziandosi, come peraltro risulta dalla stessa prospettazione della ricorrente, che tale ultimo concetto va differenziato rispetto a quello del titolare di contratto di fornitura (pagina 4 della sentenza impugnata);

ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sezione Sesta della Corte Suprema di Cassazione, il 11 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2017

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