Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23286 del 18/09/2019
Cassazione civile sez. lav., 18/09/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 18/09/2019), n.23286
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19367-2016 proposto da:
FONDO DI PREVIDENZA PER IL PERSONALE DELLA CASSA DI RISPARMIO DI
FIRENZE, in persona del legale rappresentante pro tempore
elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, rappresentato e difeso
dall’avvocato PAOLO TOSI;
– ricorrente –
contro
M.I., P.C., O.G., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE FONTANA, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FABIO RUSCONI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 537/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 09/06/2016 R.G.N. 630/2015.
Fatto
RILEVATO
che:
Il Fondo di Previdenza per il personale della Cassa di Risparmio di Firenze impugnò la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Firenze che accogliendo parzialmente il ricorso di M.I., O.G. e P.C. – aveva dichiarato il diritto dei medesimi alla riliquidazione della pensione complementare a carico del Fondo nella misura dell’85% in luogo dell’82% della retribuzione pensionabile e l’aveva condannato al pagamento delle differenze mensili dovute a tale titolo sui trattamenti erogati;
la Corte d’appello di Firenze (sentenza del 9.6.2016) rigettò l’impugnazione principale del Fondo, mentre accolse quella incidentale di P.C., accertando il diritto di quest’ultimo alla percezione delle suddette differenze mensili a decorrere dal 7.5.2007;
la Corte territoriale spiegò che i motivi dell’impugnazione principale si rivelavano del tutto inidonei a contrastare la motivazione della sentenza di accoglimento di primo grado, basata sulla corretta applicazione della percentuale prevista dalla disposizione dello Statuto del Fondo per la qualifica di riferimento, non potendo più esplicare effetti previdenziali la soppressa qualifica di funzionario; inoltre, era egualmente infondato lo specifico motivo d’appello, proposto nei confronti del solo M., volto a porre in discussione la durata quinquennale della prescrizione del credito di quest’ultimo, trattandosi di prestazione da corrispondere periodicamente che soggiaceva, pertanto, al termine di prescrizione ex art. 2948 c.c., n. 4; invece, era fondato l’appello incidentale del P., posto che erroneamente il primo giudice aveva indicato la data di decorrenza della prestazione al 16.9.2008 in luogo della data esatta del 7.5.2012;
per la cassazione della sentenza ricorre il Fondo di Previdenza per il Personale della Cassa di Risparmio di Firenze con due motivi, cui resistono M.I., O. Gianna e P.C. con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione delle seguenti norme: artt. 1362,1363,1366,1367 e 1371 c.c. relativamente all’interpretazione dell’art. 18, comma 1, dello Statuto del 1996 in combinato disposto con l’art. 2, comma 1, del CCNL ACRI 1991, il settimo capoverso della premessa del CCNL ACRI del 1995, l’art. 3, commi 2, 11 e 13, dell’Accordo Quadro del 1998, l’art. 66, commi 1, 9 e 12, del CCNL ABI del 1999, l’art. 1, comma 1, CIA 2003;
sostiene, in sintesi, il ricorrente che l’interpretazione sistematica delle fonti di cui sopra imponeva di ritenere che agli iscritti al Fondo già aventi qualifica di funzionario ai sensi della contrattazione collettiva e successivamente inquadrati nella qualifica di quadro direttivo di 3 o di 4 livello, in virtù della tabella di equiparazione sancita dall’art. 11 del CCNL 1999 e dall’art. 1 CIA del 2003, fosse applicabile l’aliquota dell’82% prevista dallo Statuto per i dipendenti con qualifica di funzionario;
il motivo è infondato;
invero, è pacifico che al momento del pensionamento, avvenuto rispettivamente l’1.12.2001, l’1.5.2006 e il 30.11.2003, M.I., O.G. e P.C. rivestivano la qualifica di Quadro Direttivo di quarto livello del CCNL Credito, non essendo più Funzionari sin da quando nel 1999 era stata abolita quest’ultima qualifica, per cui è corretta la soluzione adottata dai giudici di merito, i quali hanno considerato il dato testuale della norma statutaria dell’art. 18 applicabile al caso di specie;
infatti, il tenore letterale dell’art. 18 dello Statuto del Fondo è inequivocabile nella parte in cui prevede espressamente che le prestazioni annue tempo per tempo erogate dall’A.G.O saranno integrate dal Fondo fino a raggiungere complessivamente le seguenti percentuali della retribuzione pensionabile di cui all’art. 28 goduta dall’iscritto al momento della cessazione dal servizio: 85% per i quadri, gli impiegati, i subalterni e gli ausiliari, 82% per i funzionari e 78% per i dirigenti (v. in tal senso anche Cass. Sez. lav. n. 3309 del 12.2.2018);
non ha, quindi, pregio il riferimento operato dalla difesa dei Fondo al fatto che chi come ex funzionario aveva assunto per effetto del nuovo sistema di inquadramento della contrattazione collettiva la qualifica di Quadro Direttivo di 3 o 4 livello aveva, comunque, mantenuto il medesimo trattamento economico, per dedurne che tale cambio di qualifica non giustificava la rivendicazione della percentuale dell’85% delle retribuzione pensionabile prevista per i Quadri ai fini del calcolo della prestazione complementare, dovendo, invece, continuare ad applicarsi quella dell’82% prevista dall’art. 18 dello Statuto per i dipendenti con qualifica di Funzionario;
in realtà, una tale distinzione non rileva, posto che l’invocata norma statutaria fa riferimento, ai fini che qui interessano della individuazione della percentuale da applicare per il calcolo delle prestazioni integrative, alla categoria di appartenenza al momento della cessazione dal servizio, senza ulteriori distinzioni, per cui l’interpretazione letterale della stessa disposizione conduce al risultato cui sono già pervenuti i giudici del merito;
col secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2934,2946 e 2948 c.c., assumendo che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici dell’appello in merito all’eccezione di prescrizione sollevata nei confronti del solo M., la prescrizione del diritto alla riliquidazione della pensione complementare è quella ordinaria decennale, essendo un tale diritto incentrato sulla verifica del quantum ai fini della contestata riliquidazione – ben diverso da quello alla riscossione dei singoli ratei pensionistici già maturati, la cui prescrizione è, invece, quinquennale;
il motivo è fondato;
invero, si è al riguardo statuito (Sez. Un., sentenza n. 17742 dell’8.9.2015) che ” In materia di previdenza obbligatoria (quale quella gestita dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994) la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948 c.c., n. 4, – così come dal R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 129 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicchè, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico, il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.””;
quindi, nella fattispecie non può trovare applicazione la norma di cui all’art. 2948 c.c., posto che la causa non attiene alla riscossione dei ratei di pensione complementare già liquidati, bensì unicamente alla sussistenza del diritto degli odierni intimati alla riliquidazione nella misura dai medesimi invocata, per cui la relativa prescrizione non può che essere quella ordinaria di durata decennale; in definitiva, va rigettato il primo motivo del ricorso, mentre va accolto il secondo, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e con rinvio della causa, anche per la liquidazione delle spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2019