Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23284 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. II, 23/10/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 23/10/2020), n.23284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24903/2019 proposto da:

O.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIORGIO

SCALIA, 12, presso lo studio dell’avvocato VALERIO GALLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LIDIA BIANCO SPERONI, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1169/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 19/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

O.N. – cittadino della (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Brescia avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Brescia che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’aver dovuto lasciare il suo Paese poichè, allacciata relazione sentimentale con ragazza di fede mussulmana, era osteggiato dal padre di lei poichè cristiano, tanto che lo minacciò intimandogli di troncare la relazione.

Quando, invece, la ragazza rimase incinta il padre di lei gliela affidò raccomandandogli di trattarla bene, purtroppo però la ragazza morì a seguito del parto e così il padre lo incolpò della morte e voleva ucciderlo, tanto che uccise suo amico probabilmente avendolo scambiato per lui.

Il Tribunale lombardo ebbe a rigettare il ricorso ritenendo che la vicenda personale narrata dal ricorrente non era credibile; che non sussisteva nello Stato nigeriano di provenienza del richiedente asilo una situazione socio-politica caratterizzata da violenza diffusa; che non concorrevano ragioni fattuali di vulnerabilità od elementi utili all’accoglimento della richiesta di protezione umanitaria.

Il richiedente asilo ebbe a proporre gravame avanti la Corte d’Appello di Brescia che ebbe a rigettare l’impugnazione mossa poichè effettivamente non credibile la versione fornita dal richiedente asilo a giustificazione del suo espatrio e la non credibilità condizionava negativamente, impedendolo, anche l’esame delle altre domande di protezione sia sussidiaria che umanitaria proposte.

Il richiedente asilo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte lombarda articolato su tre motivi, illustrata anche con memoria.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da O.N. risulta fondato esclusivamente nei limiti in cui è stato dedotto il secondo motivo.

In limine va rilevato che la nota difensiva rimessa per posta dal ricorrente risulta pervenuta in Cancelleria – Cass. n. 30592/18 – scaduto il termine prescritto dall’art. 378 c.p.c., sicchè va considerata tardiva.

Inoltre i documenti allegati a detta memoria, comunque, risultano inammissibili in questo giudizio di legittimità poichè non rientranti nella previsione normativa ex art. 372 c.p.c..

Infine la liquidazione – quando dovuta – del compenso al difensore del ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato in relazione al giudizio di legittimità è disciplinata a sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 83, che esclude intervento al riguardo da parte di questa Suprema Corte.

Con la prima ragione di doglianza l’ O. lamenta violazione dei principi D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 7 e 8 ed ella Convenzione di Ginevra in ordine al rigetto della richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, nonchè motivazione apparente sul punto.

Ad opinione del ricorrente la Corte bresciana non ha esaminato la sua vicenda personale sotto il profilo della lesione di suoi diritti fondamentali in relazione alle condizioni socio-politiche ed economiche della Nigeria.

L’argomentazione critica proposta in ricorso si compendia in ricostruzione astratta dell’istituto; nella apodittica contestazione della statuizione di sua non credibilità e nell’omessa considerazione che risultava documentato l’agire di gruppo terroristico di matrice mussulmana anche nell’Edo State, dal quale proveniva il ricorrente, sicchè concorreva anche la dedotta persecuzione di natura religiosa.

Viceversa la Corte lombarda ha puntualmente esaminato il racconto, reso dal richiedente asilo al fine di illustrare le ragioni del suo espatrio, e messo in rilievo le ragioni per le quali lo stesso non era credibile e questa statuizione della Corte non risulta attinta da specifica contestazione.

Di conseguenza le ragioni di persecuzione dipendenti dal suo credo religioso e la rilevanza dell’azione di gruppo terroristico anche nell’Edo State effettivamente sono elementi fattuali non rilevanti circa la statuizione sulla credibilità.

La persecuzione correlata al credo religioso è affermazione del richiedente asilo in dipendenza della sua relazione con la ragazza morta e della reazione del padre di lei – fatto non ritenuto credibile -, mentre la questione afferente all’azione di gruppo terroristico è dato estraneo al racconto della sua specifica vicenda personale, sicchè non può configurare fattore di suo conforto.

Inoltre dalla documentazione, afferente l’azione di gruppo terroristico anche nell’Edo State per come riprodotta in ricorso, s’apprende solamente che alcuni sospetti terroristi, che progettavano azioni anche nella zona dell’Edo State, sono stati arrestati, non già che sia in essere azione terroristica talmente significativa da generare la situazione socio-politica – rilevante in causa – connotata da violenza diffusa.

Dunque la critica portata nel primo motivo di ricorso alla statuizione circa la credibilità del racconto reso dal O. appare priva di fondamento.

Con il secondo mezzo d’impugnazione proposto il ricorrente deduce violazione della norma D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, per l’utilizzo da parte della Corte distrettuale di informazioni generiche non aggiornate, senza nemmeno indicare le fonti di conoscenza per ritenere esclusa la concorrenza di situazione socio-politica caratterizzata da violenza diffusa nella zona della Nigeria di sua provenienza.

Il motivo appare fondato posto che, espressamente, il Collegio lombardo non ha proceduto a puntuale esame della situazione socio-politica esistente nell’Edo State nigeriano sull’osservazione che la non credibilità del racconto, reso dal richiedente asilo, si riflette anche sulla protezione sussidiaria ed umanitaria, impedendone l’esame.

Detta statuizione appare conforme a datato insegnamento di questa Suprema Corte superato da arresti più recenti – Cass. sez. 1 n. 14283/19, Cass. sez. 3 n. 8819/20 – indirizzo dogmatico cui anche questo Collegio aderisce.

Difatti la non credibilità del narrato consente di ritenere infondata la richiesta di asilo e di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) b), poichè istituto correlati a situazioni di persecuzione o pericolo specifico in capo al richiedente asilo, ma non anche in relazione alla norma ex lett. c) in quanto configurante una pericolo non individualizzato ma incombente sulla generalità dei cittadini che abitano un determinato territorio pervaso da violenza diffusa, siccome precisato dalla giurisprudenza della Corte Europea.

Dunque era onere della Corte distrettuale esaminare specificatamente, ai soli fini della protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la situazione socio-politica della Nigeria, con particolar riguardo all’Edo Stato, sulla scorta della prescrizione normativa D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, comma 3.

Difatti il Giudice non può limitarsi ad offrire valutazione fondata su conoscenza personale della situazione socio-politica del Paese interessato – come comunque fatto in sentenza mediante il cenno al divieto di respingimento -, bensì deve ancorare il suo apprezzamento alle informazioni desunte dai rapporti aggiornati redatti dagli Organismi internazionali, preposti all’uopo, indicati nel provvedimento, siccome richiesto dalla norma positiva dianzi citata.

Nella specie un tanto è mancato nella sentenza impugnata che sul punto – diritto del ricorrente a godere della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) – va cassata e la questione rimessa alla Corte d’Appello di Brescia altra sezione per il nuovo esame.

Va precisato che la terza ragione di doglianza, – vizio per difetto di motivazione e violazione dell’art. 5, comma 6 T.U. Imm., poichè la Corte bresciana ha rigettato la domanda di protezione umanitaria non considerando il pericolo per la sua vita rappresentato dalla persecuzione contro i cristiani in atto – afferendo alla protezione umanitaria avente carattere residuale, rimane assorbita poichè va esaminata solo una volta escluso il ricorrere del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

Il Giudice di rinvio provvederà anche – ex art. 385 c.p.c., comma 3 – alla disciplina delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbito il terzo, cassa in questi limiti la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Brescia altra sezione anche per le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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