Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23282 del 31/10/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 23282 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 5424-2008 proposto da:
DEL CHICCA VALENTINO dlcvnt43c07g702p, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61, presso lo
studio dell’avvocato VALENTINO GENTILE, rappresentato
e difeso dall’avvocato CARLO CREMONINI;
– ricorrente contro

2014
1820

MEDDA PATRIZIA C.F.MDDPRZ60C53B6750, SISTI FILIPPO
C.F.SSTFFP59B06G141K,

elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DELLA GIULIANA 37, presso lo studio
dell’avvocato MICHELE CAPECE, che li rappresenta e

Data pubblicazione: 31/10/2014

difende;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 135/2007 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 25/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SCALISI;
udito l’Avvocato Cremonini Carlo difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito

l’Avv.

Capece

Michele

difensore

dei

controricorrenti che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’accoglimento del primo, terzo e quarto motivo,
l’assorbimento del secondo motivo del ricorso.

udienza del 16/09/2014 dal Consigliere Dott. ANTONINO

Svolgimento del processo
Del Chicca Valentino con atto di citazione del maggio 1991 conveniva in
giudizio davanti al Tribunale di Pisa Sisti Filippo e Medda Patrizia proprietari
di un fabbricato confinante con proprietà di esso attore, per chiedere
..

prorpeità del De Chicca. In particolare, specificava l’attore che i convenuti
nel restaurare il loro fabbricato (costituito da tre modesti corpi di fabbrica
consecutivi): 1) nel sostituire la copertura del locale adibito a forno avevano
sconfinato con essa per alcuni centimetri sulla sua prorpeità; 2) che rifacendo
la copertura a tetto del locale adibito a ripostiglio avevano alla sommità di
essa costruito un piovente sul muro del ripostiglio collocato abusivamente su
tutto lo spessore del muro che, invece, è in comunione. 3) che non avevano

munito di grata metallica una finestra lucifera di vecchia data aperta sulla
proprietà dell’attore; 4) che avevano posto dei ganci destinati a sostenere una
grondaia aggettanti sulla prorpeità dell’attore; 5) che non avevano rimosso dal
fondo di esso attore i materiali di risulta dei lavori eseguiti.
Si costituivano i. Convenuti, opponendosi alla domanda dell’attore e negando
che nel restaurare il proprio immobile avessero in alcun modo modificato la
preesistente situazione di confine. Si dichiaravano disponibili ad eliminare i
ganci della installanda grondaia aggettanti sulla proprietà dell’attore.
Espletata consulenza tecnica di ufficio, il Tribunale di Pisa con sentenza 697
del 2004 rigettava la domanda dell’attore e, in accoglimento della proposta dei
convenuti, condannava gli stessi a rimuovere i ganci che avrebbero dovuto
sostenere la installanda grondaia a proprie spese. Condannava l’attore al
pagamento delle spese giudiziali.
1

l’eliminazione di taluni manufatti realizzati dai convenuti in violazione della

Avverso

questa sentenza proponeva

appello

Del

Chicca Valentino,

lamentando l’inaffidabilità della consulenza tecnico di ufficio, della quale
chiedeva il rinnovo.

Si costituivano Sisti Filippo e Medda Patrizia chiedendo il rigetto del
gravame.
La Corte di appello di Firenze con sentenza n. 135 del 2008, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Pisa, condannava gli appellati a
munire di grata fissa in metallo, le cui maglie non fossero maggiori di tre
centimetri quadrati, la loro finestra lucifera, prospettante sul fondo
dell’appellante, confermava nel resto la sentenza impugnata. Dichiarava
compensate per un quarto le spese del giudizio e poneva i restanti tre quarti a
carico del Chicca Valentino. A sostegno di questa decisione la Corte
fiorentina osservava: a) che il secondo corpo denominato formo è stato
provvisto di copertura a tegola senza ampliamento di superficie né di volume;
b) che non avrebbe subito alterazioni il piovente del muro comune vi sarebbe
aggravamento di servitù a carico del fondo dell’attore;

c) che realmente la

finestra di cui alla foto n. 7 necessitava di essere regolarizzata con inferriata e
grata a maglie.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Valentino Del Chicca con
ricorso affidato a quattro motivi. Sisti Filippo e Medda

Patrizia hanno

resistito con controricorso. All’udienza del 28 gennaio 2014 questa Corte
rinviava a nuovo ruolo

vista l’istanza congiunta di rinvio per decesso

dell’unico difensore del ricorrente. In prossimità dell’udienza pubblica, Del
Chicca ha depositato memoria ex art. 378 cpc.
Motivi della decisione
2

_

In via preliminare, va rigettata l’eccezione di inammissibilità avanzata dai
controricorrenti per

carenza del requisito sub n. 3 dell’art. 366 cpc. —

esposizione sommaria dei fatti di causa- dato che il ricorso in esame contiene
un’essenziale, anche se sintetica,

_

ricorso). La stessa dottrina e giurisprudenza, anche di questa Corte Suprema,
specificano che il disposto dell’art 366 n 3 cod. proc. civ. per cui il ricorso per
Cassazione deve contenere, sotto pena di inammissibilità, la esposizione
sommaria dei fatti di causa può considerarsi adempiuto quando dalla sia pur
sintetica narrativa premessa ai motivi e dalla illustrazione di questi è dato
rilevare gli elementi indispensabili per una sufficiente cognizione dei fatti di
causa.
,
b

1.= Con il primo motivo, De Chicca Valentino denuncia la nullità della
sentenza e/o del procedimento ex art. 360 n. 4 per violazione dell’art. 112 cpc.
Avrebbe errato la Corte fiorentina, secondo il ricorrente, nell’aver ritenuto
infondata la domanda attorea sulla base di un ritenuto accertamento di un
diritto di servitù imposto sul fondo del ricorrente in favore del fondo dei
resistenti avente ad oggetto il tollerare una parete aggettante e del muro
divisorio (testaiola) nella parte sovrastante il suolo di proprietà del ricorrente
nonché la costruzione del piovente che inevitabilmente fa scolare le acque
interamente nel terreno medesimo. Epperò, i resistenti non hanno mai
affermato di avere un diritto di servitù, né hanno chiesto al giudice o al CTU
il relativo accertamento, essendosi, invece, limitati a sostenere

che la

situazione dei luoghi non è cambiata a seguito dei lavori eseguiti. Piuttosto,
specifica il ricorrente l’aggetto e il piovente esiste e viola i diritti del
ricorrente e, non importa se questa è conseguenza diretta dei lavori o se
3

esposizione dei fatti di causa (pag. 2 del

esisteva prima di essi poiché il proprietario ha il diritto in ogni momento di
chiederne la rimozione. Viceversa se i resistenti avessero voluto addurre di
mantenere lo stato dei luoghi da essi creato avrebbero dovuto invocare
l’esistenza di un diritto di servitù e provarne il titolo. Pertanto il Giudice del
.

merito hanno configurato l’esistenza di un diritto di servitù senza che fosse

stato chiesta dalla parte interessata.
Ciò premesso, il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: dica la Corte
Suprema se viola l’art. 112 cpc. la sentenza della Corte di appello che escluda
la possibilità per il proprietario di un fondo il quale chieda la rimozione di una
sporgenza aggettante sul proprio fondo costruita dal proprietario del fondo
confinante sul muro divisorio comune, nonché di un piovente lungo tutto il
muro, sempre da questi costruito, in modo tale che le acque confluiscano
esclusivamente nel terreno del primo senza che il secondo abbia mai chiesto
ed affermato di avere un diritto di servitù in tal senso, ma essendosi limitato
quest’ultimo ad affermare genericamente che la situazione dei luoghi
preesisteva ai lavori di ristrutturazione, non

avendo indicato quando sono

state poste in essere le costruzioni de quo, né il titolo del diritto di servitù di
mantenere invariato lo stato dei luoghi.

1.1.= Il motivo è fondato e va accolto.
Dall’atto introduttivo del primo giudizio e dall’atto di appello è possibile
desumere che l’attore (attuale ricorrente) lamentava la costruzione da parte dei
convenuti di una grondaia oltre il muro portante verso il fondo dell’attore
aggettante nella proprietà
di quest’ultimo e chiedeva: la rimozione della
ri
grondaia costruita dai convenuti oltre il muro portante, nonchè la rimozione
del piovente del muro divisorio che era in comunione tra le stessi parti su
4

4

tutto lo spessore del muro; il ripristino di luci; ed ancora, l’eliminazione di
materiali di risulta. I convenuti a loro volta chiedevano il rigetto delle
domande dell’attore negando che nel restaurare il loro immobile avessero in
alcun modo modificato la preesistente situazione di confine.
La domanda attorea, dunque, così come formulata e contrastata dai convenuti,
postulava la necessità di accertare se i manufatti dei convenuti ledevano il
diritto di proprietà di Valentino De Chicca e/o, se l’eventuale compromissione
del diritto di proprietà di Valentino De Chicca fosse contrastata dai convenuti
con l’eccezione dell’esistenza di un eventuale diritto di servitù

a vantaggio

del fondo dei convenuti e a carico del fondo dell’attore, acquisito o a titolo
originario o a titolo derivativo. Pertanto, il giudice del merito non si sarebbe
potuto limitare a verificare che l’ultimo intervento di ristrutturazione
effettuato dai convenuti/ non aveva mutato la situazione dei luoghi., perché
anche un’opera preesistente rispetto ai lavori di ristrutturazione avrebbe
potuto essere illegittima indipendentemente del tempo in cui fosse stata
realizzata. Né, il Giudice del merito, avrebbe potuto ritenere che le opere di
che trattasi non arrecavano un aggravamento di servitù a carico del fondo
dell’attore, senza che questa fosse stata eccepita in alcun modo dai convenuti,
Piuttosto, la Corte fiorentina e ancor prima il Tribunale di Pisa, avrebbe
dovuto accertare — e non sembra lo abbia fatto- se gli elementi oggetto del
giudizio ( parte aggettante e piovente) quale che fosse l’epoca in cui erano
stati realizzati, ledevano il diritto di proprietà dell’attore e, se eccepita,
accertare l’eventuale esistenza di un diritto di servitù, a vantaggio del fondo
dei convenuti E di più, la Corte fiorentina avendo avuto modo di accertare
che la preesistente copertura in cemento
5

sporgeva per qualche centimetro

.

oltre il limite del muro comune sulla proprietà dell’appellante come sporge
ora la prima fila di tegole , avrebbe dovuto accertare se la parte interessata
aveva offerto la prova della legittimità dell’opera di cui si dice eventualmente
eccependo l’esistenza di un diritto di servitù.
2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 832, 908, 1102 e 1031 cc., in relazione tra di loro,

.

nonché difetto, illogicità e oscurità della motivazione. Secondo il ricorrente, la
Corte fiorentina non indica con chiarezza il fondamento del diritto dei
convenuti a mantenere l’aggetto di circa 15 cm della testaiuola costruita dai
convenuti sul muro comune e aggettante nel fondo del ricorrente, nonché del
diritto di mantenere il piovente con sistema di scolo delle acque piovane
interamente sul fondo del De Chicca. La Corte di merito, specifica il
ricorrente, da un verso sembra sottintendere una sorta di mancanza di
interesse ad agire ex art. 100 cpc. del De Chicca e, per altro, sembra intendere
che, siccome l’aggetto preesisteva rispetto all’esecuzione dei lavori di
ristrutturazione eseguiti dai convenuti sul muro comune, esisterebbe un diritto
di servitù tale da gravare il fondo del ricorrente di un peso consistente nel
tollerare per sempre l’esistenza di un aggetto e del piovente. Tuttavia,quali
che siano le ipotesi assunte dalla Corte di merito a base della motivazione vi è
fondato motivo di ritenere che la sentenza violi i diritti di proprietario del
ricorrente ex art. 832 cc., in relazione all’art. 908 cc ed agli artt. 1102 e 1032
cc il quale viene in tal modo ad essere costretto a riconoscere un diritto di
servitù avallato da una sentenza di secondo grado, pur in assenza della prova

(°\

1

dell’esistenza della detta servitù.
Pertanto, conclude il ricorrente, si chiede alla Corte di stabilire se sussiste
6

interesse del proprietario di un fondo nel caso in cui il proprietario del fondo
confinante e diviso da un muro comune, abbia costruito una testaiuola
aggettante nell’area sovrastante quella del suolo del proprietario del fondo
confinante e comproprietario del muro, nonché abbia apposto su quest’ultimo

acque piovane nel fondo

del vicino, senza che in alcun modo sia stato

accertato il fondamento ed il titolo di un diritto di servitù di un fondo a favore
dell’altro, ed impedendogli di fatto di farne parimenti uso ai sensi dell’art.
1102 cc., in quanto entrambi comproprietari del muro divisorio, il tutto in
violazione, oltre che del diritto di proprietà, anche, dell’art. 908 cc., il quale
prevede espressamente che il proprietario deve costruire i tetti in maniera che
,

le acque piovane scolino sul suo terreno e non può farle cadere nel fondo del
vicino.
2.1. = Il motivo rimane assorbito dal precedente, considerato che
l’accoglimento del primo motivo comporterà l’accertamento se i manufatti dei
convenuti, quale che sia il tempo di realizzazione, ledono il diritto di proprietà
di Valentino Del Chicca.
3.= Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia e/o omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e
decisivo per il giudizio. Secondo il ricorrente, sia la Corte di merito e sia il
Tribunale, pur condannando i resistenti a munire di grata fissa in metallo, le
cui maglie non siano maggiori di 3 cm, q.ti la loro finestra lucifera
prospettante sul fondo dell’appellante, raffigurata nella foto 7 della CTU
avrebbe omesso di condannare i ricorrenti a regolarizzare la stessa finestra
lucifera, anche, in ordine alle dimensioni ed all’altezza da terra.
7

delle tegole a piovente su tutta la sua superficie in modo da far confluire le

Pertanto, conclude il ricorrente si chiede alla Corte Suprema di dichiarare ed
accertare se vi è omessa motivazione in ordine ad un punto essenziale del
giudizio qualora un proprietario di un fondo limitrofo

che ha richiesto il

ripristino della luce che si affaccia dal fondo del proprietario confinante sul

proprio fondo, in maniera tale che la stessa sia provvista di tutti i requisiti

dall’art. 901 cc., laddove la sentenza impugnata ha perso in considerazione
solo il requisito di cui all’art. 910, n. 1 cc., dell’art. 901 cc e non anche quelli
di cui al n. 2 e 3 previsti dalla norma stessa.
3.1.= Il motivo è infondato.
Come specifica la sentenza impugnata (….) le finestre sarebbero due ma,
siccome l’attore chiede la regolarizzazione di una sola di esse mediante

l’apposizione della prescritta grata, sembra doversi riferire alla finestra di cui
alla foto n. 7 , che è, in effetti, munita di inferriata ma non di grata a maglia,
mentre l’altra finestra una specie di maglia più o meno sfatta, ce l’ha ancora”.
E come specifica il ricorrente, lo stesso aveva chiesto “”di ripristinare la luce
dello stesso manufatto dei convenuti (detto baracca) che si affaccia sulla
proprietà dell’attore in maniera tale che la stessa fosse provvista di tutti quei
requisiti propri della luce e quindi a munirla di idonea grata fissa in metallo
giusta quanto previsto dall’art. 901 cc.” Pertanto, risultando evidente che
l’originario attore non aveva chiesto anche la regolarizzazione della luce
rispetto all’altezza da terra in relazione alla quale esisteva la prova della
irregolarità, il Giudice del merito non avrebbe potuto disporre la
regolarizzazione della finestra, anche in relazione all’altezza da terra della

Ar
l

stessa, per mancanza di domanda specifica..
4.= Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione di legge e
8

contraddittoria e illogica motivazione in ordine ad un punto essenziale della
controversia. Secondo il ricorrente avrebbe errato la Corte di merito nell’aver
affermato che, ove il De Chicca “intendesse lamentare che facendo ogni
tegola della fila più alta da piovente per tutto lo spessore del muro su cui

convenuti (in pratica si sarebbe dovuto spezzare a metà ogni tegola della
prima fila inclinandone una metà verso una proprietà e una metà verso l’altra)
sarebbe facile obiettare che altri elementi dello stesso muro danno indicazione
contraria, come ad esempio la pendenza del locale forno che è tutta verso il
fondo dei convenuti e il doppio piovente” perché non avrebbe tenuto conto
dell’art. 881 cc., dato che contraddirebbe la presunzione di proprietà del muro
.

comune in favore del fondo, ove risulta posizionato il piovente.
Pertanto, stabilisca la Corte Suprema, conclude il ricorrente, se viola l’art. 881
cc. la sentenza che preveda che la legittimità dei lavori di ristrutturazione
eseguiti da un comproprietario del muro comune divisorio nella parte in cui
precisa che il piovente costruito interamente sul fondo del proprietario che ha
eseguito detti lavori, non è l’unico indizio di proprietà esclusiva del muro
comune, ma ve ne sono altri, in quanto detta norma prevede che , nel caso di
pluralità di indizi di comunanza del bene conteso, debba prevalere la positura
del piovente.
4.1. = Anche questo motivo è fondato.
Come emerge con chiarezza dall’art. 881 cod. civ. per determinare la proprietà
del muro divisorio prevale in ogni caso, su tutti gli altri indizi, la positura del
piovente, anche nel caso del doppio piovente.
Pertanto, la Corte di merito avrebbe dovuto anzitutto accertare ed escludere
9

creerebbe un elemento di presunzione di appartenenza esclusiva del muro ai

che la comunione del muro risultasse da una prova documentale e, dunque,
avrebbe dovuto dare rilievo alla posatura del piovente e disporre che l’ultima
fila di tegole doveva essere spezzata a metà rivolgendone una verso il fondo
del ricorrente ed un’altra parte verso quello del resistente.

dichiarato assorbito il secondo e va rigettato il terzo motivo. La sentenza
impugnata va cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di appello
di Firenze, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di
cassazione.
PQM
La Corte accoglie il primo e il quarto motivo del ricorso, dichiara assorbito il
secondo e rigetta il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia al causa ad
_
—..

altra sezione della Corte di appello di Firenze, anche per il regolamento delle
spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte di cassazione il 16 settembre 2014.

In definitiva, vanno accolti il primo e il quarto motivo del ricorso, va

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