Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23282 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. II, 23/10/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 23/10/2020), n.23282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20542/2019 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA

TORTOLINI 30, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI,

rappresentato e difeso dall’avvocato NAZZARENA ZORZELLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

05/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA MARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Bologna, con decreto pubblicato il 5 giugno 2019, respingeva il ricorso proposto da D.M., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il Tribunale rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato atteso che il racconto del richiedente non era credibile. Questi aveva raccontato di essere fuggito dal proprio paese perchè essendo militante del partito politico di opposizione (OMISSIS) aveva paura di essere arrestato dai militari. La narrazione era, infatti, troppo generica, priva di qualsivoglia dettaglio o circostanza che potesse dare un minimo di valore al racconto. Inoltre, i fatti risultavano inattendibili anche in relazione alle fonti internazionali che escludevano in Guinea Conakry il rischio di violenza nei confronti dei militanti del partito di opposizione.

Quanto alla protezione umanitaria non emergevano ulteriori elementi di vulnerabilità che potessero essere positivamente valutati in favore del ricorrente e tantomeno i presupposti di cui al combinato disposto del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, tali da far ritenere sussistenti le condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. In particolare, il ricorrente in Guinea aveva legami familiari significativi del tutto assenti invece nel territorio italiano.

3. D.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di due motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5, 6, 7, 8 e art. 14 lett. b) e al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 5, 8 e 27. Violazione dell’art. 101 c.p.c..

La censura attiene alla valutazione di non credibilità del racconto sulla base di una motivazione fortemente contraddittoria e non fondata sulla valutazione complessiva dei fatti e sulle Coi del paese di origine che li confermano.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 5, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis.

Il Tribunale ha fondato il rigetto della protezione umanitaria sul difetto di credibilità del racconto del richiedente senza tener conto della situazione generale del paese in collegamento con la specifica condizione del ricorrente. L’ulteriore profilo di illegittimità del decreto andrebbe riferito alla ritenuta irrilevanza di elevata integrazione del ricorrente, comprovata sia dall’apprendimento della lingua italiana, sia dall’attività lavorativa svolta a fronte della condizione in cui egli verserebbe in caso di rientro in patria dopo anni di lontananza con la necessità di reinserimento in un contesto di conclamate violazioni dei diritti umani.

3. I due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.

In particolare, quanto alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente, essa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

La critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che il Tribunale ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito.

Il Tribunale ha anche motivato sia in relazione alla situazione soggettiva del ricorrente sia in ordine alla situazione complessiva del suo paese di provenienza, sicchè è del tutto evidente che non vi è stata alcuna violazione di legge o omessa motivazione nell’accezione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. Ne consegue che la censura si risolve in una richiesta di nuova valutazione dei medesimi fatti.

Il ricorrente, inoltre, deduce genericamente la violazione di norme di legge, avuto riguardo alla sua vicenda personale ed alla situazione generale del paese di origine, attraverso il richiamo alle disposizioni disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta quanto alla situazione politica della Guinea difforme da quella accertata nel giudizio di merito.

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione l’esistenza di una situazione di sua particolare vulnerabilità. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

4. In conclusione il ricorso è inammissibile. Nulla sulle spese per non aver svolto attività difensiva la parte intimata.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

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