Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2328 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2328 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

ha pronunciato la seguente

P.U. 18.12.2013

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 321 del R.G. anno 2007
proposto da:
Dellisanti Angelo, dom.to in Roma P.le Clodio 8 presso l’Avv.
Romana D’Ambrosio con l’avv. Vincenzo Vitale del Foro di Brindisi
che li rappresenta e difende per procura in calce al ricorso
ricorrente-

contro
Regione Puglia in persona del Presidente, dom.to in Roma via
Barberini 36 presso la delegazione regionale a Roma, con l’avv.to
Maria Scattaglia del Foro di Bari

contro ricorrenteintimato-

Comune di Oria

avverso la sentenza 617 del 28.09.2006 della Corte di
Appello di Lecce ; udita la relazione della causa svolta nella p.u.
del 18.12.2013 dal Cons.Luigi MACIOCE; presente il P.M., in
persona del Sost.Procuratore Generale Dott. Pasquale Fimiani che
ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Angelo Dellisanti, sull’assunto di aver ricevuto per contributo una tantum
per danni da siccità nell’annata agraria 1989/1990 ex art. 2 c. 2 legge
31/1991 la sola somma di lire 801.830 rispetto al maggior importo am-

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zo t 3

Data pubblicazione: 03/02/2014

messo ma non erogato, alla luce della insufficienza dei Fondi regionali,
chiese ed ottenne a carico della Regione Puglia decreto ingiuntivo per
lire 11.838.164. Oppostasi la Regione, il Tribunale di Brindisi con sentenza 27.4.2004, riunito il giudizio di identico oggetto tra le stesse parti
instaurato con citazione innanzi ad altra sezione distaccata, respinse
l’opposizione e confermò l’obbligo solutorio. La Corte di Lecce, adìta
dall’appellante Regione Puglia, rigettata l’eccezione di inammissibilità
dell’appello della Regione (posto che la sentenza di primo grado era sta-

colse il gravame sull’assunto che la legge prevedesse un contributo di
lire 2 milioni ad ettaro ma rapportabile alle disponibilità del Fondo di
Solidarietà, come chiarito con l’art. 8 septies legge 186 del 2004, con
disposizione la cui costituzionalità era stata fatta salva dalla sentenza
135 del 2006. Con sentenza 12.09.2006 ha quindi revocato l’ingiunzione
opposta.
Per la cassazione di tale sentenza il Dellisanti ha proposto ricorso il
21.12.2006 con dieci motivi cui ha opposto difese la Regione con controricorso 6.2.2007, nessuna difesa essendo svolta dall’intimato Comune
di Oria. Il Dellisanti ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio di esaminare e disattendere il primo motivo, avente carattere processuale, e quindi di esporre, esaminare analticamente e
disattendere gli altri nove motivi del ricorso.
Primo motivo: esso contesta la decisione della Corte di merito di non

dichiarare la decadenza della impugnazione: nella specie ad avviso del
ricorrente, era evidente la estensione degli effetti della notifica della
sentenza emessa dal Tribunale effettuata ad un procuratore,anche
all’altro, perché extra disctrictum. Ne discendeva la decadenza per superamento del termnine breve.
Il motivo non ha fondamento. Va infatti richiamato il principio per il
quale, vertendosi in tema di riunione di procedimenti relativi a cause
connesse (tali essendo quelle proposte nella specie innanzi al Tribunale),
il principio di autonomia dei giudizi riuniti, per cui la riunione non altera
la posizione delle parti in ciascuno di essi, né gli atti e le statuizioni riferiti ad un processo si ripercuotono sull’altro solo perché riunito al primo,
è un principio suscettibile di meri temperamenti (Cass.

9440 del 2012

e 15383 del 2011), le volte in cui si intenda estendere effetti in bonam
partem.
partem

Detto principio non può essere derogatoi‘estendendo in malam

come si pretende nella specie – una decadenza da omessa

tempestiva impugnazione che si è prodotta in un solo giudizio. Né var-

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ta notificata al solo difensore della Regione nel giudizio ordinario),ne ac-

rebbe affermare, come sottende il ricorrente in memoria, che nella specie non si sarebbe trattato di cause connesse ma della stessa causa:
)
venne invero proposta azione monitoria nella quale attrice ad opponendum era la Region e e venne poi proposta, dal Dellisanti ma anche contro il Comnune di Oria, altra domanda per lo stesso petítum. La identità
va quindi esclusa e la mera connessione andava e va affermata, con la
conseguente condivisione della decisione di appello di escludere la eccepita inammissibilità di quel gravame.

Secondo motivo: esso contesta l’interpretazione data all’art. 2 c. 2 DL
367/90 convertito nella legge 31/91 dal testo dell’art. 8 septies legge
186/2004, trattandosi, ad avviso del Dellisanti, di diritto soggettivo.
Terzo motivo: esso contesta la interpretazione data, ritenendo invece
che l’art. 8 septies con il rinvio all’art. 11 abbia fatto capo al solo rapporto di spesa tra il Ministero PAF e Regioni e non interferendo affatto nel
rapporto con il beneficiario.
Quarto motivo: esso lamenta la sommarietà della valutazione di incapienza fatta dalla Corte di Appello a fronte del rapporto tra somme messe a disposizione per il contributo una tantum ( 23 miliardi) e somme
assegnate alla Regione allo scopo (165 miliardi di lire)
Quinto motivo: esso denunzia la contraddittorietà della motivazione che
avrebbe, al contempo, fatto capo alle disponibilità del Fondo ed a quelle
della Regione destinate allo scopo.
Sesto motivo: esso sostiene la insufficienza della motivazione nell’aver
omesso di esplicitare la corrispondenza tra somma erogata e somma
spettante in base al riproporzionamento pro quota rispetto alle risorse.
Settimo motivo: esso contesta, all’esito di una complessa descrizione,
l’interpretazione data dell’art. 8 septies ed afferma che, anche sulla sua
base, non si sarebbe posto un problema di spettanza del diritto del beneficiario ma solo di entità della erogazione.
Ottavo motivo: esso censura la omessa motivazione sul fatto che la Regione non avrebbe dato prova alcuna della indisponibilità dei fondi.
Nono motivo: esso reitera la stessa censura in termini di violazione
dell’onere della prova a carico della Regione.
Decimo motivo: esso censura, sempre per violazione dell’art. 2697 cc e
degli artt. 115 e 116 cpc., la disattenzione per il fatto che la Regione aveva ammesso di aver ricevuto finanziamento del proprio fabbisogno pari al 40% dell’occorrente e che pertanto era insostenibile la erogazione al
beneficiario del solo 6,34%
Va premesso all’esame dei descritti motivi che il Collegio intende

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Si esaminano quindi gli altri nove motivi.

dare piena continuità al consolidato indirizzo di questa Corte (Cass.
2786 del 2013 – 11697 del 2010- 20432 del 2005) i cui principii
possono sintetizzarsi come appresso.
Il diritto dell’agricoltore al contributo una tantum previsto dall’art.
2, c. 2, del d.I. 367 del 1990, convertito in legge 31 del 1991, in favore
delle aziende agricole colpite dalla siccità nell’annata agraria 1989-90,
ed erogato nell’ambito della Regione Puglia in virtù della legge reg. 11
maggio 1990, n. 24, non costituisce un diritto soggettivo perfetto con

dovendo essere la stessa coordinata con il successivo art. 11, il quale
pone a carico dello Stato uno stanziamento annuo all’interno del quale
devono essere reperiti i fondi che le regioni sono autorizzate ad erogare
ai coltivatori, con la conseguenza che, non essendo previsto a carico delle regioni l’obbligo di reperire direttamente i fondi per far fronte ai danni
derivanti dalle calamità naturali, il predetto contributo in tanto può essere erogato, in quanto vi sia capienza nei fondi messi a disposizione della
regione dal Fondo di solidarietà previsto dall’art. 1 della legge 15 ottobre
1981, n. 590. È stata anche dichiarata infondata con sentenza 135 del
2006 della C.C. la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8septies del d.l. 28 maggio 2004, n. 136, introdotto dalla legge di conversione 27 luglio 2004, n. 186, il quale, attribuendo il predetto significato,
ha fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 2, del d.l. n. 367
del 1990, dovendosi ritenere che, diversamente, la norma sarebbe risultata priva di copertura finanziaria, non essendo possibile prevedere il
numero delle regioni aventi diritto a prelevare somme dal Fondo di solidarietà o dei coltivatori aventi diritto al contributo, ovvero lesiva dell’autonomia finanziaria delle regioni, imponendo alle stesse di far fronte a
spese non previste da alcuna norma di legge.
Esaminando, quindi, alla stregua del richiamato e pienamente condiviso principio, l’articolato ricorso in disamina, si osserva che:
1. Con riguardo ai motivi secondo e terzo, appare chiaro che la Corte di merito abbia rettamente ricostruito il quadro normativo ricavandone la conseguenza per la quale l’an ed il quantum del diritto soggettivo azionabile dagli agricoltori interessati sorge
all’esito di un procedimento che vede A)

l’Amministrazione cen-

trale dello Stato erogatrice della provvista ma estranea al rapporto obbligatorio, B) la Regione tenuta, per delega ex lege , alla ripartizione dei fondi tra tutte le diverse tipologie di aiuti previsti
dalle norme nazionali e regionali ed alla assegnazione delle quote
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riferimento all’intero ammontare indicato dalla predetta disposizione,

risultanti entro il tetto di finanziamento individuale, C) i Comuni
delegati agli accertamenti istruttori: le censure sono pertanto infondate.
2.

In relazione ai motivi quarto, quinto, sesto, ottavo e nono , si
osserva che: A) non ha consistenza alcuna la pretesa di contestare (pervero affatto genericamente) la decisione regionale di destinare agli aiuti specifici di rilievo in causa (danni da siccità alle
aziende viti olivicole) la quota di lire 23 miliardi del maggior im-

Solidarietà, sottacendosi che gli aiuti del Fondo erano da ripartire
tra varie tipologie di vicende calamitose e nulla affermandosi sulla subvalenza di alcuni rispetto ad altri;

B) la contestazione,

quindi, avrebbe semmai dovuto svilupparsi attraverso il diniego
della esistenza di altre tipologie di aiuti ovvero attraverso la allegazione di un carattere prevalente degli aiuti in discorso rispetto
alla somma di lire 23 miliardi stanziata dalla regione sottostimando la entità dei danni effettivi; C) la doglianza di omessa valutazione di una residua “capienza” delle disponibilità specifiche e
l’accusa di stravolgimento dell’onere probatorio, a dire del ricorrente gravante sulla Regione, è fuori centro. Non si tratta infatti
di gravare (erroneamente) l’agricoltore dell’onere di provare la
“capienza” del credito finale rivendicato in ragione di lire
2.000.000 ad ettaro; si tratta dì gravare (esattamente)
l’interessato dell’onere di contestare specificamente la affermata
incapienza. Si trattava dunque di un mero onere di contestazione
attingente la parte della valutazione della Corte di Appello (pag.
7 primo capoverso della sentenza), onere che in questa sede si
sarebbe dovuto tradurre nella doglianza relativa alla non correttezza della accertata ripartizione con saldo esiguo per
l’agricoltore. Ma tale censura non è rinvenibile in alcuno dei quesiti posti né in alcun passo dei motivi che addebitano alla sentenza solo la errata inversione dell’onere probatorio.
3.

Con riguardo al motivo settimo, il cui quesito finale sollecita la risposta nomofilattica, non se ne scorge la consistenza: i principii
richiamati dianzi fanno ritenere indubbio che la norma interpretativa abbia individuato il presupposto del diritto al contributo nella
individuazione del quantum erogabile, ma nulla tale principio
comporta che impedisca di ritenere che il quantum erogato in
concreto (e nella minor somma indicata di lire 801.830 a pag. 1
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porto di lire 165 miliardi ad essa Regione destinato dal Fondo di

del ricorso) corrisponda proprio al quantum spettante. Ditalchè la
censura rivela tutta la sua astrattezza là dove nega che il giudice
del merito possa rigettare la domanda di pagamento del “saldo”.
4. Il decimo motivo, infine, ripropone la petizione di principio per la
quale, una volta ammesso che la stessa Regione aveva reputato
che il finanziamento statale copriva il 40% del fabbisogno effettivo, era tal quota che rappresentava il diritto dell’agricoltore: la

to.

Sulla base delle esposte considerazioni, quindi, si rigetta il ricorso
e si grava la parte ricorrente dell’onere della refusione delle spese
in favore della Regione Puglia. Non sussiste onere di sorta con
riguardo all’intimato Comune di Oria.
P.Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a versare alla Regione
Puglia per spese la somma di C 2.200 (C 200 per esborsi) oltre
IVA e CPA.
Così eciso nella c.d.c. del 18.12.2013.
Il C

.est.

Il presidnte

inconsistenza della doglianza discende da quanto dianzi precisa-

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