Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23279 del 18/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/09/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 18/09/2019), n.23279

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25802-2018 proposto da:

F.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GILARDONI MASSIMO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI

ALBERTO.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con decreto depositato in data 18 luglio 2018 il Tribunale di Brescia respingeva il ricorso proposto da F.E. avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione territoriale al fine di domandare, in via gradita, il riconoscimento delle protezioni internazionali o, in subordine, di quella umanitaria;

in particolare il Tribunale, dopo aver constatato l’irrilevanza o la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal ricorrente, osservava che il racconto offerto, pur lacunoso, contraddittorio e inverosimile, comunque non consentiva di ritenere che il migrante fosse stato perseguitato a causa della sua militanza politica; di conseguenza il collegio di merito riteneva, anche in ragione dei recenti e positivi sviluppi della situazione socio-politico-istituzionale del Gambia, che non fosse possibile riconoscere nè il diritto allo status di rifugiato, nè il diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e ss.;

i giudici del merito negavano infine pure il riconoscimento della protezione umanitaria, tenuto conto della mancata allegazione di qualsiasi reale fattore di soggettiva vulnerabilità, dell’irrilevanza del periodo trascorso dal richiedente asilo in Libia, dove questi era meramente transitato, e del fatto che il paese di provenienza presentava criticità che comunque non davano luogo a una emergenza umanitaria;

2. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia F.E. al fine di far valere cinque motivi di impugnazione;

resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. occorre preliminarmente rilevare l’inammissibilità del ricorso per difetto di idonea procura;

3.1 in calce al ricorso è spillata infatti una procura alle liti conferita dal ricorrente all’Avv. G.M. per l’intero iter procedimentale, espressamente esteso anche al giudizio di cassazione;

tale procura tuttavia riporta la data del 28 ottobre 2017 e dunque è stata conferita in epoca antecedente al deposito del decreto impugnato, che risale al 18 luglio 2018;

ne discende l’inammissibilità del ricorso presentato, dato che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, prescrive, a pena di inammissibilità del ricorso, che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione avverso il decreto emesso dal Tribunale debba essere conferita in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; 3.2 d’altra parte la procura spillata in calce al ricorso – riferita alla proposizione dell’accertamento del diritto al riconoscimento della protezione internazionale avanti alla commissione territoriale e al Tribunale di Brescia, con estensione “al grado di appello e di cassazione” manca del carattere di specialità prescritto dal combinato disposto degli artt. 365 e 83 c.p.c.;

la procura al difensore deve infatti essere non solo speciale, ma anche riferita al solo giudizio di Cassazione, a pena di inammissibilità (“La procura per il ricorso in cassazione deve avere, ai sensi dell’art. 365 c.p.c., il carattere della specialità e cioè deve essere esclusivamente finalizzata alla rappresentanza e difesa in tale specifica fase del giudizio” Cass. 1905/2009);

4. rimangono assorbiti i motivi di ricorso;

5. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

6. in ordine alla regolamentazione delle spese, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 10706/2006) hanno affermato che “in materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura “ad litem” o di procura falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso), l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio; diversamente, invece, nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura “ad litem”, non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l’attività processuale

provvisoriamente efficace e la procura, benchè sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo”; ne consegue che, una volta accertato che manca la procura speciale, che costituisce elemento indefettibile e indispensabile per l’esercizio dello iuspostulandi nel giudizio di cassazione -, l’unico soccombente è lo stesso difensore che ha sottoscritto e fatto notificare l’atto introduttivo del giudizio e che, nei confronti del giudice e delle controparti, afferma di essere munito di procura, e non invece il soggetto da lui nominato, il quale, se non ha conferito la procura richiesta dalla legge, nulla può avere affermato in proposito (così Cass., Sez. U., 10706/2006, Cass. 19226/2014, Cass. 22551/2015, Cass. 58/2016, Cass. 15895/2017);

le spese del presente giudizio devono dunque essere poste a carico, dell’Avv. G.M., nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’Avv. G.M. al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.100 oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2019

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