Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23278 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/10/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 23/10/2020), n.23278

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanna M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23041-2014 proposto da:

B.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA NUOVA

103, presso lo studio dell’avvocato GABRIELLA ARCURI, rappresentato

e difeso dall’avvocato TERESA MARIA FAILLACE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 127/2014 della COMM.TRIB.REG. di CATANZARO,

depositata il 04/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/07/2020 dal Consigliere Dott. ARMONE GIOVANNI MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. il signor B.V. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 127/01/14, depositata il 4 febbraio 2014, che, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate e in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’originario ricorso del contribuente avverso alcuni avvisi di accertamento per IRPEF, IVA, IRAP e altro, relativi all’anno 2005;

2. la CTR ha anzitutto osservato come il primo giudice avesse annullato l’atto di accertamento sulla base di irregolarità mai eccepite dal contribuente e avesse dunque sostanzialmente violato l’art. 112 c.p.c.;

3. nel merito, la CTR ha poi ritenuto adeguatamente provato che sui conti correnti bancari del B. fossero state compiute operazioni a debito e a credito non giustificate e che egli non avesse fornito idonea giustificazione delle movimentazioni contestate;

4. da ciò la CTR ha dedotto la legittimità del recupero a tassazione operato dall’Agenzia;

5. il ricorso è affidato a quattro motivi;

6. resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.;

2. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la mancata valutazione delle prove;

3. con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 32, comma 1, n. 2, del D.P.R. 26 ottobre 1973, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, artt. 2727, 2729 c.c.;

4. con il quarto motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 56;

5. il primo motivo è inammissibile;

6. osserva il ricorrente come il giudice di primo grado avesse accolto il suo originario ricorso, avendo rilevato che nè il p.v.c., nè l’avviso di accertamento impugnato contenevano alcun riferimento alla autorizzazione alla Guardia di finanza a procedere all’indagine finanziaria sui movimenti bancari, del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, comma 1, n. 7;

7. secondo il ricorrente, tale rilievo, benchè operato d’ufficio, senza cioè che la carenza di autorizzazione rientrasse tra i motivi da lui fatti valere con il ricorso originario, non costituirebbe una violazione dell’art. 112 c.p.c., essendosi la CTP limitata a esercitare i propri poteri decisori a fronte di un evidente e macroscopico abuso del diritto;

8. il motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, dal momento che il ricorso del contribuente non riporta i brani della sentenza di primo grado relativi al rilievo officioso della mancanza di autorizzazione; ciò non permette al Collegio di valutare se l’oggetto di tale rilievo della CTP fosse riconducibile alla fattispecie invocata nel ricorso per cassazione (abuso del diritto) e se dunque la CTR abbia effettivamente errato nel non derogare alle regole ordinarie del contenzioso tributario, il cui oggetto è rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2 (Cass. 13/04/2017, n. 9637; Cass. 02/07/2014, n. 15051, tra le altre);

9. a ciò va aggiunto che, in ambito tributario, la giurisprudenza di legittimità in tema di rilevabilità officiosa dell’abuso del diritto (tra cui la Cass. 11/05/2012, n. 7393, citata dal ricorrente, ma anche Cass. 25/11/2015, n. 24024) si è formata in situazioni opposte a quella che sembra profilarsi nel caso di specie, in cui cioè ad essere considerata rilevabile d’ufficio, tra l’altro con molte cautele e precisazioni, era la condotta elusiva posta in essere dal contribuente e non certo la semplice condotta viziata dell’Amministrazione finanziaria, censurabile nelle forme ordinarie;

10. va rilevato infine che, secondo la più recente e condivisibile giurisprudenza di questa S.C., la mancanza dell’autorizzazione ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari, non implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, circostanze che nella specie non sono state neppure invocate (Cass. 28/05/2018, n. 13353; Cass. 18/04/2018, n. 9480);

11. il secondo motivo è infondato;

12. il ricorrente lamenta il mancato esame, da parte della CTR, dei documenti da lui prodotti a corredo dell’originario ricorso di primo grado, tra cui in particolare il partitario dei fornitori della società Il Fornaretto, che riporterebbe l’elenco dei pagamenti effettuati in suo favore;

13. la sentenza impugnata si sottrae alla censura che le viene mossa, poichè dà conto, sia pure in termini sintetici, non solo di aver esaminato le risultanze dei movimenti bancari, ma anche di aver proceduto a un esame congiunto di tali movimenti con i pagamenti registrati nella scheda contabile della società cliente, nonchè di aver preso in considerazione le fatture passive emesse nei confronti del contribuente, traendone tuttavia la complessiva convinzione che la movimentazione bancaria fosse incongruente e che il recupero a tassazione fosse dunque giustificato;

14. nessuna omissione è dunque ravvisabile, avendo al contrario la CTR valutato le prove raccolte;

15. ogni sindacato su questa valutazione si trasformerebbe in una inammissibile sostituzione del giudice di merito da parte del giudice di legittimità;

16. il terzo motivo è infondato;

17. sostiene il ricorrente che la CTR, nell’escludere che i documenti da lui prodotti fossero idonei a giustificare i movimenti bancari, avrebbe violato sia le norme che consentono ai contribuenti di fornire la prova contraria mediante presunzioni semplici, sia il divieto di “praesumptio de praesumpto”, ricavabile l’art. 2727 c.c.;

18. quanto al primo aspetto, va osservato che la sentenza impugnata non ha escluso in generale che la prova contraria possa essere fornita dal contribuente anche attraverso presunzioni semplici, ma ha giudicato inidonei i documenti prodotti nel caso di specie a fondare una presunzione di questo tipo;

19. la CTR non ha dunque violato le norme sulla ripartizione dell’onere della prova, nè ha limitato indebitamente i mezzi di prova a disposizione del contribuente per vincere le presunzioni di reddito, ma ha espresso un apprezzamento di merito sulle prove anche presuntive fornite, apprezzamento che non è suscettibile di sindacato davanti al giudice di legittimità, se non per eventuali carenze di motivazione, qui non fatte valere;

20. quanto alla asserita violazione del divieto di “praesumptio de praesumpto”, va anzitutto ricordato che in presenza di una presunzione legale relativa – qual è indubbiamente quella contemplata dai citati D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 51 in caso di accertamenti fondati su verifiche dei conti

correnti bancari – non opera il divieto di presunzione su presunzione (Cass. 24/07/2013, n. 17953; Cass. 21/12/2007, n. 27032; Cass. 16/09/2005, n. 18421);

21. in ogni caso, la presunzione legale prevista dalle norme menzionate integra perfettamente i caratteri dell’art. 2727 c.c., perchè la legge consente, muovendo dai dati delle operazioni bancarie acquisite (che costituiscono il fatto noto), di risalire all’accertamento delle componenti di reddito e cioè al fatto ignorato, secondo la terminologia dell’art. 2727, senza che sia ipotizzabile alcuna vietata concatenazione di inferenze: per usare le parole di Cass. 24/07/2013, n. 17953, “il riferimento al concetto di presunzione su presunzione può avere senso solo allorchè si ponga mente all’assenza del fatto noto, elemento imprescindibile nello schema della prova presuntiva. Ciò che non ricorre nel caso di specie, nel quale sono stati, appunto, i dati raccolti dal conto corrente a consentire l’adozione del provvedimento impugnato, in assenza di prove di segno contrario da parte del contribuente”;

22. pertanto, il giudice che, come accaduto nella specie, si limiti a escludere che i documenti prodotti dal contribuente siano idonei a vincere la presunzione legale non sta risalendo al fatto ignorato da un’altra presunzione, ma sta escludendo la sussistenza della prova contraria;

23. il quarto motivo è inammissibile e comunque infondato;

24. il ricorrente afferma che, da parte della CTR, vi sarebbe stata una violazione dell’art. 115 c.p.c. per avere deciso la causa sulla base dei rilievi mossi dall’Ufficio e della non contestazione da parte del contribuente, nonostante che tale ultima affermazione non fosse corrispondente al vero;

25. il ricorrente sostiene infatti di aver riproposto in sede di appello tutte le eccezioni formulate nel ricorso di primo grado e di aver dunque contestato sia i versamenti che i prelevamenti che l’Ufficio aveva considerato ingiustificati;

26. in realtà, se si opera un attento esame della sentenza d’appello e la si raffronta con il ricorso per cassazione, ci si avvede che il passaggio sottoposto a critica non riguarda l’accertamento complessivo svolto dall’Amministrazione finanziaria, ma un profilo specifico (e obiettivamente marginale) dello stesso, ossia quello relativo ai costi per carburanti: la CTR ha condiviso, in assenza di contestazione da parte del B., l’affermazione dell’Agenzia secondo cui i prelevamenti sul conto corrente bancario non potevano essere finalizzati alla spesa personale del B. per carburante, non essendovi corrispondenza nè di date nè di importi;

27. alla luce di questa precisazione, era onere del ricorrente indicare in quale fase del processo di merito, e con quale atto, la questione dei costi per carburante fosse stata sollevata e posta all’attenzione dei giudici di merito;

28. ciò non ha fatto il ricorrente, che nel ricorso per cassazione ha perfino evitato di citare nella sua completezza il passo della sentenza impugnata in cui la CTR ha applicato il principio di non contestazione, facendo erroneamente intendere che l’applicazione di tale principio avesse riguardato tutto l’accertamento svolto;

29. ne scaturisce inevitabilmente la violazione del principio di autosufficienza e l’inammissibilità del ricorso, non avendo il ricorrente fornito al Collegio gli strumenti per verificare la dedotta violazione di legge da parte del giudice d’appello;

30. in ogni caso, il motivo sarebbe infondato, poichè, com’è noto, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento all’apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due profili: qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale (Cass. 28/02/2018, n. 4699; Cass. 11/10/2016, n. 20382);

31. ne consegue che la mancata deduzione, da parte del B., in ordine alla giustificatezza dei movimenti bancari per i costi del carburante esclude alla radice la decisività delle risultanze che si affermano non essere state considerate;

32. il ricorso va in conclusione rigettato;

33. le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidandole in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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