Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23278 del 09/11/2011

Cassazione civile sez. III, 09/11/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 09/11/2011), n.23278

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.M.R. (OMISSIS), T.E.

(OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA NICOLA

FABRIZI 11 A, presso lo studio dell’avvocato D’ALESSANDRO MARIA,

rappresentate e difese dall’avvocato FERRANTE RICCARDO giusta delega

in atti;

– ricorrenti –

contro

M.F., A.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2366/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/09/2006, R.G.N. 4055/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2011 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato SILVIA CONTE per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto;

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va rilevato in fatto:

1.1. che S.M.R. ed T.E., condannate con sentenza del 6.11.02 del tribunale di Sondrio a cessare ogni condotta di spoglio o turbativa del possesso di una servitù di passaggio nei confronti di M.F. ed A.A., si rivolsero – con ricorso del 16.4.03 – al giudice dell’esecuzione di quel tribunale affinchè determinasse le esatte modalità di esecuzione, dopo avere ottenuto precedente decreto in data 18.4.03 con cui si era dato atto di alcuni loro poteri al riguardo;

1.2. che detto ultimo giudice, con provvedimento del 19.9.03, rigettò il ricorso, negando la legittimazione attiva delle debitrici nelle procedure ai sensi dell’art. 612 c.p.c., e segg. ed escludendo pure, ove il ricorso fosse stato riqualificabile ai sensi dell’art. 669-duodecies cod. proc. civ., la propria competenza;

1.3. che avverso tale provvedimento la S. e la T. proposero appello, cui resistettero la M. e la A.: e la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 2366/06 del 30.9.06, qualificato ammissibile il gravame in quanto rivolto avverso provvedimento avente natura di sentenza, rigettò nel merito le doglianze sulle spese, qualificate inammissibili tutte le altre;

1.4. che per la cassazione di tale sentenza di appello ricorrono ora la S. e la T., affidandosi a sei motivi, corredati da tredici quesiti; sicchè, non svolta dalle intimate alcuna attività difensiva, alla pubblica udienza del 6 ottobre 2011 il difensore delle ricorrenti discute oralmente la causa;

1.5. che queste ultime formulano sei motivi:

1.5.1. con un primo, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4 lamentando l’erroneità della negazione della legittimazione della parte obbligata ad un obbligo di non fare a ricorrere al giudice dell’esecuzione per la determinazione o specificazione dell’attività a compiersi: concludendolo con quattro quesiti apparentemente formulati ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.;

1.5.2. con un secondo, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 4 dolendosi dell’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello:

concludendolo con due quesiti;

1.5.3. con un terzo, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., n. 4 deducendo la nullità delle sentenze di primo e di secondo grado per extrapetizione e di quella di secondo grado per mancato rilievo della nullità del provvedimento di primo grado: concludendolo con tre quesiti;

1.5.4. con un quarto, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 4 adducendo un’omessa pronuncia sulla precedente ordinanza del 18.4.03 o sui suoi effetti preclusivi: concludendolo con tre quesiti;

1.5.5. con un quinto, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4 ritenendo illegittima la loro condanna alle spese, pur in difetto di una soccombenza formale: concludendolo con un quesito;

1.5.6. con un sesto, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 per vizio di motivazione sulla qualificazione della domanda e sull’individuazione di quelle rinunciate: ma non concludendolo con alcun momento di sintesi ai sensi del capoverso dell’art. 366-bis cod. proc. civ.;

1.6. che il collegio ha raccomandato una motivazione semplificata.

2. Deve al riguardo considerarsi in diritto:

2.1. che, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (norma – introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 – applicabile, in virtù dell’art. 27, comma 2 del medesimo decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione – a far tempo dal 4 luglio 2009 – ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett- d), in virtù della disciplina transitoria dell’art. 58 di quest’ultima), era indispensabile che ogni motivo di doglianza fosse concluso con il quesito – o, per il vizio di motivazione, con il momento di sintesi – ivi espressamente descritto e con le rigorose caratteristiche elaborate dalla giurisprudenza di questa Corte;

2.2. che, in particolare:

2.2.1. i quesiti previsti dal primo comma di tale norma devono compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le molte e per limitarsi alle più recenti, v. :

Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704); con la conseguenza che la mancanza di uno solo di tali elementi (o il carattere tautologico od astratto del quesito stesso: Cass. Sez. Un. 11 marzo 2008, n. 6420; Cass. Sez. Un., 8 maggio 2008, n. 11210) ne comportano l’inammissibilità;

2.2.2. per le doglianze di vizio di motivazione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002; Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680), occorre la formulazione di un momento di sintesi o di riepilogo (come puntualizza già Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002, con indirizzo ormai consolidato, a partire da Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603: v., tra le ultime, Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680), il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (da ultimo, v. Cass., ord. n. 27680 del 2009): occorrendo, in particolare, la formulazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso, nel quale e comunque anche nel quale si indichi non solo il fatto controverso riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, ma anche – se non soprattutto – quali siano le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002); tale requisito non può ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anzichè su indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure (Cass., ord. 16 luglio 2007, n. 16002);

2.3. che i quesiti sono inammissibili:

– il primo, il secondo ed il terzo quesito pongono interrogativi senza indicazione della possibile regula iuris da applicarsi al caso di specie, prospettando talora soluzioni alternative in forma di diretto interpello di questa Corte;

il quarto prospetta una questione di incostituzionalità e, come tale, non attiene a vizi della gravata sentenza: questione che, poi, è manifestamente infondata alla stregua della necessità di un interesse ad agire per adire il giudice e della sufficienza di questo per un’ordinaria azione di mero accertamento, mai esperita nel caso di specie;

– il quinto, il sesto, il settimo, l’ottavo, il nono ed il decimo ripropongono regole astratte del tutto ovvie, senza enunciare i profili di cui sub a) e b) del precedente punto 2.2.1;

– l’undicesimo, il dodicesimo ed il tredicesimo sono del tutto generici e riferiscono qualificazioni giuridiche indifferenziate e tali da impedire l’esatto inquadramento anche della fattispecie teorica riproposta;

2.4. che tanto comporta l’inammissibilità dei motivi dal primo al quinto, mentre quella del sesto dipende dal fatto che manca del tutto in esso il separato ed autonomo momento di sintesi di cui al punto 2.2.2.

3. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile; ma non occorre statuire sulle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo le intimate svolto in questa sede alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2011

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