Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23273 del 18/09/2019
Cassazione civile sez. VI, 18/09/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 18/09/2019), n.23273
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTO Antonio – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18088/2017 R.G. proposto da
SIGNORI SAVERIO, rappresentato e difeso dall’Avv. Filippo De Luca,
con domicilio eletto in Roma, via B. Oriani, n. 85, presso lo studio
dell’Avv. Nome Cognome;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L., in persona del curatore p.t. Prof.
Dott. Luca Mandrioli, rappresentato e difeso dall’Avv. Giulio Nevi,
con domicilio eletto in Roma, via degli Scipioni, n. 268/a, presso
lo studio dell’Avv. Gianluca Caporossi;
– controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Latina depositato il 31 maggio
2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 giugno
2019 dal Consigliere Dott. Mercolino Guido.
Fatto
RILEVATO
che il Prof. Dott. S.S. ha proposto ricorso per cassazione, per tre motivi, illustrati anche con memoria, avverso il decreto emesso il 31 maggio 2017 dal Tribunale di Latina, che ha rigettato l’opposizione da lui proposta avverso lo stato passivo del fallimento della (OMISSIS) S.r.l., avente ad oggetto l’ammissione al passivo, in prededuzione ed in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751-bis c.c., n. 2, di un credito di Euro 436.800,00 (oltre ad Euro 7.550,40 per attività svolta successivamente), già ammesso al passivo per il minore importo di Euro 30.000,00, a titolo di compenso per l’assistenza contabile prestata ed il piano concordatario predisposto ai fini della ammissione della società ad una procedura di concordato preventivo svoltasi anteriormente alla dichiarazione di fallimento, e conclusasi con la revoca dell’ammissione;
che il curatore del fallimento ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360, c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione degli artt. 24 e 111 Cost., dell’art. 112 c.p.c. e del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 95 censurando il decreto impugnato per aver accolto l’eccezione d’inadempimento sollevata dal curatore, avendola ritenuta tempestiva, senza considerare che la stessa era stata sollevata successivamente alla prima udienza di verifica del passivo, dopo che in detta udienza il curatore aveva riconosciuto l’intero credito vantato da esso ricorrente;
che con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dll’art. 1460 c.c. e art. 2697 c.c., comma 2, osservando che, nell’accogliere l’eccezione d’inadempimento, il Tribunale non ha tenuto conto della genericità della stessa, non accompagnata dall’allegazione dei vizi della proposta concordataria, avendo richiamato la sentenza con cui era stata revocata l’ammissione al concordato, dalla cui motivazione non emergevano elementi idonei a far ritenere che la revoca fosse dipesa da fatti o atti ascrivibili ad esso ricorrente;
che, ai fini del rigetto dell’opposizione, il decreto impugnato ha fatto ricorso a due distinti ordini di considerazioni, configurabili come autonome rationes decidendi, e costituiti rispettivamente a) dalla mancata dimostrazione dell’effettiva esecuzione della prestazione professionale da parte del solo ricorrente, a fronte del conferimento del relativo incarico all’associazione professionale di cui fa parte, b) dalla mancata prova dell’esatto adempimento dell’obbligazione e della riconducibilità del venir meno delle condizioni di fattibilità del concordato alla diversità delle valutazioni rese dai periti avvicendatisi nella stima della consistenza dell’attivo;
che, a sostegno dell’impugnazione, il ricorrente si è limitato a contestare la seconda affermazione, facendo valere la tardività e la genericità della eccezione d’inadempimento, nonchè l’erroneità del richiamo alla sentenza di revoca della dichiarazione di ammissibilità del concordato, senza fare alcun cenno alla questione concernente la titolarità del credito azionato, oggetto del primo rilievo compiuto dal Tribunale, in ordine alla quale si è astenuto dal proporre qualsiasi censura;
che qualora, come nella specie, il provvedimento impugnato sia sorretto da una pluralità di ragioni distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di alcune di esse ne comporta il passaggio in giudicato, rendendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure relative alle altre, il cui accoglimento non potrebbe in alcun caso condurre all’annullamento della sentenza (cfr. Cass., Sez. I, 27/07/2017, n. 18641; Cass., Sez. VI, 18/04/2017, n. 9752; Cass., Sez. lav., 4/03/2016, n. 4293);
che il ricorso va dichiarato pertanto inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 9.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2019.
Depositato in cancelleria il 18 settembre 2019