Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23271 del 05/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 05/10/2017, (ud. 20/06/2017, dep.05/10/2017),  n. 23271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11081-2012 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

MAZZINI 134 presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.L.;

– intimata –

Nonchè da:

C.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PARAGUAY 5,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO RIZZO, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 10244/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/04/2011 R.G.N. 11321/08.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza n. 10244/2009, la Corte di Appello di Roma ha riformato la pronuncia emessa dal Tribunale della stessa città – con la quale era stata respinta la domanda proposta da C.L. sul rilievo di un comportamento concludente di mutuo consenso – dichiarando, invece, la nullità del termine apposto al contratto, intercorso tra Poste Italiane spa e la predetta C., dal 27.3.2000 al 30.6.2000, a norma dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994, come novellato dall’art. 25 CCNL 11.1.2001, per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, la prosecuzione giuridica del rapporto dopo il 30.6.2000 e rigettando la richiesta di risarcimento dei danni per il tempo trascorso tra la cessazione del contratto a termine e l’azione giudiziaria intrapresa dopo il triennio;

che avverso tale sentenza Poste Italiane spa ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi;

che la C. ha resistito con controricorso proponendo ricorso incidentale;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso principale, si censura: 1) la contraddittoria ed insufficiente motivazione in ordine ad una circostanza rilevante ai fini del decidere ed in relazione all’art. 1372 c.c., comma 1, artt. 1175,1375,2697,1427 e 1431 c.c., art. 100 c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) per avere i giudici di secondo grado, da un lato, ritenuto rilevante il periodo di tempo trascorso per azionare la domanda ai fini del risarcimento dei danni e, dall’altro, per avere ritenuto irrilevante lo stesso fatto ai fini della individuazione di una volontà risolutiva dei rapporti di lavoro intercorsi; 2) l’erronea motivazione in ordine all’art. 1372 c.c., comma 1, artt. 1175,1375,2697,1427 e 1431 c.c., art. 100 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto infondata l’eccezione di risoluzione dei rapporti per mutuo consenso; 3) la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla L. n. 56 del 1987, art. 23 dell’art. 8 CCNL 26.11.1994 perchè erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto generica la clausola quando, invece, il requisito di specificità, per tale tipologia di contratti, poteva essere soddisfatto dalla mera riproduzione della normativa collettiva;

che, con il ricorso incidentale C.L. si duole del mancato riconoscimento del risarcimento del danno evidenziando: 1) la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e, cioè, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1206,1125,1207 c.c. e art. 1218 c.c. e ss (in particolare degli artt. 1223 e 1226 c.c.); dell’art. 1227 c.c.; dell’art. 112 c.p.c.; dell’art. 2697 c.c. e ss; e del principio di buona fede nell’adempimento del contratto (artt. 1175 e 1375 c.c.); 2) l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) rappresentato dalla poca chiarezza della giustificazione della Corte distrettuale che, con un generico riferimento all’id quod plerumque accidit e, quindi, alla plausibilità della chance di reperimento di una nuova occupazione, non suffragata da concreti riferimenti, è giunta a negare qualsiasi risarcimento del danno; 3) in subordine, chiede applicarsi lo jus superveniens rappresentato dalla L. n. 183 del 2010, art. 32;

che i primi due motivi del ricorso principale di Poste Italiane spa sono infondati: quanto alla questione della eccezione di risoluzione per mutuo consenso, l’indirizzo consolidato di questa Sezione (cfr. tra le altre Cass. n. 5887/2011; Cass. n. 23057/2010) è nel senso di ritenere che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è di per sè insufficiente a far considerare sussistente una risoluzione per mutuo consenso in quanto, affinchè possa configurarsi una tale risoluzione, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, sicchè la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto: ipotesi queste non ravvisabili nel caso in esame; nè è ravvisabile il vizio di contraddittoria ed insufficiente motivazione sulla differente incidenza del lasso temporale (intercorso tra la cessazione del rapporto e la conseguente reazione giudiziaria) perchè trattasi di fattore che, in virtù di quanto sopra specificato, può avere una diversa rilevanza nell’ambito delle due tematiche risolutorie e risarcitorie, sebbene nei confronti di quest’ultima non assuma più decisività per lo jus superveniens di cui appresso si dirà;

che il terzo motivo non è meritevole di accoglimento dovendosi, però, correggere la motivazione dei giudici di secondo grado ex art. 384 c.p.c., comma 2, in quanto, in tema di contratto a termine dei dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo del 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali, fino alla data del 30.4.1998; le assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, come nel caso di specie, -a prescindere dalla mancata dimostrazione che la complessa e l’estesa ristrutturazione e riorganizzazione aziendale avesse reso necessario il ricorso a quella specifica assunzione a termine di cui il lavoratore si duole – sono, pertanto, illegittime per carenza del presupposto normativo derogatorio (Cass. n. 23120/2010; Cass. n. 24281/2011);

che è, invece, fondato l’ultimo motivo del ricorso incidentale (con assorbimento del primo e del secondo) appunto limitatamente alla richiesta di applicazione dello jus superveniens atteso che, come da ultimo chiarito da Cass. Sez. Un. 27.10.2016 n. 21691, la censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 può concernere anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattive, e quindi applicabili al rapporto dedotto, in considerazione che non si richiede necessariamente un errore, avendo ad oggetto il giudizio di legittimità non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico e che sul capo della sentenza, con il quale erano state regolate le conseguenze economiche, non si era formato alcun giudicato;

che, sempre come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. 27.10.2016 n. 21691), ove sia stato proposto appello, sebbene limitatamente al capo della sentenza concernente l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, non è configurabile il giudicato in ordine al capo concernente le conseguenze risarcitorie, legato al primo da un nesso di causalità imprescindibile, atteso che, in base al combinato disposto dell’art. 329 c.p.c., comma 2 e art. 336 c.p.c., comma 1, l’impugnazione nei confronti della parte principale della decisione impedisce la formazione del giudicato interno sulla parte da essa dipendente;

che, inoltre, con la stessa pronuncia è stato chiarito il concetto di “pendenza” ritenendo “pendenti” anche i giudizi in cui sia stato proposto, come sopra detto, appello contro la parte principale della decisione di primo grado dalla quale dipende, in quanto legata da un nesso di causalità imprescindibile, la parte relativa al risarcimento del danno. Del resto, già con la pronuncia di questa Corte (cfr. Cass. 2.3.2012 n. 3305) si era ritenuto che la sopravvenuta disciplina di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5, 6 e 7 si applicasse anche ai giudizi di legittimità e di appello;

che, pertanto, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante alla lavoratrice ex art. 32 cit., per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr. per tutte Cass. n. 14461/2015), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa della illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato (cfr. tra le altre Cass. n. 3062/2016).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale concernente l’applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 assorbiti gli altri; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2017

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