Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23270 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/10/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 23/10/2020), n.23270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5427-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1707/2015 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LECCE, depositata il 20/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/12/2019 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza n. 1707/24/15 della CTR di Lecce che ha accolto, solo parzialmente, avuto riguardo alle sanzioni, l’appello di T.G. contro due provvedimenti di diniego di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, ex art. 12, relativi a tasse automobilistiche non pagate. La CTR ha accolto solo il motivo relativo alla non debenza delle sanzioni, ritenendo che l’appellante avesse fatto incolpevole affidamento nell’avviso del concessionario della riscossione, che aveva prospettato, con apposita comunicazione, la possibilità di definire le liti pendenti, inducendo in errore il ricorrente circa la scadenza e le modalità di pagamento.

Il contribuente non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

La ricorrente Agenzia articola due motivi di ricorso prospettando:

a) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 12 e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10: la comunicazione specifica del concessionario circa la definizione non esime il contribuente dal controllo sui presupposti e sul rispetto delle scadenze del provvedimento clemenziale. Inoltre di legittimo affidamento si può parlare con riguardo ai soli provvedimenti della P.A. e non rispetto ad atti che provengono da terzi estranei alla P.A. quale è il concessionario;

b) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, si prospetta la violazione dell’art. 13 e la falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 12, conv. in L. n. 27 del 2003.

La CTR avrebbe dovuto precisare, comunque, che il condono non poteva essere richiesto per i carichi di imposta non erariali nè per quelli relativi alle tasse automobilistiche, non rientranti nella disposizione di legge richiamata: su tali carichi, proprio perchè esclusi dal provvedimento clemenziale, il comportamento del concessionario non poteva avere alcun effetto.

I motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente attesa l’evidente connessione. Questa Corte si è già pronunciata in un caso del tutto analogo a quello qui dedotto sul comportamento fallace del concessionario, affermando, con la decisione n. 12254 del 20117, che questo collegio condivide ed alla quale ritiene di dover dare continuità, che la definizione agevolata ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 12, è inapplicabile alle tasse automobilistiche quali tributi di competenza regionale, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1993, ex art. 23, a far data dall’1 gennaio 1993. Ne consegue l’irrilevanza dell’adesione prestata dal contribuente all’invito rivoltogli dall’agente della riscossione a far ricorso al condono, essendo, tale circostanza, inidonea ad impedire l’inefficacia della sanatoria ed a sottrarre all’Amministrazione finanziaria la titolarità del potere di valutare i presupposti di legge per l’accesso al beneficio fiscale.

Pertanto è da escludere ogni effetto esimente della comunicazione dell’agente della riscossione, non titolato alla interpretazione e applicazione della norma tributaria.

In definitiva, la sentenza della Commissione Tributaria Regionale va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, sussistendo i presupposti per la decisione nel merito, ex art. 384 c.p.c., va rigettato il ricorso originario proposto dal contribuente. Vanno compensate le spese del merito, tenuto conto del consolidarsi della giurisprudenza, nel tempo.

Le spese di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente.

Compensa le spese del giudizio di merito.

Condanna il contribuente a rifondere le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 3500,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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