Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2327 del 03/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/02/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 03/02/2020), n.2327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7884-2018 proposto da:

S.I., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANDREA CASTIGLIONE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI GORIZIA;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 3401/2017 del TRIBUNALE di TRIESTE,

depositato il 27/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – S.I., cittadino pakistano, ricorre per due mezzi, nei confronti del Ministero dell’Interno, contro il decreto del 27 gennaio 2018 con cui il Tribunale di Trieste ha respinto la sua opposizione al diniego, da parte della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo motivo denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), e omessa motivazione in ordine all’esistenza di un danno grave secondo il parametro del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. da 2 a 6, nonchè 14, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, e degli artt. 2 e 3 CEDU.

Il secondo motivo denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione delle norme che regolano il diritto alla protezione umanitaria, omessa motivazione, violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni dei richiedenti fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c).

Ritenuto che:

4. – Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. – Il ricorso è inammissibile.

5.1. – E inammissibile il primo motivo.

Esso si articola in due distinte censure: da un lato si sostiene che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non credibile la narrazione del richiedente; dall’altro lato si aggiunge che il Tribunale avrebbe errato ad affermare che la credibilità del richiedente fosse presupposto indefettibile sia della protezione internazionale, sia di quella umanitaria, dovendo al riguardo procedere ai necessari accertamenti in adempimento del dovere di cooperazione istruttoria.

Orbene, detto motivo:

i) non è riconducibile ad una censura di violazione di legge, dal momento che non mette in alcun modo in discussione il significato e la portata applicativa delle disposizioni richiamate in rubrica, ma si limita a censurare la concreta applicazione che di esse il giudice di merito ha fatto, sulla base del materiale istruttorio giudicato rilevante, per i fini del rigetto della domanda proposta;

ii) non è riconducibile ad una censura riconducibile all’attuale previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, giacchè omette totalmente di individuare un qualche fatto storico che il giudice di merito non avrebbe considerato;

iii) è incomprensibile laddove lamenta che il Tribunale non abbia tenuto conto del rapporto EASO e Amnesty International 2017, visto che il provvedimento impugnato richiama a pagina 5 per l’appunto il rapporto EASO 2017.

Va da sè, che sotto il velo della denuncia di violazione di legge e di vizio motivazionale il ricorrente ha in realtà inteso rimettere inammissibilmente in discussione l’accertamento di merito svolto dal Tribunale.

5.2. – inammissibile il secondo motivo.

Basterà difatti osservare, al riguardo, che non riesce punto a comprendersi quali sarebbero le individuali (individuazione come è noto indispensabile ai fini dell’accoglimento della domanda: v. p. es. Cass. 3 aprile 2019, n. 9304), condizioni di vulnerabilità del soggetto, al di là del generico riferimento ad una situazione di conflitto nel paese di provenienza, che peraltro il giudice di merito ha escluso, tali da giustificare il riconoscimento della misura.

6. – è inammissibile il “rinnovo istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato” avanzato dal ricorrente a mezzo del proprio difensore.

Si deve premettere che lo stesso ricorrente ha chiesto di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in vista della proposizione del ricorso per cassazione, al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Trieste, Consiglio che ha dichiarato inammissibile l’istanza per difetto assoluto di indicazione delle ragioni di detta impugnazione, avvertendo il medesimo ricorrente che l’istanza medesima poteva essere proposta al magistrato competente per il giudizio ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 126.

Dopodichè, il ricorrente ha avanzato il rinnovo di istanza di cui si è detto alla Corte di cassazione.

Ma è evidente che non è la Corte di cassazione a dover provvedere in proposito.

Stabilisce il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 124, sotto la rubrica: “Organo competente a ricevere l’istanza” che: “1. L’istanza è presentata esclusivamente dall’interessato o dal difensore, ovvero inviata, a mezzo raccomandata, al consiglio dell’ordine degli avvocati. 2. Il consiglio dell’ordine competente è quello del luogo in cui ha sede il magistrato davanti al quale pende il processo, ovvero, se il processo non pende, quello del luogo in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito. Se procede la Corte di cassazione, il Consiglio di Stato, ovvero le sezioni riunite o le sezioni giurisdizionali centrali presso la Corte dei conti, il consiglio dell’ordine competente è quello del luogo ove ha sede il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato”.

Lo stesso D.P.R., art. 126, comma 3, soggiunge che: “Se il consiglio dell’ordine respinge o dichiara inammissibile l’istanza, questa può essere proposta al magistrato competente per il giudizio, che decide con decreto”.

Dal combinato disposto delle due norme deriva che, ove l’interessato intenda proporre ricorso per cassazione, ed il consiglio dell’ordine competente, ossia quello del luogo ove ha sede non già la Corte di cassazione, bensì il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato, non abbia accolto l’istanza, essa va riproposta per l’appunto al magistrato che, ivi, ha emesso il provvedimento impugnato.

Si desume difatti con tutta evidenza dal sistema che la Corte di cassazione non provvede mai sull’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il che reso è palese dalla previsione dettata in materia di processo penale dal medesimo D.P.R. n. 115 del 2002, art. 93, comma 1, il quale stabilisce che: “l’istanza è presentata esclusivamente dall’interessato o dal difensore, ovvero inviata, a mezzo raccomandata, all’ufficio del magistrato innanzi al quale pende il processo. Se procede la Corte di cassazione, l’istanza è presentata all’ufficio del magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato”, previsione non espressamente ribadita con riguardo al processo civile non già perchè, in tal caso, l’istanza possa essere proposta alla Corte di cassazione, bensì perchè, in detta ipotesi, essa non è proposta affatto, di regola, al giudice, ma al Competente consiglio dell’ordine.

Lo stesso congegno, ossia la devoluzione della decisione sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato al solo giudice di merito, e mai alla Corte di cassazione, del resto, è alla base della previsione dettata dal citato D.P.R., art. 80, comma 2, art. 96, comma 1, art. 112, comma 3, art. 208, comma 1.

D’altronde, la previsione normative è sostenuta da una evidente ratio, giacchè, come è già stato osservato, nel sistema del D.P.R. n. 115 del 2002, la valutazione e la decisione sull’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato coinvolge valutazioni di merito che sono incompatibili con le funzioni di legittimità di questa Corte, come reso evidente anche dalla mancata inclusione, nel D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, del presidente della Cassazione tra i presidenti chiamati a decidere sull’opposizione ex art. 170 del testo unico sulle spese di giustizia (Cass. 5 maggio 2015, n. 8912).

7. Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e dichiara inammissibile l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, dando atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2020

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